Tiziano Vecellio, “Amor sacro e Amor profano”, 1515 circa, olio su tela, Roma, Galleria Borghese.
Le due figure femminili con i capelli fulvi sono sedute sul bordo di un’antica urna sepolcrale, usato come vasca di raccolta per l’acqua. Il sarcofago è decorato sul fronte con un bassorilievo di stile classico.
Le due giovani sembrano avere la stessa fisionomia. Forse Tiziano volle alludere a due diversi tratti caratteriali nella stessa persona, coincidentia oppositorum, come Afrodite Urania e Afrodite Pandèmia ?
Gli alberi dipinti dietro alle ragazze sono in controluce e le loro sagome paiono grandi macchie scure. Infatti il cielo che sovrasta il paesaggio riproduce l’alba a sinistra e il tramonto a destra.
Il dipinto ha diversi livelli di lettura, anche filosofico.
E’ notorio che spesso i filosofi con le loro elucubrazioni vanno fuori dal seminato e scambiano lucciole per lanterne, oppure si perdono in oscuri e astrusi meandri, però in questo caso alcuni di loro che hanno esaminato il quadro mi sembra che siano rimasti “lucidi mentalmente”.
L’ interpretazione filosofica neoplatonica vede nelle due donne la contrapposizione tra l’amore sacro (in senso metafisico, trascendentale e trascendente) e l’amore profano (in senso fisico, inteso come desiderio e piacere sessuale), l’Afrodite spirituale e l’Afrodite “umana”.
Amore “sacro” e amore “profano, continuamente si congiungono, si separano, si ricongiungono in
dimensioni distinte ed antitetiche. Se l’amore profano non può fare a meno del fisico, l’amore sacro non può fare a meno del metafisico.
La figura della donna nuda, sulla destra guardando il quadro, la considerano la rappresentazione dell’Afrodite Urania nell’atto di sollevare verso l’alto una piccola lucerna, variamente leggibile come simbolo di illuminazione spirituale o di conoscenza.
Per contrapposizione la donna vestita che è sulla sinistra, sarebbe l’Afrodite “Pandémia”, simbolo della forza generatrice della natura.
Tra le due donne c’è il piccolo Cupido, in questo caso mediatore tra la spiritualità e la concupiscenza, tra il Cielo e la Terra.
Il titolo attribuito a questo dipinto di Tiziano è arbitrario. Non gli fu dato dall’autore né dal committente, forse non gli fu dato in origine, perciò definirlo rappresentazione dell’amor sacro e dell’amor profano può essere fuorviante e far pensare alla mitologia greca, ad Afrodite Urania ed Afrodite Pandémia.
Nel tempo a quest’opera furono date diverse intestazioni a sfondo moralistico: “Beltà disornata e beltà ornata” (1613); “Tre Amori” (1650); “Amor profano e Amor divino” (1693); “Donna divina e donna profana” (1700). L’attuale titolo fu attribuito al quadro nel 1792 dai curatori degli inventari e cataloghi della Galleria Borghese, dove il quadro è conservato, a Roma.
Secondo una delle interpretazioni più accreditate il quadro fu un dono di nozze e il tema è nuziale, allude con le due donne raffigurate a due aspetti del matrimonio: quello sessuale (voluptas) e quello morale (pudicitia), tra loro uniti.
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