L’Annunciazione fu ed è ancora fonte d’ispirazione per tanti artisti e letterati.
Nell’ambito della pittura cito come esempio il Beato Angelico.
Beato Angelico, “Annunciazione”, 1442 circa, affresco, Firenze, Convento di San Marco.
Questo capolavoro fu dall’Angelico dipinto a fresco nell’angolo di una delle pareti interne del corridoio nord del dormitorio, al piano superiore dell’allora convento ed oggi Museo di San Marco.
La scena è ambientata in un portico colonnato, i capitelli sono ionici e corinzi; gli archi a tutto sesto; prospetta verso un giardino fiorito e con alberi, recintato con una staccionata, un hortus conclusus, che allude alla verginità di Maria.
Nella scena ci sono Maria e l’angelo Gabriele, che ha la gamba sinistra genuflessa in segno di riverenza ed è proteso verso la donna. Entrambi hanno le mani incrociate sul petto e l’aureola sul capo. I loro capelli sono biondi.
L’angelo indossa un abito rosa, colore che nella simbologia liturgica significa gioia. Nell’abito ci sono ricami in oro. Le ali sono policrome.
Maria è seduta su uno sgabello, indossa una tunica e un mantello blu; il pittore per realizzare tale colore utilizzò la preziosa azzurrite e mise anche inserti in oro.
La parete di fondo è interrotta da un’apertura che conduce in una stanza. Al suo interno si vede una piccola finestra con inferriata.
Nell'affresco ci sono due iscrizioni:
in basso, vicino alla base della colonna centrale, sono le parole dell'Annunciazione;
sul gradino la scritta esorta a chi passa davanti al dipinto di rivolgere un saluto ed una preghiera alla Madre di Dio:
“Virginis intactae cum Veneris ‘ante figuram pretereundo cave ne sileatur ave’” (= Quando passerai davanti l’immagine della Vergine Immacolata, stai attento a non dimenticare di dire l’Ave Maria).
L’affresco è all’inizio del corridoio, il quale nel passato conduceva alle celle dei frati.
Questo complesso conventuale con l'attigua chiesa fu costruito per l'Ordo Fratrum Praedicatorum (i Domenicani) sui resti di un antico monastero dei Benedettini Silvestrini; determinanti furono le offerte, come il lascito testamentario di Barnaba degli Agli, e l'aiuto finanziario di Cosimo il Vecchio.
I lavori cominciarono nel 1406 e finirono nel 1437. Ma dal 1418 era abitabile e vi furono trasferiti alcuni frati che erano nel convento di Santa Maria Novella, nella vicina Firenze.
Nel 1420 il Beato Angelico dipinse sull’arco d’entrata nella nuova chiesa fiesolana dedicata a San Domenico la Madonna benedicente. Nell’aula capitolare dipinse in affresco il grande crocifisso.
Anche l'Angelico nel 1429 venne trasferito a Fiesole nel convento di San Marco. Il 22 ottobre di quell'anno venne registrato come
"frate Johannes petri de Muscello", poi meglio conosciuto come
"fra' Giovanni da Fiesole" Ne fu anche priore. Un altro famoso priore di questo complesso religioso fu Girolamo Savonarola.
Attigua al convento c'è la chiesa dedicata a San Domenico
Il campanile e il porticato sono del 1635. L'interno, a navata unica con cappelle laterali, fu ristrutturato all'inizio del '600.
Il
“Beato Angelico” si chiamava
Guido di Pietro (1395 circa – 1455). Nel 1420 entrò nell’Ordine dei frati domenicani e scelse di farsi chiamare “
fra’ Giovanni da Mugello”, zona del suo luogo di nascita, Vicchio di Mugello.
Fra' Giovanni nel 1469 venne definito “angelico” dal frate predicatore Domenico da Corella nel suo poema titolato “Theotocon”.
Nel 1481 anche il poeta e filosofo Cristoforo Landino lo definì
“Angelico et vezzoso et divoto et ornato molto con grandissima facilità”.
E così "fra Giovanni da Mugello" divenne noto con l’appellativo ‘Angelico’, sia per la sua arte protesa alla rappresentazione di temi sacri, sia in riferimento alla sua vita pia.
Successivamente venne definito anche “beato”, senza che la Chiesa lo avesse riconosciuto tale.
Fu beatificato da papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1982, anche se già dopo la sua morte venne chiamato "Beato Angelico".
Morì a Roma il 18 febbraio 1455 e venne sepolto nella chiesa di Santa Maria Sopra Minerva, adiacente al convento dei Domenicani e vicina al Pantheon.
Del suo sepolcro marmoreo, un onore eccezionale per un artista a quel tempo, è ancora oggi visibile la lastra tombale, vicino all'altare maggiore.
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