Oscar Wilde ne “
Il ritratto di Dorian Gray” fa dire a questo dal
Lord Henry Wotton che “
Solo la gente mediocre non giudica dalle apparenze”.E’ un modo per dirci che le apparenze contano. E’ la prima cosa che sappiamo degli altri ed è la prima cosa che sembriamo agli altri.
Il problema nasce quando un individuo si fa “impadronire dal “
complesso di Erostrato”, desunto dal trattato enciclopedico in 17 libri titolato “
De natura animalium ” (Sulla natura degli animali), scritto
Claudius Aelianus (170 circa - 235 d. C.): in questo trattato ci sono anche racconti leggendari, come quello riguardante il pastore
Erostrato di Efeso: il 21 luglio del 356 a. C., nella sua città incendiò il tempio dedicato alla dea Artemide per avere notorietà, ma poi fu catturato, condannato a morte e alla damnatio memoriae.
Il “complesso di Erostrato”, dal nome di quel pastore efesino, si manifesta col bisogno di essere famoso, con la necessità di avere l’approvazione sociale, di distinguersi, di essere sempre al centro dell'attenzione, ma invece di sviluppare le proprie qualità e abilità si costruisce una falsa personalità, e diventa prigioniero dell’apparenza.
Un pesciolino vuol far credere di essere una balena
Le persone che danno priorità alle apparenze hanno bisogno di far credere agli altri che hanno successo e sono importanti. Ostentano i loro beni materiali e spesso si vantano anche delle loro relazioni sentimentali, perché per loro rappresentano una ulteriore conquista. Non hanno mai problemi, la loro vita è semplicemente perfetta. Infatti, a volte arrivano a credere così tanto al personaggio che costruiscono su sé stessi che rifiutano di credere che la vita si sta sgretolando attorno a loro come il fragile castello di carte.
Da dove viene il desiderio di fingere di essere ciò che non siamo?
Alla base della finzione c’è il bisogno di essere accettati e amati, oltre a sentire che siamo importanti.
Secondo il medico e psicoanalista viennese
Alfred Adler (1870 – 1937), allievo di Freud, il complesso di inferiorità può essere di tipo primario o secondario.
Il
complesso di inferiorità primario ha origine nel periodo infantile, quando il bambino sperimenta la sua impotenza e dipendenza. Durante l’adolescenza questi sentimenti possono essere rafforzati dai giudizi negativi su di lui.
Il
complesso di inferiorità secondario si sviluppa nella fase adulta, ma l’origine deriva dall’infanzia o durante l’adolescenza. Tale disagio psicologico è legato alla sensazione, spesso inconscia, di non essere in grado di raggiungere il successo. La persona ha bassa autostima.
Adler considerò il “sentimento di inferiorità” la spinta propulsiva dell’individuo a raggiungere livelli di superiorità nel suo ambito. Se tale aspirazione innata rimane frustrata, può degenerare in nevrosi e indurre l’individuo a compiere atti anti-sociali per dimostrare di aver raggiunto comunque la superiorità, anche se confondendola col potere e con la prevaricazione.
Il discorso può essere ampliato a chi compie atti di bullismo .
Il desiderio di evidenziare determinate caratteristiche o proprietà socialmente attraenti o positive nasconde la propria insicurezza: lindividuo pensa di non essere intelligente, né attraente, né socialmente sufficiente per attirare l’attenzione per ciò che è, ha bisogno di esagerare o persino inventare delle cose per ottenere l’approvazione sociale. L’insicurezza gli fa recitare il ruolo della persona sicura.
La
compensazione, il meccanismo psicologico proposto da Adler in relazione ai sentimenti di inferiorità, è una strategia attraverso la quale si copre in modo conscio o inconscio le frustrazioni, i desideri.
Nella fase adulta, questa risposta adattiva può diventare un modello nevrotico. La persona che vive delle apparenze dipende quasi interamente dalle opinioni altrui, così costruisce un’immagine fittizia con la quale ottenere l’accettazione di cui ha bisogno.
Il problema è che spesso finisce per identificarsi con quell’immagine. La ricerca dell’approvazione altrui nasconde la paura di essere rifiutati, di perdere l’affetto. Queste persone pensano che se si mostrano come sono, se sono autentiche, gli altri non le accettano. Ciò significa che non accettano alcune delle loro caratteristiche, ma invece di intraprendere un lavoro interiore per cambiarle, decidono di nasconderle. Pertanto, ogni finzione è il riflesso di una mancanza, un obiettivo frustrato e/o un rifiuto interiore.