Una visita improvvisa.
Il giorno dopo, domenica, stavamo facendo colazione in soggiorno quando suonò il campanello del cancello esterno. Andò al citofono, rispose e aprì. Poi rivolto verso di me disse:
- È il tuo professore di matematica, ha visto la mia macchina ed è passato a salutare.
Io ero completamente nuda mentre lui invece aveva addosso un paio di pantaloncini. Mi precipitai nella camera da letto, indossai un paio di mutandine, sopra ci misi il vestito scamiciato che portavo spesso, mi spazzolai i capelli e rientrai in soggiorno.
Appena il professore mi vide rimase visibilmente sorpreso.
- Scusate … non sapevo … ho disturbato … vado via subito.
- No, professore, non disturba affatto. Così ha la prova che quello che le dissi una volta è assolutamente vero. Non era una spacconata.
- Cosa mi hai detto, una volta? Non ricordo.
- Le dissi che ero una ragazza assolutamente libera …
- Ma io non avevo capito che tu intendessi in questo senso.
- Beh, ora lo sa. – guardai il mio amico che sorrideva. Proseguii – Si accomodi, ci tiene compagnia a colazione? Cosa le preparo, un cappuccino o un the, oppure cos’altro desidera, ci sono delle brioche e delle fette biscottate.
- Cosa posso desiderare di più che fare colazione con un mio carissimo amico e con una mia alunna che stimo moltissimo? Resto con piacere e sono contento che la mia presenza non abbia creato disturbo o imbarazzo.
Durante la colazione parlammo del più e del meno senza alcun imbarazzo. Fece anche un accenno alle Olimpiadi di Matematica.
Poi ci propose di andare a fare il bagno insieme. Chiamò a telefono il ragazzo che gli sbrigava le faccende inerenti la villa e gli disse di aggiungere una seconda poltroncina e una sdraio all’ombrellone che aveva già sistemato sulla spiaggia. Le nostre villette erano una accanto all’altra ed erano separate dalla spiaggia da una strada non asfaltata.
Restammo d’accordo che ci saremmo visti direttamente sulla spiaggia dopo mezz’ora.
Io indossai solo lo slip del bikini, senza il reggiseno, mi coprii con un pareo di tela ed uscimmo di casa. Il professore era già sulla spiaggia con i piedi in acqua.
Appena arrivata mi tolsi il pareo, che sistemai nella mia borsa e mi buttai immediatamente in acqua nuotando verso il largo. Con la cosa dell’occhio notai che il professore mi veniva dietro, mentre non notavo traccia del mio amico. Pensai che con la sua discrezione ci lasciava liberi.
Nuotai a lungo. Quando mi resi conto che mi ero allontanata oltre cento metri dalla riva mi fermai. Il professore mi raggiunse.
- Sei un’ottima nuotatrice – mi disse – ho fatto fatica a starti dietro.
- Il mare è il mio elemento, e il delfino è il mio simbolo.
- Che il mare sia il tuo elemento l’ho appena notato. Perché il delfino è il tuo simbolo?
- Perché i delfini fanno sesso in continuazione e lo fanno per diletto – nel frattempo manovravo le mie gambe per tenere i miei seni a pelo d’acqua. Il professore mi guardava senza parlare, forse osservava me oppure il mio seno. Continuai. – Una volta all’acquario ho visto una delfina che durante l’esibizione ogni volta che faceva un tuffo, si accoppiava con un delfino.
Il professore fece una giravolta e si tuffò sott’acqua. Anch’io feci lo stesso. Sott’acqua ci incontrammo e ci abbracciammo. Quando emergemmo le nostre bocche erano avvinghiate l’una all’altra e poco dopo anche i nostri corpi si congiunsero.
Poi rientrammo nuotando lentamente.
Sulla spiaggi mi distesi sulla sdraio. I miei seni puntavano verso il cielo. Con la coda dell’occhio notai che il professore non distoglieva lo sguardo da essi. Decidemmo di andare a pranzo assieme al ristorante del lido. Dopo la doccia ci cambiammo e scendemmo in cortile. Il mio amico prese la macchina e io mi sedetti dietro per lasciare il posto anteriore al professore.
Al ristorante parlammo del più e del meno. Ad un certo punto il professore disse che lui doveva rientrare necessariamente in città la stessa sera per degli impegni assolutamente improrogabili, ma che avrebbe fatto il possibile per sbrigarli rapidamente e ritornare in maniera da trascorrere altri giorni insieme.
Al ritorno dal pranzo il mio amico fermò la macchina davanti al suo cancello per farlo scendere. Aprii lo sportello e scesi anch’io dicendo “Vado con lui”. Passammo tutto il pomeriggio insieme. Poi, sempre insieme, salimmo a casa del mio amico. Ci salutammo e il professore partì per tornare in città. Io e “mio padre” andammo subito a letto.
Il mercoledì a mezzogiorno mentre stavamo rientrando dal mare arrivò una telefonata del professore. Disse che stava tornando e ci diede appuntamento direttamente al ristorante del lido.
Al rientro salii in macchina con il professore. Lo avevo già anticipato al mio amico che non obiettò nulla.
Furano giorni di fuoco, il pomeriggio con il professore, la notte con il mio amico-padre, ma potei affrontarli senza particolari disagi alla mia vagina in quanto mi ero portata la crema che mi aveva dato la mia amica “la fisioterapista non ancora diplomata”.
Fino alla domenica tutto si svolse in questo modo. La mattina il bagno tutti e tre a mare, poi il pranzo al lido. Il pomeriggio a letto con il professore. La cena, nuovamente tutti e tre al lido. E la notte con il mio amico-padre.
Mentre il rapporto col professore variava di volta in volta in maniera fantasiosa ed era molto scatenato, l’altro era sempre uniforme ed ero io a volerlo così: volevo che mi possedesse stando addosso a me, volevo sentire il contatto con tutto il suo corpo, e principalmente volevo che versasse tutto il suo sperma dentro di me, tutto, fino all’ultima goccia.
Una volta mi chiese il perché. “Non lo so – risposi –mi piace essere posseduta da te in questa posizione. Mi piace il contatto completo con tutto il tuo corpo. Il tuo sperma è solo per me. Credo che sia il desiderio di sentirmi in tuo possesso assoluto. Mi piace tantissimo”.
Durante l’estate con il mio compagno di classe facevamo gli esercizi e anche sesso. Ogni due settimane lui portava i nostri quaderni al professore che li ritirava per controllarli e gli consegnava quelli corretti. Gli esercizi cominciavano ad essere più difficili, per superare le difficoltà lo consultavamo telefonicamente.
Con il professore decidemmo di non incontrarci in città: dovevamo assolutamente evitare di essere scoperti. Due volte per il fine settimana scendemmo a mare tutti e tre e quelle volte facevo sesso quasi esclusivamente con il professore.
Quando c’era papà invece non mi muovevo da casa.
Una volta mi chiese:
- Ma tu stai sempre in casa? Non hai un ragazzo? Non esci con gli amici?
Gli risposi apertamente che quando lui era a casa non uscivo perché volevo stare con lui. Ma quando lui non c’era facevo una vita regolare. Gli dissi anche che non avevo un ragazzo fisso, ma che facevo sesso liberamente con diversi ragazzi e aggiunsi che mi piaceva moltissimo fare sesso. Mi guardò perplesso e mi domandò “Sul serio fai sesso con tanti?” Gli risposi che in quest’ultimo mese e mezzo di sua assenza avevo fatto sesso con tre persone diverse.
Precisai: “Non siete stati tu e la mamma che mi avete insegnato ad essere libera?” Fece cenno di sì con la testa, ma era perplesso.