Ciao Doxa,
Innanzitutto piacere di incontrarti nuovamente.
Tu hai pubblicato questo post e io l’ho letto con molto interesse. Tu sai che io sono siciliano e di conseguenza mi sento obbligato a intervenire per “dovere di cittadinanza”.
Cominci il tuo scritto con il contestare l’affermazione che gruppi neoborbonici fanno affermando che il Regno delle due Sicilie era un paradiso che con l’annessione al Regno d’Italia è andato perduto.
Io, immediatamente, mi dichiaro d’accordo con te: il Regno delle due Sicilie a quel tempo non era un paradiso, come non lo era lo Stato Pontificio, non lo era il Granducato di Toscana, e non lo era neppure il Regno di Sardegna, cioè quello di Casa Savoia. In una situazione leggermente migliore si trovava il Lombardo Veneto, sotto la monarchia Asburgica prima e l’Impero Austro Ungarico, dopo.
È vero però che nel Regno delle due Sicilie esistevano sia la prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici, e sia le acciaierie di Ferdinandea, in Calabria, oltre a notevoli riserve auree presso il Banco di Napoli, cosa che faceva grande gola al Conte di Cavour, indiscutibilmente statista di grande intelligenza e di notevole spessore.
Che poi, da una parte (quella dei vincitori) si tenti di enfatizzare l’impresa di Garibaldi e che dall’altra (quella dei vinti) si tenti di screditarla, fa parte della natura umana.
Come vedi, caro Doxa, convengo con te che il Regno delle due Sicilie non era un paradiso.
Poi, tu ti chiedi quante siano state le vittime delle battaglie di Garibaldi.
Qui è necessari fare una distinzione tra le vittime in battaglia contro le truppe borboniche e le vittime civili dovute a repressione da parte dei garibaldini (che forse in alcuni casi furono stragi di persone inermi).
Se la mia memoria scolastica funziona ancora (è a quell’epoca che risalgono le mie memorie) poche sono state le battaglie combattute da Garibaldi contro le truppe borboniche: quella di Calatafimi, quella di Milazzo, una terza in Calabria, e quella del Volturno. Tutte fatte sotto la protezione della flotta inglese che ne seguiva passo passo l’avanzata.
Il conte di Cavour, come ho già detto fu un grande statista, prima di intraprendere l’avventura di Garibaldi si era prudentemente assicurato il compiacente appoggio dell’Inghilterra, la quale fu felice di darlo in quanto le permetteva sia di proteggere i suoi interessi (Cantine Florio che fornivano il Marsala, vino molto apprezzato dagli inglesi, e la tenuta della Ducea di Nelson, a Bronte), ma principalmente perché la riuscita dell’impresa avrebbe consentito di dare un ulteriore scacco alla Francia, nemica da sempre, eliminando la Monarchia Borbonica.
Quindi furono poche le battaglie combattute e la storia ci dice che le truppe borboniche non brillarono assolutamente nei combattimenti, anzi spesso se la diedero a gambe levate. Quindi è da ritenere che furono poche le vittime e non superarono il migliaio.
Tu precisi che le vittime furono alcune migliaia e io pur non avendo dati certi, concordo con te, ma mi preme precisare che queste poche migliaia furono quasi esclusivamente vittime civili, dovute alle repressioni del generale Nino Bixio.
La più cruenta fu quella di Bronte e Adrano (all’epoca chiamato Adernò), ma ce ne saranno state diverse altre (sto scrivendo a braccio in base ai miei ricordi ormai obsoleti). Pertanto sono questi morti civili, diverse migliaia, che il popolo ricorda con tristezza, se non addirittura con rancore.
Tu fai riferimento all’economia del sud. Depressa era prima della avventura garibaldine e depressa è rimasta con il Regno d’Italia, mentre nel frattempo in Piemonte si sviluppò la Seconda Rivoluzione Industriale.
Altro argomento che tocchi è il brigantaggio presente nel Regno delle due Sicilie.
È vero nel Regno delle due Sicilie esisteva il brigantaggio, ma questo fenomeno esisteva anche nello Stato Pontificio (Abruzzo, Marche, Romagna e perfino nello stesso Lazio). Ma il fenomeno continuò anche durante il Regno d’Italia fino agli anni 20 del ‘900.
Fu il fascismo che lo debellò. Attenzione, con questa mia affermazione non intendo assolutamente fare una apologia del fascismo, voglio solo riferire la realtà dei fatti e pertanto non aggiungo alcun commento.
Terzo argomento che l’unità d’Italia non riuscì a risolvere nel sud fu la miseria e la sua conseguenza diretta, cioè l’emigrazione che continuò, anzi aumentò fino agli anni 20.
Ricordiamoci della struggente canzone napoletana:
“Partono i bastimenti
per terre assai lontane …
Tiro le conclusioni del mio pensiero.
L’unità d’Italia è stata un bene o un male per il sud?
Se rispondo con la ragione, la risposta è che è stata un bene.
Se per assurdo il sud esistesse ancora separato dall’Italia, sarebbe una situazione anti storica, anti culturale, anti sociale, anti politica.
Se, invece dovessi rispondere con il cuore devo dire che sono profondamente deluso dei risultati che ne sono derivati (anzi non sono derivati). Molti meridionali la ritengono un fallimento.
Se dovessi interrogarmi sui motivi di questa delusione o fallimento che sia, l’analisi sarebbe troppo lunga e esulerebbe dal presente discorso.
Pertanto chiudo questo mio intervento.
Ciao, Doxa, sono molto lieto dell’occasione che mi hai dato di poter dialogare ancora con te.
Un caro saluto
Victor