François de La Rochefoucauld: ”
Quel che ci rende insopportabile la vanità degli altri è il fatto che offende la nostra”.
Léon Bazile Perrault: “Vanitas”, 1886
Capita di ironizzare sulla vanità altrui tenendo aperta la raggiera del proprio pavoneggiarsi, per esempio dicendosi: “Io, sì, che avrei ragione di vantarmi per quello che faccio”.
La vanagloria è il sontuoso abbigliamento della persona vanitosa.
Peggio quando la vanità diventa superbia, presunzione sprezzante, millanteria arrogante.
Vanità: in lingua ebraica “
habel”.
“Habel habalim ‘amar qohelet, habel habalim, hakkol habel": "Vanità delle vanità, dice Qohelt, vanità delle vanità, tutto è vanità" (Qohelet 1, 2; 12, 8 ).
Tipici simboli della Vanitas sono il teschio come “memento mori”, la clessidra e la candela che si consuma e simboleggia il trascorrere del tempo.
Nella composizione simbolica possono inoltre comparire i simboli del potere (tiara e corona), del sapere (libri, strumenti scientifici), dei piaceri effimeri (fiori appassiti, frutti maturi), della vacuità (bolle di sapone, farfalle).