Sparta e Atene: due città tradizionalmente definite le due “super-potenze” dell’antica Grecia, con ideali e valori che nel tempo hanno diviso la cultura occidentale.
L’antico filosofo Aristotele nella “Costituzione degli Spartani” (andata perduta) e altrove, in particolare nella “Politica”, dedica importanti considerazioni al sistema governativo spartano, del quale è contrario.
Invece lo storico ateniese Senofonte (nel libro a lui attribuito e anche questo titolato “Costituzione degli Spartani”) era filo-spartano.
Comunque è difficile distinguere la storia delle due città dalle letterarie rappresentazioni idealizzate.
Come detto nel precedente post, Atene aveva un ordinamento statale di tipo democratico, favorevole al commercio, agli scambi economici, invece Sparta aveva l’ordinamento statale conservatore, ispirato a valori di tipo militare, in nome dei quali i cittadini valutavano positivamente e con orgoglio le restrizioni delle libertà individuali al fine del bene comune.
Eppure nelle due città circolava la stessa cultura, la stessa paideia (che era permanente e non limitata all’infanzia e adolescenza) si parlava la stessa lingua (con la differenza dialettale tra attico e dorico) seguivano la stessa religione politeista.
Nel periodo del loro massimo potere, il V sec. a. C. maturarono le condizioni che le avrebbero poi condotte in una sorta di “suicidio collettivo”, alla cosiddetta “guerra del Peloponneso”.
Da alleate contro mi Persiani a nemiche. Il ruolo aggressivo della politica navale ateniese e il timore che volesse sottoporre al suo dominio altre poleis, indussero Sparta a reagire, in un crescendo di ostilità che raggiunsero l’apice nel 431 a. C., e la guerra tra loro continuò, con intervalli, fino al 404 a. C.
Comunque il ruolo dominante di Sparta, vincitrice della lunga guerra, durò poco più di un trentennio.