sens of humor: …
”Beati gli occhi che vedon l’arte in ogni cosa”.
La Chiesa cattolica negli anni precedenti la Controriforma permise ai pittori l’inserimento di frammenti di vita quotidiana nell’ambito delle opere sacre, elementi che successivamente furono eliminati perché non pertinenti al tema, che doveva essere elaborato con la minor fantasia possibile, in aderenza con le verità esplicitata dalle narrazioni bibliche.
Tiziano Vecellio, Adorazione dei Magi, olio su tela, 1560 circa, Pinacoteca Ambrosiana, Milano.
La breve tettoia poggiata su due pali divide in due la scena.
Con procedere lento, che ha inizio dal fondo a destra, alcune figure a cavallo si avvicinano alla scena principale, spostata sulla sinistra in primo piano e ambientata sotto un’umile capanna diroccata. Qui, sopra un tavolato di legno, si vede la Vergine assisa: il lungo velo le copre il capo e giunge fino al ginocchio sinistro; ha indosso la tunica rossa e il mantello blu; regge con le mani il nudo Figlio per sottolinearne l’umanità. Dietro di lei c’è Giuseppe, assorto, poggiato su un bastone.
Interessante è la stesura cromatica del cielo. Fra i guizzi di luce rosata, una cometa indica al corteo la strada per giungere all’adorazione del Messia.
Cavalli e cavalieri sono agghindati con particolare attenzione al gusto esotico, come il cavaliere sull’estrema destra, sul cavallo bianco, ritratto di spalle, ha il turbante e il vestito bianchi.
Al centro della scena un cavallo bianco china il capo, quasi a voler imitare il gesto di devozione del suo padrone nei confronti del redentore.
Sulla sinistra, invece, ci sono i Magi nell’atto di adorazione e di offerta dei doni: oro, incenso e mirra.
Da notare anche qui il gusto per l’esotico, come il copricapo di piume rosse del Magio con la giubba verde.
Il dettaglio che più attira l’attenzione dei visitatori è il bianco cagnolino, raffigurato mentre fa la pipì su uno dei due pali che sorreggono la tettoia d’ingresso nella capanna.
In un’epoca non precisata l’animale venne coperto con uno strato di colore perché ritenuto scandaloso e irriverente.
Nel “De pictura sacra” il cardinale Federico Borromeo, definì l’ispiratore di tale rimozione “austero e fanatico” e riporta le parole di Tiziano stesso, secondo il quale “non faceva meraviglia che gente ignorante di ogni arte avesse potuto commettere un simile sfregio”.
In occasione dell’ultimo intervento restaurativo è stato riportata alla luce la figura del cane, per evidenziare l’interesse naturalistico del geniale pittore veneto.
In questo dettaglio si vede meglio il piccolo cane con la zampetta alzata nell’atto della minzione.
Destinatari di questo dipinto: Enrico II di Valois, re di Francia dal 1547 al 1559, e la sua amante, Diana di Poitiers (1500 – 1566), nota per la sua bellezza. Ad attestarlo è la bella cornice: ai quattro angoli ci sono scolpiti nel legno la H di Henri intrecciata con la D di Diane.
Enrico II aveva vent’anni meno di Diana, la quale ebbe molta influenza sul re.
Il dipinto venne commissionato dall’ambasciatore alla corte di Francia, il cardinale Ippolito II d’Este, figlio del duca Alfonso I d’Este e di Lucrezia Borgia, nipote dell’omonimo cardinale Ippolito d’Este.
Causa la morte del destinatario nel 1559, il quadro non venne spedito in Francia e acquistato dal cardinale Carlo Borromeo, noto come San Carlo, 1538 - 1584. Egli fu uno dei riformatori della Chiesa cattolica dopo la Controriforma.
Il cardinale donò il quadro all’Ospedale Maggiore di Milano, la “Ca’ granda”, attuale sede dell’Università Statale di Milano.
Infine la tela venne riacquistata dal cugino di San Carlo, il cardinale Federico Borromeo, fondatore della Pinacoteca Ambrosiana, nel 1588.
A complicare la ricostruzione storica dell’opera è la presenza di altre tre versioni simili, firmate da Tiziano, distribuite fra l’Escorial, il Museo del Prado e il Museum of Art di Cleveland. La critica ha individuato nella redazione milanese una replica del dipinto dell’Escorial, sulla base di riscontri documentari confermati anche dalle indagini riflettografiche.