In merito al copia e incolla vi faccio leggere questo articolo scritto da Ernesto Apa e Francesco Portolano, titolato: “Perché è illecito l’uso nelle rassegne di articoli a riproduzione riservata” (Il Sole 24 Ore, 7 – 6 – 2020).
Due giorni fa il Tar Lazio, sia pure in fase cautelare, ha confermato la legittimità del provvedimento con cui l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha ordinato al principale operatore di media monitoring di rimuovere gli «articoli de Il Sole 24 Ore recanti la clausola di riproduzione riservata dal proprio servizio di rassegna stampa».
Le decisioni del Tar e di Agcom sono un nuovo capitolo dell’annosa questione delle rassegne stampa, sulla quale interveniamo in qualità di avvocati de Il Sole- 24 Ore. La legge sul diritto d’autore prevede che in nessun caso possano essere riprodotti e diffusi gli articoli di giornale a «riproduzione riservata». Tale principio non patisce eccezioni: l’articolo 65 della legge 633/1941 consente la ripubblicazione di articoli in altri giornali (oppure in rassegne stampa, ha precisato la giurisprudenza) soltanto «se la riproduzione o l’utilizzazione non è stata espressamente riservata».
La previsione citata è di chiarezza cristallina. Infatti, tutte le corti che se ne sono occupate, inclusa la Corte di Cassazione, hanno sempre confermato che è illecito inserire articoli a riproduzione riservata in servizi di rassegna stampa. Unica voce fuori dal coro, una sentenza del Tribunale di Roma prontamente corretta nel 2019 dalla Corte di Appello che, richiamando «l’insegnamento della Suprema Corte», ha ribadito che l’attività di rassegna stampa può svolgersi soltanto «ai sensi dell’articolo 65, con i limiti in esso indicati». Pertanto qualunque agenzia di media monitoring che voglia consentire ai propri clienti di leggere articoli a «riproduzione riservata» deve ottenere una licenza dall’editore. È persino ovvio che sia così: in caso contrario, tutti i fruitori delle rassegne stampa potrebbero avere accesso ogni giorno a tutti gli articoli di proprio interesse, potenzialmente anche a tutto il giornale, senza che gli editori ne ricevano alcun compenso.
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La quasi totalità delle società di media monitoring ha concluso accordi di licenza con Promopress (la società che gestiva per conto degli editori i diritti di riproduzione degli articoli), ma non i due maggiori operatori, che da soli detengono circa i due terzi del mercato. Così, mentre per anni gli aderenti a Promopress hanno versato un compenso agli editori, i due principali operatori utilizzavano gli stessi articoli gratuitamente. Scaduta la licenza Promopress, Il Sole-24 Ore ha iniziato a negoziare direttamente i termini di una nuova licenza. La transizione (non ancora completata) è stata morbida: sono state discusse varie proposte e, nelle more della lunga negoziazione, Il Sole-24 Ore non ha impedito alle agenzie parte della trattativa di continuare ad utilizzare gli articoli del quotidiano.
Al tempo stesso, per porre termine allo storytelling – privo di basi giuridiche – della «libera utilizzabilità» degli articoli nelle rassegne stampa, Il Sole-24 Ore ha agito ai sensi del regolamento Agcom sulla tutela del copyright online nei confronti di un operatore che non ha mai riconosciuto i diritti degli editori sui propri articoli. L’Autorità e il Tar in sede cautelare hanno riconosciuto la condotta illecita di detto operatore.
Le parti faranno valere i propri interessi e le autorità competenti attribuiranno torti e ragioni, ma riteniamo importante che la questione sia stata posta all’attenzione del dibattito pubblico, perché, come ha affermato Andrea Martella, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Editoria ed all’Informazione, «il diritto ad essere informati e ad informare passa anche attraverso la tutela del lavoro della filiera editoriale». La scienza economica insegna che non esistono pasti gratis, quindi se si vuole salvaguardare l’informazione di qualità occorre riconoscere una giusta remunerazione al lavoro dei giornalisti e agli investimenti degli editori”.
mia riflessione: Gli editori pubblicano e vendono giornali a scopo di lucro. In una pagina pubblicano articoli e sul retro a tutta pagina c'è la pubblicità, che paga le spese per dare stipendi a giornalisti e tecnici. Non basta. I quotidiani vengono pagati dagli utenti che acquistano i giornali. Inoltre gli editori hanno aiuti di Stato e contributi per l'acquisto della carta sul quale stampano le notizie. Nessuno li obbliga a fare gli editori. Lo fanno perché hanno lauti guadagni. Ma a loro non basta. Vogliono anche altri soldi per chi si permette di copiare parti di articoli.
Io sono contrario al copyright !