STORIA DI BERNARDO E DEL SUO AMICO CELESTE
Il vecchio banco Bernardo, impolverato e ormai inservibile,si sentì scaraventato in malo modo in un angolo del cortile della scuola, dove giacevano ammucchiati altri banchi rotti, lavagne spaccate, cattedre traballanti.
I due bidelli, che l'avevano depositato lì, si pulirono le mani strofinandosele sui camici azzurri e, imprecando , si allontanarono perchè, a fine giugno con il caldo, trasportare un bel peso, dall'aula al cortile, non era stato uno scherzo.
L'anno scolastico si era concluso e si revisionavano le aule per eliminare le suppellettili ormai inservibili.
E Bernardo, infatti, non serviva più: dopo anni e anni di onorato servizio,era diventato vecchio e inutile.
Non era un tavolino monoposto moderno con le gambe in metallo e il ripiano di formica verde.
Era un sopravvissuto, uno di quei vecchi banchi di pesante legno a due posti, verniciato di nero e con i ripani ribaltabili, sui quali c'erano ancora i fori per i calamai ed anzi, in uno di essi, c'era ancora saldamente incastrata una boccetta di vetro in cui, nel corso degli anni, si erano depositati polvere e terriccio.
Dunque, il nostro amico cercò di aggiustarsi alla meglio e si sforzò di trovare una posizione più comoda perchè sapeva che il suo soggiorno in quel luogo sarebbe durato a lungo, ma, nonostante tutto, era contento perchè, nel calamaio superstite, il vento aveva depositato un semino e, di lì a poco, sarebbe spuntato un fiorellino...perchè la natura è più forte di tutto ed esplode prepotentemente, ed esige di vivere anche nei luoghi più improbabili.
Bernardo, trepidante come un papà in attesa davanti alla sala parto, aveva salutato con gioia la nascita del tenero fiorellino azzurro, che subito aveva chiamato Celeste, e ne spiava, con ansia, la rapida crescita.
Nacque, tra loro, un tenero rapporto di amicizia.
Il vecchio banco si sforzava di proteggere il giovane amico dal vento e dal calore eccessivi, sollevando ad arte il ripiano, su cui tanti bambini avevano poggiato i libri e i quaderni.
E Celeste, che non conosceva nè erba nè campi fioriti nè alberi, ma solo quell'arido angolo di cortile, era comunque felice, perchè si sentiva amato e adorava ascoltare le interminabili e affascinanti storie che gli raccontava Bernardo, storie vere o forse favole, ma , in ogni caso, meravigliose.
L'amico banco gli narrava delle aule in cui era stato, quasi sempre addossato alla parete posteriore, sino a sfiorare i cartelloni su cui erano ben visibili le misure di lunghezza, capacità e peso.
Aveva condiviso successi e dolori dei piccoli alunni, che sapeva accogliere amorosamente fra le sue dure, ma solide braccia.
-Ecco, vedi-diceva mostrando dei numeri incisi sul ripiano di sinistra- qui un bambino scrisse la tabellina dell'otto, che proprio non riusciva a memorizzare e sperava così di ingannare il maestro, se lo avesse interrogato.
- Qui, invece, sulla spalliera di destra, c'è ancora un cuore che racchiude un nome: Giulia.
Già, perchè il piccolo Roberto si era teneramente innamorato di Giulia, una dolce ed esile bambina dai lunghi capelli scuri che, quando si emozionava, balbettava penosamente e arrossiva, ma con lui non accadeva, anzi sarebbe stata capace anche di snocciolare persino uno scioglilingua.
Un giorno, Giulia non si presentò più a scuola: i suoi genitori si erano separati e lei aveva dovuto seguire la madre, che si trasferiva in un'altra città.
Non le avevano nemmeno concesso di salutare Roberto ,che versò cocenti lacrime di dolore per l'amica perduta.
E mostrava al fiore i profondi segni sul ripiano inferiore, su cui innumerevoli piedini avevano strisciato nervosamente lasciando solchi profondi.
E poi c'era quella bellissima incisione : un cane in procinto di balzare in avanti, era così perfetto che l'animale sembrava animarsi di vita propria con quei muscoli tesi ,così ben disegnati.
Il piccolo Nicola era stato, molti anni prima, l'autore di quel piccolo capolavoro,.
Era uno strano bambino silenzioso e solitario che non riusiva ad imparare nè a leggere nè a scrivere, ma, piccolo genio della matita, esprimeva il suo mondo interiore disegnando mirabili capolavori, davanti ai quali tutti rimanevano a bocca aperta, insegnante compresa.
I banchi moderni avevano il ripiano fisso e tutti avrebbero voluto sedersi su Bernardo che possedeva quelli ribaltabili, che, sapientemente sollevati, offrivano un discreto riparo a chi, preso da compassione per il compagno interrogato e totalmente impreparato, cercava di suggerire qualcosa al malcapitato.
Oppure celavano il passaggio di bigliettini con la risoluzione del problema, quando l'insegnante si distraeva per un attimo.
O quando un inesorabile appetito stringeva lo stomaco di qualche affamato studente, Bernardo lo aiutava a nascondersi mentre, mostrando di cercare un quaderno, addentava, famelico, la merenda portata da casa, sotto gli occhi della maestra che fingeva di distrasi.
E il fiorellino rideva di gusto nel sentire i racconti di Bernardo, ma la sera, prima di addormentarsi, voleva ascoltare le storie del Cielo.
E il banco gli spiegava che il caldo, allegro e passionale Sole e la fredda, ombrosa e austera Luna, erano davvero una coppia male assortita e litigiosa, così avevano deciso di separarsi e , per questo, occupavano a turno il cielo, per non incontrarsi.
Il Sole dimorava durante il giorno illuminandolo e la Luna,sempre di cattivo umore, governava di notte oscurando ogni cosa.
Passò l'estate e venne l'autunno e Celeste cominciò ad accusare i primi sintomi della sua fine: con il sopraggiugere del vento e del freddo cominciò a perdere i petali e ad appassire.
A nulla valsero i tentativi dell'amico che cercò, in tutti modi, di proteggerlo dalle intemperie.
Una mattina, alle prime luci dell'alba, Celeste reclinò il capo, perse gli ultimi petali e piegò lo stelo... per sempre.
Quell'autunno fu foriero di piogge abbondanti a cui il vecchio banco non tentò nemmeno di sottrarsi, perchè non gli importava più di niente, senza Celeste non valeva più la pena di vivere!
L'umidità lo ferì profondamente facendogli dolere ogni cellula, la vernice venne via quasi tutta e le viti e i chiodi si arrugginirono impedendogli ogni movimento.
Viveva in uno stato quasi comatoso...in lontananza sentiva le voci dei bambini che gli giungevano ovattate, attutite... e ondate di nostalgia lo colpivano dolorosamente perchè ciò che è stato non torna più.
Ma la primavera tornò e anche l'estate, ma lui era sempre sprofondato in una tristezza senza, nonostante il sole avesse asciugato tutta l'umidità che era penetrata nelle sue fibre.
Un giorno, lo portarono al centro del cortile e cominciarono a spaccarlo in tanti pezzi con un'accetta tagliente.
Ad ogni colpo, Bernardo riviveva un pezzo della sua lunga vita, rivedeva un volto, udiva le risate squillanti dei bambini e la voce severa degli insegnanti.
Lo ammucchiarono in un cesto, lo caricarono su un furgoncino e lo portarono in una pizzeria, dove, di lì a poco, fu messo nel forno profumato di mozzarella e pomodoro.
Subito sentì un grande calore, insopportabile e sinuose lingue di fuoco lo circondarono, mordendolo ferocemente, all'improvviso.
Poi non sentì più nulla e si afflosciò in un mucchietto di cenere incandescente...ma le pizze erano state cotte a puntino, croccanti e saporite al punto giusto.
Claudia
Le mie due parole sono: poesia e musica