Autore Topic: UNA RAGAZZA “LIBERA”. (Si consiglia la lettura ad un pubblico adulto). 11.  (Letto 773 volte)

victor

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Sedici anni. Il viaggio con mio padre.

All’inizio dell’anno ricordai a papà la promessa di preparare i documenti per andare con lui la prossima estate. Per prima cosa mi mandò in agenzia per fare il passaporto. Poi alla stessa agenzia fu dato l’incarico di fare le pratiche per il visto di ingresso.

Nel frattempo lui aveva fatto alla sua azienda la richiesta di potermi portare con sé sul luogo di lavoro. Mi comunicò che il permesso in via eccezionale gli era stato accordato. Aggiunse che stava facendo ampliare il suo appartamento.

Mi fece comprare due tute gialle e un casco della misura della mia testa. Mi raccomandò di non guardare a spese per il casco. Doveva essere comodo e ben imbottito internamente perché dovevo indossarlo sempre quando stavo sulla trivella. Inoltre mi dovevo comprare due paia di scarponi comodi, delle calze di lana e dei vestiti adatti per vivere nel deserto.

Oltre a frequentare la scuola ci preparavamo per le olimpiadi. Il professore ci seguiva ed ogni tanto in classe ci faceva fare alla lavagna gli esercizi più difficili.

Ci presentammo alla Gara del nostro Distretto e con soddisfazione sia nostra, che degli insegnanti come pure delle nostre famiglie superammo gli esami, con grande entusiasmo della classe. Festeggiammo tutti insieme ad un pranzo offerto al ristorante da mio padre. Purtroppo non ottenemmo lo stesso risultato per entrare nelle finali, ma ce lo aspettavamo. Era ancora troppo presto. Avremmo riprovato l’anno successivo.

La fine dell’anno sembrava non dovesse arrivare mai, tanto era il mio desiderio di partire con mio padre. Ero certa che sarebbe stata una bella avventura e avrei realizzato il mio sogno.

Finalmente un sabato mattina partimmo. Dopo circa quattro ore di volo l’aereo atterrò. All’aeroporto sbrigammo le formalità di ingresso e ritornammo sulla pista dove c’era un elicottero ad attenderci. Prima di salire dovemmo indossare il casco con il microfono incorporato e partimmo. Un’altra ora di viaggio.

Prima sorvolammo la città. Mi resi conto che era parecchio grande. Dopo cominciò la zona non coltivata. Il terreno non era piano. Colline rocciose si alternavano con zone pianeggianti o con vallate. Ad un tratto notai una trivella, ma era lateralmente e l’elicottero proseguì dritto. Rivolta verso mio padre chiesi che ora fosse. “Le 15 e trenta, signorina” rispose una voce. Doveva essere stato uno dei piloti.

Guardai il sole, era alla mia sinistra, era pomeriggio “Stiamo andando verso Nord?” chiesi. “Esatto, signorina” rispose la stessa voce. Mi sembrò strano sentirmi chiamare “signorina”. Fin a quel momento tutti mi avevano dato del “tu”.

Guardavo con interesse dal finestrino. Il panorama era sempre lo stesso ma mi affascinava. Notai una seconda trivella e dopo un po’ una terza. Poco dopo la voce disse ancora “Siamo sopra l’Isola, signorina, fra cinque minuti arriviamo”. Guardai in giù e vidi delle case e terreno brullo tutt’intorno. Subito la voce aggiunse “Scusi signorina, non mi sono spiegato bene, l’Isola è il centro commerciale vicino a noi”.

Ad un tratto il rumore dei motori cambiò tono ed ebbi la sensazione che l’elicottero rallentasse la sua corsa. Vidi che si abbassava e davanti a noi comparve la cima di una torre di ferro. Capii che eravamo arrivati. L’elicottero rimase fermo sospeso nell’aria. Fu una sensazione strana. L’elicottero si girò. Non vedevo più la trivella, ma una casa bassa e diverse persone a distanza.

Poi i motori tacquero e l’elica rallentava i suoi giri. Si potevano distinguere nettamente le sue pale che giravano. Uno dei piloti scese e aprì la porta dal lato di papà che scese, poi porse la mano a me per aiutarmi a scendere. “Benvenuta alla trivella numero 29, signorina” disse mentre scendevo.

Mentre ci allontanavamo dall’elicottero un uomo uscì dal gruppo che ci attendeva. Era alto, robusto, un bell’uomo, abbronzato dal sole, doveva avere circa quaranta anni, anche lui indossava la tuta gialla e il casco.

- Bentornato Ingegnere - disse porgendo la mano a mio padre.

- Bentrovato, Giacomo, tutto a posto? - rispose mio padre.

- Sissignore.

- Ti presento mia figlia. – poi rivolto a me – Giacomo qui è il capocantiere, cioè il mio braccio destro.

- Onorato, signorina. Benvenuta in questo inferno! Cercheremo di rendere il suo soggiorno meno duro possibile.

Nel frattempo il pilota che mi aveva aiutato e scendere dall’elicottero si era toto il casco e si avvicinò. Era un giovane sui trent’anni.

- Ti presento l’ingegnere X, - disse mio padre – una persona eccezionale, peccato che fra non molto lo trasferiranno.

- Non era lui che ha pilotato l’elicottero? – chiesi io.

- No, signorina, io ho fatto solo il secondo pilota.

- Sì – disse mio padre – lui è ingegnere minerario, e fra le tante cose che fa, è anche pilota di elicotteri. Mi dispiace proprio perderlo. Ma sono contento per lui che sarà promosso a ingegnere dirigente.

Nel frattempo alcuni operai si erano avvicinati e salutavano calorosamente mio padre che ricambiava i saluti e mi presentava. Mi resi conto che ero già l’oggetto della curiosità di tutti.

Entrammo nella casa. Dopo l’ingresso c’era un salone con tanti tavoli. Poi seppi che era la sala comune e che faceva anche da sala da pranzo. Da lì entrammo in un corridoio, molto largo. Mio padre aprì la seconda porta sulla sinistra ed entrammo in un soggiorno molto spazioso. Due persone che trasportavano i nostri bagagli li depositarono su un lato della stanza e andarono via.

- Questo è il nostro appartamento – disse mio padre – questo è il soggiorno, lì di fronte c’è la zona cucina, qui a sinistra c’è il mio ufficio e la porta precedente è la sala d’attesa. Ha il suo ingresso dal corridoio. Questa è la tua camera da letto – disse mostrandomela – questa è la mia camera e qui c’è il bagno.

- Lo utilizzo subito – dissi io. Quando uscii mio padre disse:

- Per l’orario di cena ci sono ancora tre ore. Voglio mettermi a letto e riposare.

- Anche io mi voglio riposare. Mi posso mettere a letto con te?

- Ti vuoi riposare assieme a me? Fai come vuoi. Io vado un attimo in bagno.

Andai nella sua camera, mi spogliai restando solo con le mutandine e mi infilai sotto le lenzuola. Lui arrivò si tolse la giacca, la camicia, le scarpe e i pantaloni restando con la maglietta e le mutande e mentre si metteva sotto le lenzuola mi vide e disse.

- Sei nuda!

- Sì – risposi e lo abbracciai. Poi cercai la sua bocca e lo baciai, anzi ci baciammo …

Quando finimmo di fare l’amore poggiò la testa sulla mia spalla vicino al collo e disse sottovoce “Era da tanto che lo desideravo …” Lo abbracciai forte forte.

La prima cosa che scoprii fu che il tempo era scandito da una sirena. Tre suoni brevi indicavano che fra un’ora c’era il cambio del turno. Questo veniva annunciato con un fischio lungo. Altri fischi annunciavano il pranzo o la cena.

Ci vestimmo per andare a cena. Nella sala comune, vicino al banco del bar c’era il capocantiere. Mio padre lo invitò a sedersi al nostro tavolo. Si fece fare il resoconto di tutto ciò che era accaduto durante la sua assenza. Io ascoltavo in silenzio, anche se capivo soltanto una parte di ciò che dicevano, comunque cercavo di non perdere neanche una parola.

Ad un certo punto entrò nella sala l’ingegnere pilota. Mio padre gli fece segnale di avvicinarsi e fece sedere anche lui con noi. Era molto interessato a ciò che discutevano mio padre e il capocantiere e di tanto in tanto aggiungeva qualche commento. Io ascoltavo in silenzio, anche se con la coda dell’occhio cercavo di osservarlo.

Più tardi, mentre a letto facevamo nuovamente l’amore, mio padre rimarcò la bravura e le capacità di entrambi.

Il duro impegno per l'acquisizione delle competenze, la passione e le doti personali creano eccellenza ... e distinguono il professionista dal lavoratore ... Victor

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La trivella.

La mattina seguente indossai la tuta e il casco di protezione e seguii mio padre quando, uscito dall’appartamento, si recò sulla piattaforma della trivella. Stavo accanto a lui, guardavo tutto quello che lui guardava, ascoltavo in silenzio tutto quello che il capo cantiere o gli operai gli dicevano e quello che lui rispondeva.

E questo facevo tutti i giorni, mi fermavo sulla piattaforma ad osservare tutto, restavo alla trivella anche quando mio padre si recava nel suo ufficio a lavorare.

Sulla piattaforma c’era quasi sempre anche il giovane ingegnere che mi lanciava occhiate in continuazione. Mio padre se ne accorse e una sera, mentre facevamo sesso, mi disse che oltre ad essere un bell’uomo era molto bravo e intelligente, e aggiunse che avevo fatto colpo su di lui.

Ma io sapevo che non avevo fatto colpo soltanto con lui. Tutti gli operai avevano particolari attenzioni verso di me, ma ce ne erano tre o quattro nei cui occhi, quando mi guardavano, io leggevo chiaramente il desiderio sessuale che provavano nei miei riguardi.

Mio padre non si fermava a lungo sulla piattaforma e quando lui era là io stavo attaccata a lui. Quando andava via osservavo con grande interesse il lavoro degli operai. Quando c’era qualcosa o qualche operazione che non capivo me la segnavo a mente e poi me la facevo spiegare da mio padre. Volevo sapere tutto, volevo capire tutto. Questa esperienza che stavo vivendo era molto interessante e mi affascinava.

Il capocantiere talvolta saliva sulla torre, fino in cima ed ero curiosa di salire fin lassù. Un giorno che lo vidi dirigersi verso la torre gli chiesi se potevo salire con lui. Fu gentile e acconsentì. Mi fece passare avanti e mentre salivamo i gradini dentro la gabbia di protezione mi chiese:

- Signorina, per caso le gira la testa?

- No – risposi – quassù è bellissimo.

Mi spiegò tutto quello che c’era lassù (il paranco, il tubo della trivella che girava, le apparecchiature di contenimento e di alimentazione del solvente per disgregare il terreno). Poi, prima di scendere, si complimentò con me per il mio interesse a quel lavoro per “uomini duri”. Così lo definì.

Mentre continuavo ad osservare riflettevo sul fatto che lui aveva definito quel lavoro adatto a uomini duri. Pensavo che a me quel lavoro piaceva anche se ero una donna. Io lo guardavo e lo vedevo robusto e muscoloso, e contemporaneamente lavoratore infaticabile e silenzioso e provavo ammirazione nei suoi confronti comprendendo il motivo per cui mio padre aveva tanta stima e fiducia nei suoi confronti. La sera lo dissi a mio padre e mi confermò che era una persona assolutamente onesta e scrupolosa.

Ogni tanto, quando ero molto accaldata mi recavo al bar nella sala comune. Quasi sempre il giovane ingegnere mi seguiva e velocemente arrivava al bar prima di me per essere lui ad offrire quello che io volevo. Quando non c’era nessuno mi faceva dei compimenti “Sei bellissima … sei una ragazza meravigliosa … hai dei bei capelli … hai degli occhi bellissimi …”. Eravamo passati al “tu” cameratesco, ma solo con lui. Tutti gli altri mi chiamavano “signorina”

Io cercavo di schivare i suoi complimenti anche se mi facevano piacere. Ogni tanto lo raccontavo a mio padre che mi diceva: “Gli piaci, e non poco, ma non ti preoccupare, non sono geloso, fai pure l’amore con lui se vuoi. Siete giovani ed è normale che proviate attrazione reciproca. Lo capisco perfettamente. – poi aggiungeva – L’ho sempre saputo che facevi l’amore oltre che con i tuoi compagni, con il mio amico e anche con altri uomini”.

Una volta aggiunse “Sei come tua madre, lei non può vivere senza fare sesso”. Capii che era al corrente di tutto e che accettava il comportamento della mamma.

Un fine settimana l’ingegnere mi disse: “Vado all’isola, ci vieni?” Accettai l’invito, mi cambiai, tornai a vestirmi da donna e salii in macchina con lui.

- Ti devo chiedere una cosa – disse durante il viaggio.

- Dimmi.

- È una cosa per me molto importante …

- Parla.

- Vuoi … vuoi diventare mia moglie?

- Cosa?

- Sì, mi vuoi sposare?

- No! io non mi voglio sposare. Voglio laurearmi, voglio girare il mondo …

- Se sarai mia moglie ti farò fare tutto questo, potrai fare tutto quello che vorrai …

- Anche fare sesso con chi voglio?

- !!!???

- Hai visto? Io non posso sposarmi. Non voglio sposarmi. Voglio essere sempre libera!

Tacque. Non aprì bocca fino al nostro arrivo al Centro Commerciale. Fece alcune compere e poi mi portò al bar. Ci sedemmo ad un tavolo.

- Hai parlato seriamente?

- Certo che ho parlato seriamente. È il mio pensiero da tanto tempo. Anche mio padre e mia madre ne sono al corrente.

- E approvano?

- Mia madre è completamente d’accordo.

- E tuo padre?

- Lui non ha espresso alcun giudizio, ma sono convinto che accetta il mio pensiero. Come vedi mi ha condotto qui, quando glie l’ho chiesto.

- Non pensi che potresti cambiare idea?

- Tu non mi conosci!

- È vero, non ti conosco abbastanza, ma ti ammiro tantissimo. Ho sempre sognato di avere una moglie come te … e ora che ti ho trovato non mi voglio fare sfuggire l’occasione …

- Ti auguro di trovare quello che cerchi … ma con me ti sbagli … non sono adatta a te!

- Perché dici che non sei adatta a me?

- Tu accetteresti che tua moglie faccia sesso anche con altri uomini?

- Perché dici questo?

- Perché io voglio essere assolutamente libera. Libera in tutto e per tutto. Anche di fare sesso se ne ho voglia e con chi ho voglia.

- ???

- Vedi, se tu vuoi noi possiamo fare sesso. Tu mi piaci. Ma senza alcun impegno. Quel pensiero devi togliertelo dalla testa. Assolutamente!

Tutto il viaggio di ritorno si svolse senza profferire neanche una parola.

La sera, a letto, raccontai tutto a mio padre. “È innamorato cotto di te” fu il suo commento.

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