Ogni volta che tornavo da un viaggio dovevo sempre metterti al corrente di ciò che avevo vissuto. Mi illudevo quasi che le parole dette a voce bassa o nella lontananza di un messaggio potessero trasmetterti la stanchezza che mi trascinavo addosso, e il caldo del treno rimasto sui capelli. Quella beatitudine placida di accasciarmi sulla poltrona delle carrozze dismesse si consumava nelle sillabe di un messaggio qualunque. E magari ti cercavo anche, seduto in quella stazione che vedevamo passando di sfuggita. Ti immaginavo lì, solo, perso nella tua musica con quel mondo in mano e una vita nello zaino sfatto. Poi ti vedevo alzarti di scatto, correre verso quel binario buio e senza umanità e salire su quel treno che ti restituiva la libertà di cui io ti privavo. Ma non ti trovavo mai. Così lasciavo scorrere le mie dita su quei tasti fastidiosi e minuti del vecchio cellulare, vinta un legame morboso e necessario che non riuscivo a disfare. E nella stanchezza che nel viaggio conservavo, ti regalavo qualche pensiero distratto, tra le risate che non parlavano né di te né di quel noi insolito che avevamo sventatamente creato. Poi mi abbandonavo ad un silenzio stanco che mi restituiva forza e fiducia. Appena le mie mani sporche sfioravano le lenzuola gelide del letto, dovevo sentire la tua voce, come un onere incombente, anche solo attraverso la schermata di un telefono, anche solo per renderti partecipe della mia nuova emancipazione. Bastava un messaggio, banali lettere stampate frutto di un bisogno spasmodico e mordace di qualcuno che condividesse le mie emozioni e che mi volesse bene, almeno un po’. Oggi non ho più cercato né le tue parole, né la tua voce, che un tempo si allontanava da me attimo dopo attimo, tra la sabbia di Rimini e le torri bolognesi. Eppure posso averti incrociato in quella stazione dove non mi sarei mai aspettata di trovarti. Renderti conto adesso di ciò che oggi abbia fatto, o visto, o detto sarebbe alquanto inutile. Renderti conto adesso di quanto io non riesca ancora a fare a meno di qual legame simbiotico, appiccicoso e folle che mi ero costruita addosso a te, sarebbe gesto insano ed indesiderato. Oggi strappo il biglietto del treno e scendo dal vagone con una consapevolezza nuova: quella di chi cambia con il vento e si costringe a fare a meno di chi abbia sempre fatto a meno di lei.