Questo precetto riferito nel passato al solo adulterio è stato ampliato dalla Chiesa cattolica a tutti i peccati sessuali, all’uso “indebito” della sessualità sia con altri sia da soli, inoltre ha modificato l’espressione “non fornicare” per evitare che si pensasse che il comandamento venisse limitato alla sola esclusione del peccato di adulterio. Perciò nel “Decalogo” aggiornato della Chiesa cattolica il VI comandamento afferma: “non commettere atti impuri”.
Tale divieto è presente anche nell’Antico Testamento sia per l’adulterio sia per ogni “impurità carnale”.
Esodo (20) e Deuteronomio (5) sono concordi: “non commetterai adulterio”. Altri testi, però, ci informano che questa proibizione valeva in modo diverso per l’uomo e per la donna: l’uomo poteva avere relazioni con donne libere (ma non quelle sposate) mentre per la donna era esclusa ogni relazione fuori dal matrimonio.
Il libro del Levitico, nel codice di santità, elenca tutti i peccati carnali che sono meritevoli di morte. Per esempio: “Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte: il loro sangue ricadrà su di loro” (Lv 20,13).
Nel Libro di Tobia (testo contenuto nella Bibbia cristiana: Settanta e Vulgata) ma non accolto nella Bibbia ebraica (Tanakh), redatto nel 200 a. C. circa, è indicata la “fornicazione”: rapporti tra persone libere, non coniugate., e dice: “Guàrdati, o figlio, da ogni sorta di fornicazione” (Tob 4,12).
Tra i peccati di “impurità” l’adulterio è il più grave perché include anche un’ingiustizia nei confronti della persona tradita, cui si è legati col vincolo matrimoniale.
Gesù disse: “Avete inteso che fu detto: ‘Non commettere adulterio’; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5,27-28)”.
Dal Vangelo di Matteo “Dio vuole che l’uomo e la donna restino fedeli l’uno all’altra per sempre”: significa non tradire a chi hai detto di amare" (19, 8.
L’attuale sesto comandamento: “non commettere atti impuri”, ha lo scopo di proteggere l’istituto matrimoniale e la famiglia, ma il senso profondo del comandamento è proteggere l’amore e soprattutto una qualità dell’amore: la fedeltà, ormai fuori moda.
Questo precetto del Decalogo si deve considerare come un contenitore della sessualità in generale, non solo a livello genitale ed erotico ma anche nell’ambito dell’amore ablativo, dell’agape come dono di sé per l’altro.
Non bisogna mai dimenticare che uomini e donne sono persone e non cose o corpi da usare.
Il commento forse più bello a questo comandamento lo hanno scritto nel Talmud.
Nella lingua ebraica “Talmud” significa “insegnamento”, “istruzione”. E’ una raccolta di discussioni avvenute nei secoli tra i sapienti (Chakhamim) e i maestri (rabbanim) circa i significati e le applicazioni dei passi della Torah scritta e si articola in due livelli:
la Mishnah, che raccoglie le discussioni dei maestri più antichi fino al II sec. d. C.;
la Ghemara, redatta tra il II e il V sec. d. C., con commenti della Mishnah.
Il Talmud viene distinto in “Talmud di Gerusalemme o gerosolimitano”, che è il più antico, e Talmud babilonese.
Nella pagina 79 del Talmud di Gerusalemme si legge:
“State molto attenti a far piangere una
donna,
che poi Dio conta le sue lacrime!
La donna e' uscita dalla costola
dell'uomo,
non dai piedi perche' dovesse essere
pestata,
non dalla testa per essere superiore,
ma dal fianco per essere uguale....
un po’ più in basso del braccio per essere
protetta,
e dal lato del cuore per essere amata...."
Sono versi poetici e sempre attuali. Ma quelle parole non rispecchiano la reale condizione della donna nella società palestinese al tempo di Gesù.
Lo storico e romanziere francese Henri Petiot, detto Daniel-Rops (1901 – 1965), nel suo libro titolato “La vita quotidiana in Palestina la tempo di Gesù” scrisse che “La sposa a quel tempo era considerata una propaggine del marito: secondo la Legge, infatti, la moglie di uno schiavo era venduta insieme a lui. La moglie doveva al marito una fedeltà assoluta, senza poter esigere altrettanto. Lo sposo aveva il diritto di ripudiarla senza la minima difficoltà. La posizione che la società riconosceva alla donna era, da qualsiasi punto di vista, inferiore.
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