Buonasera popolo di Zam! Girando un po' online ho trovato alcuni spunti per scrivere brevi racconti, diciamo un piccolo input...e mi sono imbattuta in questo: "Inizia la tua storia con due personaggi che guardano un'alba e terminala con loro due che vedono la luna che si riflette su un lago". Così ho pensato di buttare giù qualcosina e farvela leggere. Volete unirvi a questo gioco e lasciarvi ispirare da questo input?
I tetti sotto di loro iniziavano a colorarsi di un rosa chiaro, mentre Giada e Luca osservavano i raggi del sole iniziare a comparire all’orizzonte.
«Preferisci l’alba o il tramonto?» chiese Luca.
«E’ una domanda difficile…ma probabilmente il tramonto», rispose Giada dopo una lunga attesa. «Io preferisco l’alba. Ha qualcosa di speciale, l’inizio di un nuovo giorno».
Luca era sempre più profondo nei discorsi. La sua mente funzionava in modo diverso da quella delle altre persone.
Si trovavano sul tetto della casa, stesi su una coperta di pile a scacchi rossi e bianchi e due cuscini sotto la testa. Erano le 5.30 di una fredda mattina di febbraio, e il mondo sotto di loro non accennava a volersi svegliare. Nelle strade non passavano auto, né tantomeno persone; la casa di trovava su una collina e da lì era possibile vedere tutto ciò che li circondava. Quando stavano lassù, Giada si sentiva la padrona del mondo. «È vero, però il tramonto ti fa fare i conti con la giornata che hai appena trascorso, e se non è stata una bella giornata, puoi dimenticartene e andare avanti». Luca si girò ad osservarla, con le sopracciglia aggrottate. «Beh? Che guardi?», gli rispose spingendogli la spalla con un piede. Luca ridacchiò e si mise a sedere. «Cosa pensi che succederà oggi?» le chiese, guardando i tetti delle case che diventavano sempre più nitidi. Giada sospirò. Avrebbe voluto essere più forte per suo fratello, ma non ci riusciva. «Non lo so», ammise con amarezza, «Ma qualunque cosa decidano di fare mamma e papà noi resteremo insieme. Te lo prometto». Si abbassò verso Luca e lo abbracciò dalle spalle e rimasero in silenzio a osservare il sole alzarsi sempre più in alto nel cielo.
«Giada! Luca! È ora di alzarsi!» la madre dei due ragazzi li stava chiamando dal piano di sotto. Non aveva idea che i suoi figli erano svegli ormai da ore.
«La colazione è pronta» annunciò, quando li vide finalmente scendere in cucina. Luca non aprì bocca e Giada si limitò ad aprire il frigorifero e prendere il succo d’arancia. «L’appuntamento dall’avvocato è alle sei oggi pomeriggio. Per favore, non fate tardi», li baciò entrambi sulla fronte e uscì di corsa per andare al lavoro.
La giornata passò lenta come tutte le altre: i due fratelli andarono a scuola, seguirono le lezioni, pranzarono con gli amici. Alle quattro del pomeriggio erano già a casa a fare i compiti, seduti al tavolo della cucina. «Mio Dio, odio la matematica!» imprecò Giada improvvisamente. Luca alzò lo sguardo dal suo libro di biologia e le chiese quale fosse il problema. «Ho provato a rifare questo esercizio tre volte! Non risulta mai!». Si innervosiva sempre quando non riusciva a portare a termine qualcosa. Il fratello le prese il quaderno e osservò l’esercizio: le segnò l’errore in pochi secondi e glielo restituì. Giada rimase a bocca aperta. Aveva sbagliato il segno di uno dei numeri e non ci aveva fatto caso dopo tutti quei tentativi. Si innervosì ancora di più con sé stessa, ma poi si mise a ridere. «Non dirmi che hai già finito tutti gli esercizi di matematica» chiese a Luca. «Sì, erano semplici. Ma se vuoi ti posso aiutare», le rispose lui. Anche se frequentavano la stessa classe, a volte Giada pensava di essere la sorella più piccola di Luca, piuttosto che la sua gemella. Luca aveva una mente brillante per tutto ciò che riguardava la matematica, la fisica o le scienze. Mentre Giada odiava tutte quelle materie e avrebbe preferito studiare arte e musica per il resto della vita.
Il pomeriggio passò in fretta e l’incontro con l’avvocato arrivò fin troppo presto. Mentre erano fuori dalla porta dello studio videro arrivare il padre, che li salutò affettuosamente con un bacio sulla guancia.
«Molto bene» annunciò il mediatore quando tutti entrarono nella stanza «Oggi siamo qui per metterci d’accordo sull’affidamento dei gemelli, Giada e Luca». I ragazzi erano seduti in fondo, lo sguardo basso. «Data l’età, siete ormai prossimi alla maturità, voglio chiedere prima a voi se siete d’accordo con questa separazione e se volete esprimere una preferenza, prima di prendere qualsiasi decisione», continuò. Giada alzò lo sguardo e poi osservò suo fratello. Nessuno dei due sapeva cosa rispondere. Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Luca fece spallucce e Giada si decise a parlare. «Non abbiamo niente da dire», annunciò con tono deciso. Il mediatore annuì e proseguì dicendo qualcosa di incomprensibile ai gemelli.
La decisione era stata presa. Il divorzio dei loro genitori era ormai ufficiale e la custodia era andata alla madre, come ci si poteva aspettare. Luca e Giada avrebbero potuto vedere loro padre solo nei fine settimana e si sarebbero dovuti mettere d’accordo su come passare le vacanze, quando e con chi. L’incubo di ogni giovane adolescente si era fatto reale, per i due fratelli. Giada sentiva di dover proteggere suo fratello da quell’immenso dolore che i loro genitori gli stavano causando, ma non sapeva come fare. Non sapeva nemmeno come proteggere sé stessa.
Quella sera decisero di andare a fare una passeggiata e si ritrovarono sulle sponde del piccolo lago che costeggiava il villaggio in cui erano nati e cresciuti. I raggi della luna illuminavano l’acqua del lago, facendola diventare di un colore giallo pallido. «D’ora in poi sarà tutto diverso», disse Luca fermandosi. Giada annuì e gli prese la mano. «L’importante è che noi resteremo sempre insieme» continuò il ragazzo «Non dobbiamo permettere mai a niente e nessuno di separarci. Me lo prometti?». Giada lo guardò negli occhi e gli rispose: «Te lo prometto».