L’uomo appena vide le nostre divise capì di essere stato scoperto, cercò con lo sguardo una via di fuga, ma Paola e Stefano furono più veloci, io ero rimasto a distanza in quanto non ero ancora del tutto operativo.
I due accerchiarono l’uomo e lo bloccarono con un elastico automatico che gli bloccò la possibilità di muovere le mani, avevo visto l’elastico nei giorni precedenti ma, vederlo in azione era altro, Paola e Stefano si muovevano quasi all’unisono, senza neppure parlare, mentre si avvicinavano all’uomo, la tuta cambiò colore e la visiera divenne scura, le loro tute apparivano di un verde metallico, per un attimo mi ricordarono certe auto viste nei vecchi video che avevo trovato in casa dei nonni quando ero piccolo.
L’uomo non parlava e neppure Paola e Stefano, stavano immobili, la cosa non lo nego mi creò un certo disagio, trovare un uomo che sfida le leggi in questo modo, ben sapendo che le conseguenze sarebbero state piuttosto serie.
Pochi minuti dopo arrivò l’unità di acquisizione, Antonio Brissi fu fatto salire a bordo di una grossa macchina nera della DEIN, sembrava una specie di grosso barattolo nero con porte che si aprirono tutte contemporaneamente. Dentro c’erano due uomini con dei camici meri, completamente irriconoscibili per via della maschera plastificata, e il copricapo a punta, non si vedevano neppure le mani.
Una voce proveniente dal sistema automatico, iniziò a recitare le formule di rito: Antonio Brissi sei colpevole di aver utilizzato i Talleri e per questo sarai portato nel centro Raccolta e Dissociazione della DEIM, nella nostra nazione è fatto divieto assoluto l’uso di denaro per l’acquisizione di beni, pertanto sei condannato a rimborsare lo Stato per un ammontare di cinque anni di lavoro nei campi di raccolta.
Brizzi pareva non prestare nessuna attenzione a quello che gli era detto, come se la cosa non lo riguardasse, quanto a me lo avrei pestato volentieri.