Lo chiamavano il Mazinga. Basso, tarchiato, dal petto villoso. Amava vestire con una camicia aperta sul petto in stile anni '80 con tutto il pelo al vento. Tra i riccioli scuri del vello scintillava un medaglione d'oro a forma di "Z". Avrebbero potuto chiamarlo Zorro se non fosse per un suo talento naturale: Mazinga era capace di scolarsi 3 lattine di birra doppio malto tutte d'un fiato. Quando si cimentava in questo suo grande talento, rivoletti di birra bionda gli scivolavano sul petto disegnandogli tra i riccioli del vello scanalature umide che assomigliavano al boomerang del grande mazinga Zeta.
Il torace ampio e la pancia rigonfia gli donavano una aspetto rotondo, quasi regale e non privo di eleganza. Gli occhi scuri brillavano di un'intelligenza ferina, le lunghe ciglia ammagliavano le donne che sapevano apprezzare la sua rude presenza.
La sintonia che aveva con i derivati del luppolo non erano il suo unico talento, Mazinga aveva anche un dono speciale, emanava un feromone particolare capace di oltrepassare la barriera encefalica, come una sostanza stupefacente con l'effetto di far dire la verità a chi era al suo cospetto. Purtroppo il feromone non essudava per sua volontà ma sembrava interagire con le ghiandole sudoripare in situazioni di stress o di gran caldo, Mazinga sudava, inzuppava la camicia cachi e chi era con lui, all'improvviso diceva la verità.
Un dono incredibile per chi avesse l'ingegno di metterlo a profitto. Mazinga però era troppo ingenuo o disinteressato per sfruttarlo a dovere. Così viveva la sua vita senza troppe preoccupazioni e lasciando che il suo dono emergesse nelle situazioni più inaspettate.