Autore Topic: positano  (Letto 1160 volte)

eziodellagondola

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positano
« il: Giugno 10, 2011, 08:45:33 »
Venezia si era vestita con una delle sue più belle magie: la nebbia,una nebbiolina strana per l’inconsueta comparsa in un giorno d’estate; quella trina di umide perle addobbava ogni angolo, e di buon mattino mi incamminai per calli e campielli, immerso tutto solo in quel paesaggio di fiaba.
Vagai a lungo nei dintorni di campo Santa Margherita, uno dei più pittoreschi di questa stupenda regina della laguna, dove avevo trovato un alloggio confortevole e conveniente; era il massimo che mi potessi augurare: una linda e spaziosa camera d’affitto, con tre finestre sul bellissimo campo.
La somma mensile che una padrona di casa discreta ma premurosa mi chiedeva era senz’altro alla mia portata, e in una città e una zona dove numerosissimi erano gli  studenti danarosi questo mi pareva un vero miracolo.
Inoltre dovevo mettere nel conto delle cose positive anche il fatto che il mio alloggio era situato a meno di cinque minuti dall’ente in cui prestavo servizio.
Avevo vinto un concorso che mi obbligava a rimanere a Venezia per almeno cinque anni, così a malincuore avevo lasciato il mio paese natale, quel presepio sulla costiera che è Positano.
Non era stata una decisione né facile né indolore, con l’unica consolazione che non lasciavo affetti profondi, ma solo delle belle e per fortuna inossidabili amicizie. Contavo infatti di ritornare appena possibile vicino a quel Tirreno che per me era padre madre e sposa al tempo stesso, e sarei stato felice di ritrovarvi i tanti amici pronti a riprendere le fila del nostro cammino assieme.
Famiglia non ne ho mai avuta, se si esclude lo zio benestante che da Ercolano aveva provveduto al mio mantenimento e a dirigere le meravigliose governanti che avevano curato con perizia e dedizione la mia educazione, succedanee purtroppo incapaci di colmare il vuoto di affetti della mia infanzia di orfano, ma comunque valide maestre di vita, cui devo gran parte del mio carattere estroverso ed allegro, nonostante tutto. Poi l’università a Napoli ed ora sospettavo che anche nella conquista del posto di lavoro ci fosse lo zampino dello zio, ricco e potente.
Seduto su una della panchine del campo, mi meravigliavo di non vederne i confini: la nebbia aveva cancellato le case per trecentosessanta gradi, e mi sentivo immerso in uno strano giardino, dove l’erba era stata rimpiazzata dai “masegni” in trachite euganea , le lastre rettangolari con cui è selciata tutta la città, resi più scuri dall’umidità.
Nessun  passante veniva ancora ad interrompere le mie meditazioni, e mi sorpresi a ripensare al crivello delle ultime settimane.
Mi piaceva, di tanto in tanto, affacciarmi ad una delle mie finestre e rimanere a lungo ad osservare la vita del campo, i bimbi schiamazzanti nei loro giochi, le massaie che senza fretta provvedevano alla spe-sa quotidiana nelle variopinte bancarelle, le case bellissime dirimpetto alla mia, e spiare nelle finestre la varia umanità che vi appariva, come tanti televisori sintonizzati su canali diversi.
Avevo scoperto che proprio di fronte alle mie finestre viveva una creatura angelica, di cui potevo vedere solo il bellissimo volto, inquadrato nei legni scuri della finestrina, che immaginavo alta dal pavimento, perché quel volto mi sembrava incorniciato in uno strano portaritratti.
La distanza che si frapponeva tra noi era tale da poterci guardare senza indiscrezione, i tratti del volto erano ben delineati, ma lo sguardo era troppo lontano per farsi indovinare, per cui potevo stare ore ad ammirare la sconosciuta senza darlo a vedere, senza che si accorgesse di essere osservata, né io a mia volta provavo l’imbarazzo di essere scoperto.
In breve quelle imprevedibili apparizioni erano diventate per me una piacevole abitudine, un rito che si ripeteva molte volte durante la giornata, e di cui stavo diventando così ingordo, che talvolta approfittavo della vicinanza del mio ufficio, per sostituire le pause caffé con delle puntatine a casa, per ammirare adorante la mia dea, che spesso mi faceva grazia della sua apparizione.
Ho persino sospettato  che si fosse accorta di me, che con civetteria si fosse messa d’impegno per assecondare questa mia innocente mania.
Più passavano i giorni, più sentivo lo struggente desiderio di palesarmi a quella creatura di sogno, ma mi tratteneva la paura di scoprire che non fosse libera, che un marito e dei figli fossero insor-montabile ostacolo ai miei sogni.
In effetti la probabilità che una ragazza tanto bella fosse sola era a dir poco inesistente, ma il non sa-pere, il non voler indagare era il lumicino di speranza al quale mi aggrappavo quasi con angoscia.
Cercavo di negarlo, ma ero sostanzialmente in preda ad una ubriacatura molto vicina all’inna-moramento.
Ovviamente mancava ancora la componente essenziale della conoscenza sulla persona, la frequen-tazione che sola avrebbe potuto chiarirmi se avevo incontrato la donna dei miei sogni o se più semplicemente mi fossi imbattuto in una bellissima donna, tuttavia molto lontana dai miei ideali di compagna.
 Vi erano anche ostacoli banali ma corposi a soddisfare la mia voglia di conoscere meglio la mia Dulcinea.
Non sapevo come assumere informazioni in merito, la curiosità di un giovane meridionale certamente non sarebbe apparsa gradita ai bottegai della zona, con i quali non avevo stabilito alcuna confidenza.
Tranne forse il giornalaio, anche lui originario del Sud, con il quale, vuoi per comune provenienza, vuoi per quotidiana frequentazione avevo maggior dimestichezza.
Ma era un chiacchierone, inaffidabile e forse anche un po’ maligno.
Potevo affidare a lui le mie speranze, potevo interrogarlo senza scatenare morbose curiosità che si sarebbero ritorte contro di me, che magari mi avrebbero ostacolato nei miei tentativi di avvici-namento?
Alla fine trovai uno stratagemma per carpire le informazioni che anelavo, senza scatenare curiosità inopportune.
Un sabato pomeriggio entrai nel negozio di giocattoli che stava proprio sotto le finestre della mia bella.
“Buongiorno - dissi con il sorriso più accattivante di cui ero capace al titolare - ho trovato qui davanti un fazzoletto finemente ricamato che deve essere caduto dalle finestre sopra il vostro negozio; vorrei quindi restituirlo alla proprietaria, è un fazzoletto chiaramente da donna, ma non so chi vi abiti… “
“Sarà senza dubbio della signorina Lazzarini. Può lasciarlo a me, glielo consegnerò appena chiudo il negozio”
Avevo previsto anche questo, quando mi spinge il desiderio di ottenere qualcosa, so essere furbo più di una volpe.
“Mi spiace, non lo ho con me, è a casa e stasera non rientro, vorrei comunque farlo avere al più presto a questa signorina Lazzaroni.. Può indicarmi l’ingresso della sua abitazione?”
“E’ la seconda porta a destra nella calle qui accanto. E si chiama Lazzarini, non Lazzaroni!”
Sono proprio astuto! Avevo volutamente storpiato il nome, in modo che il negoziante, tutto felice di potermi redarguire, non facesse troppo caso alla mia curiosità.
Ringraziai, ed uscii gongolante per l’informazione così facilmente ottenuta e congratulandomi per la mia sagacia.
Andai di corsa a comprare un fazzoletto ricamato e tornai a casa, mettendomi di vedetta alla finestra.
Quando la ragazza fosse apparsa, sicuro di trovarla in casa, sarei andato a riportarle il fazzoletto; avrebbe protestato che non le apparteneva, mi sarei scusato ma avrei avuto modo di fare conoscenza, l’avrei potuta vedere da vicino, le avrei parlato; poi forse da cosa nasce cosa, San Gennaro forse mi avrebbe aiutato…
E mi aiutò penso, facendo comparire quasi subito la mia fata.
Corsi giù per le scale, anzi mi precipitai, rischiando anche di cadere e mi fiondai svelto verso casa sua.
Trovare il portone fu un gioco da ragazzi e la fortuna mi assistette ancora, il nome troneggiava sul primo campanello: se fosse stata in casa con parenti, magari questi avrebbero potuto avere un altro cognome e allora addio, la ricerca si sarebbe fatta lunga.
Attesi un bel po’ dopo aver suonato il campanello; infine dal citofono  una voce deliziosa mi chiedeva chi fossi.
“Mi chiamo Esposito, Salvatore Esposito, sono suo dirimpettaio, abito di fronte a lei dall’altra parte del campo. Ho trovato qualcosa che le appartiene e sono venuto a riportargliela…”
Un benedetto ronzio mi avvertì che la ragazza si fidava, potevo salire.
Snobbai il comodo ascensore e salii le due rampe di scale che mi avrebbero portato al primo piano con il cuore in gola non per lo sforzo (divoravo gli scalini tre alla volta) ma per l’emozione.
Il portoncino dell’appartamento era socchiuso: “E’ permesso?” chiesi entrando.
Attraversai un lungo corridoio, arredato con severi scaffali di legno scuro, di foggia antica, pieni di libri di ogni genere e attraverso un arco senza porte entrai in una seconda stanza, più larga e più moderna: ancora scaffali, fino al soffitto, questa volta in cristallo e con una elegante struttura di tubi d’acciaio satinato con delle cremagliere che permettevano di raggiungere, su una comoda pedana motorizzata gli innumerevoli libri, stipati all’inverosimile, con estrema facilità.
Di qui si entrava in un’altra stanza, dove finalmente trovai l’oggetto dei miei sogni.
Era ancora più bella vista da vicino; stava sotto la solita finestra, seduta su una poltroncina, e sulle gambe aveva un bellissimo foulard di seta.
Poi i miei occhi corsero dal suo angelico volto alla poltroncina ed ebbi un tuffo al cuore: ai lati giganteggiavano due ruote gommate!
In quel momento capii che se le fossi piaciuto, avrei rivisto la mia amata costiera solo da turista…


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eziodellagondola

presenza

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Re: positano
« Risposta #1 il: Giugno 10, 2011, 12:27:48 »
Un racconto d'altri tempi, con un finale inaspettato...

eziodellagondola

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Re: positano
« Risposta #2 il: Giugno 10, 2011, 13:34:02 »
Un racconto d'altri tempi, con un finale inaspettato...

sarà forse perchè l'autore è stagionato?
Per quanto riguarda il finale, in quasi tutti i miei racconti parto alla rovescia, nel senso che mi balena un'idea per un bel finale e in conseguenza ci costruisco un racconto; ma forse anche in questo caso  così fan tutti quelli che scrivono...

E
eziodellagondola

nihil

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Re: positano
« Risposta #3 il: Giugno 10, 2011, 16:54:26 »
l'amore può ben andare in giro anche su una sedia a rotelle! mi aspettavo un colpo di scena, ma chissà perchè pensavo ad un quadro che con i vari cambiamenti di luce sembrasse prendere anima. :rose:
« Ultima modifica: Giugno 11, 2011, 19:07:20 da nihil »

eziodellagondola

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Re: positano
« Risposta #4 il: Giugno 11, 2011, 17:45:28 »
grazie per il commento

E
eziodellagondola

victor

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Re: positano
« Risposta #5 il: Ottobre 04, 2011, 21:12:50 »

Concordo parzialmente con il commento di presenza: si, un racconto d’altri tempi, delicatissimo …

Mi è piaciuto, forse perché anche io sono … stagionato …

Non mi ha sorpreso il finale. Ci sta bene in tutta quella delicatezza …

Complimenti!

Il duro impegno per l'acquisizione delle competenze, la passione e le doti personali creano eccellenza ... e distinguono il professionista dal lavoratore ... Victor

eziodellagondola

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Re: positano
« Risposta #6 il: Ottobre 09, 2011, 08:05:12 »
grazie per i complimenti, sempre graditi, ma soprattutto grazie per aver letto...
E
eziodellagondola