Il sostantivo “apparenza” allude a ciò che appare, che si mostra alla vista: l’aspetto fisico, il comportamento esteriore, ecc..
L’apparenza si contrappone alla “sostanza” (dal latino substantia = ciò che sta sotto), a ciò che è in realtà, che spesso non si vede.
Un proverbio afferma che “l’apparenza inganna”.
Nell'epoca contemporanea l'apparire ha una valenza maggiore dell'essere. Per esempio la moda dei tatuaggi, che imperversa da diversi anni nelle ultime generazioni, ne è un esempio eclatante.
Essere è l'identità della persona, la sua unicità, la sua intima natura, ciò che è; apparire, invece, è mostrarsi, sembrare.
Vivendo di relazioni sociali anche l'apparire diventa una manifestazione necessaria. Viviamo in una società in cui conta più l'apparire rispetto all'essere.
La nostra è una società che fa riferimento ad immagini-idolo, una cultura fatta di modelli ed icone generati dalla pubblicità, dallo spettacolo, dalla televisione.
Apparire significa mostrarsi agli altri e, dunque, essere accettati, ammessi, legittimati al bisogno d'amore, di amicizia. Inseriti in un determinato contesto, ci assegniamo una "maschera", obbligandoci a muoverci secondo schemi ben definiti che accettiamo per convenienza senza avere mai il coraggio di rifiutarli, anche quando contrastano con la nostra natura.