L’antico pittore greco Zeusi, vissuto nella seconda metà del V secolo a.C., tentò di simboleggiare la la perfetta bellezza femminile immaginando come modella Elena di Troia, delineata dai versi di Omero nell’Iliade. Per raffigurarla, Zeusi avrebbe indotto le cinque più belle vergini della città (Crotone o Agrigento nelle fonti) a permettere ch'egli copiasse di ciascuna ciò che aveva di più bello (Plinio, Nat. hist., XXXV, 64). Egli era convinto che la bellezza perfetta consiste nella compresenza di molte perfezioni particolari.
Per il famoso medico Galeno di Pergamo (129 – 201 d. C.) la bellezza deve accompagnarsi alla buona salute; non la si ottiene con i belletti sul volto e con la tintura dei capelli, ma la si ha se si ha una giusta proporzione naturale tra le varie parti del corpo e armonia del colorito, adeguato alle forme del corpo.
Giovanni Boccaccio nel 1361 scrisse i il “De mulieribus claris”, raccolta di vite di donne illustri e tentò di desumere da queste la bellezza con le varie forme della figura di Elena delineata da Omero.
Circa due secoli dopo un altro scrittore toscano Agnolo Firenzuola (alias Michelangelo da Firenzuola: il cognome deriva dall'omonimo borgo nell’Appennino tosco-romagnolo), nel 1541 pubblicò il “Dialogo delle bellezze delle donne, intitolato Celso”, dedicato “Alle nobili e belle donne pratesi”. Nell’ameno sfondo del paesaggio toscano alcune dame s’intrattengono e consultano sulle grazie femminili messere Celso Selvaggio, un letterato giudizioso che non disdegnava di ammirare.
Quel Celso Selvaggio ovviamente cela lo stesso Agnolo Firenzuola che di donne ne conobbe molte, fu amico di Pietro Aretino ed anche monaco vallombrosano. Il 4 maggio 1526 ottenne la dispensa dai voti professati (non si sa per quale ragione), pur conservando, per concessione particolare del papa Clemente VII, i benefici di cui era titolare e restando in seno alla Chiesa come chierico secolare.