Apro questo post per raccontare un po' la terra in cui sono nato e in cui per la maggior parte della mia vita ho vissuto, anche se ora è da un bel po' che non ci metto piede.
La Sardegna è un isola, tengo a marcare il fatto che lo sia, in quanto ha dei confini precisi, naturali, dei confini in un certo senso limitanti ma che ne fanno anche da barriera.
Per quanto sia grande in sé non è una terra ricca (non ha più grandi risorse materiali, tuttalpiù agricole ma neanche tante).
È estremamente silenziosa, ci sono più ovini che persone, puoi percorrere chilometri di strada senza incontrare nulla.
Nella sua terra emergono ancora resti di antiche civiltà, una in particolare quella nuragica, rappresentata dagli oltre 7000 nuraghi ancora presenti, monumenti nascosti dalla vegetazione, monumenti ormai privi del loro contesto originario, utilizzati e riutilizzati nei corsi dei millenni e dei secoli, e oggi lì testimoni di una storia, di una cultura ancora molto sconosciuta.
Tante popolazioni si sono succedute, creando, dando vita a un mosaico linguistico e culturale abbastanza differente e non proprio omogeneo, non c'è stato un momento storico in cui la Sardegna politicamente e culturalmente sia stata isolata e se vogliamo indipendente (eccezion fatta per il periodo nuragico e pre nuragico ma è diverso) c'è sempre stata una qualche influenza esterna, pertanto un problema che si riscontra oggi e spesso è quello dell'identità, e per me è tale.
All'esterno mi definisco sempre più sardo che italiano, perché effettivamente è così, l'Italia per me è sulla cartina, anch'essa bel mosaico culturale - linguistico (per il resto non ci ho mai messo quasi piede) e mi sovviene difficile a pensarla come a qualcosa di mio, però poi certo mi domando: ma cosa significa essere sardo? Chi è un sardo e che cosa lo differenzia dagli altri? Mi definisco tale eppure mi sembra di non esserlo poi tanto, non ne sento la mancanza, e non mi da quello che cerco, quello che vorrei.
Una persona in modalità turista viene, osserva, ammira, apprezza, assapora, e poi? C'è chi vede delle potenzialità, c'è chi trova il silenzio, chi la tranquillità, la lentezza, ah la lentezza, in Sardegna tutto è molto più lento, è un ritmo di vita non frenetico, per questo i cambiamenti sono lenti e faticano ad arrivare, sono lenti ad essere accettati e apprezzati.
Poi chiaramente non vede che in questo tutto vi è il nulla, non c'è un progetto, non c'è una visione, ma questo ne prima quando la Sardegna era spagnola e ne ora che è Italiana, non c'è un orizzonte che si vuole raggiungere, e che cosa rimane allora? Rimangono invidie, briciole, e silenzio. Il Nulla.
Non pensiate che sia in lotta con questa terra, in me vi è solo dispiacere, dispiacere di una identità mancata, di occasioni perdute nel corso della storia, profondi dispiaceri, sogni di indipendenza-identità passate, sconfitte da eserciti più grandi o se vogliamo da desideri e sogni più forti, ecco in me vi è una tristezza storica, limiti attuali che non si superano, mentalità e modi di pensare non utili per una crescita e un benessere generale.
Mi dispiace Sardegna io avevo dei sogni per te, e forse ne porto appresso ancora, ma se vengo riconosciuto, se vengo apprezzato altrove, se trovo e sento di poter agire meglio in un'altra terra, allora forse posso convincere e convincermi, che in fondo l'identità è solo una questione d'amore.
Da quando sono in un'altra terra, svariate volte ho pensato a delle ragioni che mi possano spingere a rinunciare all'identità o meglio alla cittadinanza italiana in cambio di un'altra, scrivendo questo ho trovato un'altra ragione che mi potrebbe spingere a farlo.
Oibò