Nell’ambito della filosofia sono numerosi i filosofi che fin dall’antichità hanno espresso le loro opinioni riguardo la noia.
Ne cito alcuni.
Il filosofo e teologo francese
Blaise Pascal (1623 – 1662), nei
“Pensieri” scrisse: "Niente per l'uomo è insopportabile come l’essere in pieno riposo, senza passioni, senza affari da sbrigare, senza svaghi, senza un'occupazione. Egli avverte allora la sua nullità, il suo abbandono, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua impotenza, il suo vuoto. Subito si leveranno dal fondo della sua anima la noia, la malinconia, la tristezza, l'afflizione, il dispetto, la disperazione”.
Ma spesso l'infelicità dell'uomo è semplicemente
"quella di non riuscire a starsene tranquilli in una stanza".
I molti impegni che l'uomo assume non servono a fargli superare l'essenziale infelicità della condizione umana, ma solo a stordirlo e distrarlo mentre cerca di sfuggire da sé stesso.
"E quelli che sull'argomento fanno della filosofia e che giudicano assai poco ragionevole che la gente passi l'intera giornata a correr dietro a una lepre che non si vorrebbe aver comprato, non capiscono nulla della nostra natura. Quella lepre non ci impedirebbe la vista della morte e delle altre miserie, ma la caccia, che ce ne distrae, può farlo...e quand'anche ci si vedesse abbastanza al riparo da tutte le parti, la noia, di sua privata autorità, non farebbe a meno di venire a galla dal fondo del cuore, dov'è naturalmente radicata, e di riempire lo spirito con il suo veleno” (B. Pascal, “Pensieri”).
Per il filosofo tedesco
Arthur Schopenhauer (1788 – 1860) “La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra dolore e noia, passando attraverso l’intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia” (dal libro IV de “Il mondo come volontà e rappresentazione”). Questa proposizione rappresenta una sintesi del pensiero di Schopenhauer sulla vita umana, nella quale prevalgono dolore e noia, poco piacere e rara gioia.
E quando pure l'uomo non viva nel bisogno fisico e nella miseria, quando nessun effimero desiderio (invidia, vanità, onore, vendetta) gli riempia i giorni e le ore, subito la noia, la più angosciosa di tutte le sofferenze, si abbatte su di lui: «Col possesso, svanisce ogni attrattiva; il desiderio rinasce in forma nuova e, con esso, il bisogno; altrimenti, ecco la tristezza, il vuoto, la noia, nemici ancor più terribili del bisogno".
La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia... Il godimento è solo un punto di trapasso impercettibile nel lento oscillare del pendolo. La vita è quindi un alternarsi di dolore e di noia, passando per la momentanea sensazione, meramente negativa, del piacere, del non dolore.
Dal nick Follemente:
(Da un libro di Zap Mangusta)
Secondo Schopenhauer, la Volontà, che per lui andrebbe scritta sempre con la V maiuscola, è l’autentica essenza di ogni creatura, il che significa che tutto ciò che è presente nell’universo, dal più misero filo d’erba alla più complessa galassia del sistema solare, non è altro che vita, volontà di esistere e di perpetrarsi, volontà di non sparire nel nulla, da dove, peraltro, ogni cosa proviene. Va da sé che questo vale più per l’uomo che per ogni altro animale, pianta o oggetto. E’ la nostra volontà, infatti, che ci spinge a desiderare cose in continuazione: cibo, sesso, vestiti, auto, casa, viaggi, gadget, in un vortice incessante di bisogni da soddisfare e di nuove mete da raggiungere: ragazze, sempre più belle, uomini sempre più affascinanti, case sempre più ampie, cieli sempre più blu.
Tuttavia, un attimo dopo che abbiamo concluso il nostro viaggio, acquistato il nostro orologio, mangiato la nostra aragosta, indossato il nostro completo ed espletato le nostre pratiche amorose, ci sentiamo soddisfatti, certo, ma…solo per qualche minuto, al massimo. Passato il quale non ci ricordiamo più dell’obiettivo raggiunto e nel nostro animo sopraggiunge, subdolo e velenoso, quel senso di incompletezza che prelude ad un nuovo bisogno; in poche parole: la noia.
…
La noia diventa così un rivelatore importante, perché ci aiuta a capire che rincorrere desideri alla rinfusa non ci libererà mai da quel perenne senso di insoddisfazione che attanaglia la nostra esistenza. La noia ci suggerisce di smetterla di andare in giro con tutti quei secchi bucati da riempire con qualsiasi capriccio. Non serve. Torneremmo indietro senza niente.
Secondo Schopenhauer non dobbiamo affannarci a cercare rimedi contro la noia, ma, al contrario, dobbiamo imparare a farcela amica. Sfruttandola, semmai, per appassionarci a cose che altrimenti ignoreremmo, e alle quali ci avviciniamo solo grazie a lei: perché, quando la incontriamo, ci lascia dentro un fondo di sedimentazione che poi comincia a ribollire e fermentare e ci fa venir voglia di soddisfare un impulso artistico, o un interesse filosofico, o di imparare il gioco degli scacchi o di praticare un massaggio alla thailandese o di mille altre cose ancora, che sono in grado di stimolare l’immaginazione e di arricchire la vita.
Come prendere un foglio bianco. E scriverci su qualcosa. Qualsiasi cosa. Oggi non si usa più. Perché a casa non abbiamo più carta. Al computer non serve (ed è un bene per gli alberi). Ma alla fine qualcosa si trova. E si può cominciare a scrivere… tutto quello che ci passa per la mente: la lista settimanale della spesa. Quella delle ex fidanzate, il catalogo mensile degli “sgarbi” ricevuti, quelli che noi abbiamo fatto agli altri. L’elenco delle parole nuove che abbiamo incontrato e di cui non conosciamo il significato: scriverle in bella calligrafia (che in Oriente è considerata un’arte), facendo attenzione a non fermarci o cercando di farlo il meno possibile.
Secondo il filosofo e teologo danese
Søren Kierkegaard (1813 – 1855) la dimensione esistenziale dell’individuo è segnata dall’angoscia, dalla disperazione, dai fallimenti. Nel suo libro “L’arte di sconfiggere la noia” afferma che tutti gli individui sono noiosi e che l’umanità è coinvolta dalla noia. Per evitare di annoiarsi suggerisce di applicare nella vita quotidiana delle regole de seguire per trasformare questo sentimento in ozio creativo e sviluppo dell’immaginazione.
Kierkegaard dice che chi non sceglie e si dedica solo al piacere viene coinvolto dalla noia, dall’indifferenza verso ogni cosa, diventa demotivato.
Nel libro “
Diario del seduttore” questo filosofo dice che l’esteta vive “l’attimo fuggente” , e quando è colto dalla noia, smette di cercare il piacere. La sosta lo fa riflettere sulla sua condizione esistenziale e viene assalito dalla disperazione, che lo mette di fronte al vuoto della propria vita.
L'esteta tipico è per Kierkegaard il seduttore, rappresentato dal personaggio letterario “Don Giovanni”, il cavaliere spagnolo prototipo del libertino che non si lega a nessuna donna perché non vuole scegliere, vive cercando unicamente la novità del piacere, l’emozione del nuovo incontro. Questa “etichetta” mi sembra che si addiceva a Franco Califano, che ho citato nel precedente post.
Un altro filosofo francese
Henri-Louis Bergson (1859 – 1941) scrisse che quando non si riesce a dare significato ed importanza al tempo nasce la noia ed il tempo sembra immobile.