Da bambini le festività natalizie si attendono con trepidazione, da adulti molti sono scontenti perché idealizzano quei lieti giorni della loro infanzia e subentra la nostalgia.
Le persone che si lasciano coinvolgere dal periodo natalizio e di fine anno hanno la capacità di attribuire un significato importante a queste giornate: condivisione, reciprocità, giocosità, hanno voglia di fare regali e di riceverli, di stare insieme con parenti ed amici, di guardare le addobbate ed illuminate vetrine dei negozi, fare shopping.
Nel 1956 lo psicoanalista Eric Fromm nel suo libro “Arte di amare” scrisse:
“La felicità dell'uomo moderno: guardare le vetrine e comprare tutto quello che è possibile in contanti o a rate”.
Se non ricevessimo nessun dono, se nessun Babbo Natale si affacciasse alla nostra porta, nessun postino ci recapitasse un pacco-dono, resteremmo proprio del tutto indifferenti?
Paolo di Tarso ai suoi discepoli ricordò le parole di Gesù, che disse: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere!” (Atti 20, 35).
La ritualità del dono natalizio è anche oggetto di esilaranti ironie quando capita di smarrire o confondere i cartoncini d'auguri; oppure quando non riesce bene il riciclaggio del regalo ricevuto: si dimentica nell’involucro il biglietto del primo donatore; o, quando capita, la reiterazione dello stesso regalo.
Durante le festività natalizie e di fine anno molti appaiono contenti, sorridenti, beneauguranti, altri, invece, pensano di non aver nulla da festeggiare, minimizzano le aspettative e pensano al Natale e al Capodanno come ricorrenze senza l’obbligo dell’allegria, anzi sono giorni che detestano, li subiscono passivamente, li considerano in contrasto con il proprio stato d’animo, triste, insofferente. I ricordi dolorosi amplificano la malinconia e si isolano. Vengono coinvolti dal “Christmas blues”, frase usata col significato di “
depressione natalizia”, che di solito finisce al termine delle festività. La malinconia compare con maggiore frequenza in chi nel passato ha sofferto di depressione, ha avuto esperienze negative sentimentali e sociali che inficiano l’autostima, in chi soffre di solitudine psicologica o sociale, in chi ha carenze affettive, chi ha difficoltà economiche.
Le riunioni conviviali di Natale e Capodanno mettono alla prova le proprie capacità assertive, possono creare tensione se non si è in armonia con i partecipanti.
Molti si sentono costretti a condividere lunghi pranzi o cene con parenti ed amici con i quali ci sono tensioni o questioni “in sospeso”. Vivono questi incontri in “apnea”, costretti a non sottrarsi alla conviviale, e pensano “non vedo l’ora che finisca”, celando l’insofferenza che può indurre atteggiamenti d’ira e di rancore. Basta che uno dei convitati dica una frase capace di urtare la suscettibilità altrui e cominciano le polemiche, si scatena il proprio rancore represso, le proprie antipatie. Ogni partecipante diventa come una miccia accesa.
Per evitare discussioni, chi può permetterselo preferisce andare in vacanza lontano da casa. Chi è costretto a rimanere affronta con ansia il disagio, si isola psicologicamente.
Dopo i lauti pasti molti anziani si assopiscono mentre guardano la televisione, mentre i più piccoli piagnucolano perché vogliono tornare ai loro giochi. Le ore sembrano non passare e nessuno osa prendere l’iniziativa di alzarsi e proclamare con voce stentorea ed autorevole: “
Leviamo la mensa”. E finalmente la tavola, tracimante di quel che resta dell’abbondante pranzo o cena, si svuota. Tutti si alzano per tornare a casa.
the end