Nel ‘700 e nell’800 il francese era la lingua più conosciuta e parlata in Europa dalle persone colte. Era diffusa come attualmente lo è lingua inglese. Perciò Giacomo Casanova per poter dare la massima diffusione ad alcuni suoi elaborati, li scrisse in lingua francese, come la sua autobiografia: “Histoire de ma vie” (= Storia della mia vita) ed il romanzo “Icosameron”, in cinque volumi, nei quali descrive un viaggio immaginario di due giovani inglesi, Edward ed Elizabeth, al centro della Terra, dove c'è il Paradiso Terrestre. Questo romanzo lo fece stampare nel 1788 a sue spese, non ebbe successo sia per l'eccessiva lunghezza (1.800 pagine) sia per le noiose descrizioni di ambienti e rituali con molte digressioni.
“Icosameron”. Cos'è ? Sembra un nome fantasioso, invece è un lemma in lingua greca, significa “venti giornate”. La parola è composta dal prefisso numerico “icosa” (= 20) + “iméres” (giornata).
Anche Giovanni Boccaccio scelse la parola greca “Decameron” (= 10 giornate) per titolare la sua raccolta di novelle.
Idem Margherita di Valois (regina di Navarra e sorella di Francesco I, re di Francia): progettò una “cornice narrativa” basata sul modello del “Decameron”, con cento racconti narrati in dieci giorni, ma la morte le impedì di portare a compimento l’opera. La raccolta di 72 racconti fu titolata “Heptaméron”, parola composta da “hepta” (= sette) + “hemera” (= giorno).
Invece lo scrittore e novellista Tommaso Guardati, detto “Masuccio Salernitano” (1410 circa – 1475), preferì non andare oltre cinque giornate (“pentameron”) per i suoi cinquanta racconti satirici e grotteschi, anticlericali, raccolti col titolo “Novellino”.
A differenza di Giacomo Casanova, un altro italiano, Alessandro Manzoni, scelse la lingua italiana per scrivere i suoi capolavori.
Dopo l’uscita della prima edizione dei “Promessi Sposi”, insoddisfatto della sua opera dal punto di vista linguistico, decise nel 1827 di trasferirsi per alcune settimane a Firenze con la propria famiglia per studiare la lingua locale e correggere il suo romanzo. Per dargli una forma più colloquiale e meno letteraria, aulica
Soggiornò nell’Hotel delle Quattro Nazioni dal 29 agosto all’1 ottobre. L’albergo è prospiciente il corso del fiume Arno, perciò Manzoni riferendosi a questo fiume scrisse la famosa frase “nelle cui acque risciacquai i miei cenci”.
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Questo scrittore voleva che il suo romanzo fosse destinato ad un vasto pubblico, perciò era necessario l’utilizzo della lingua scritta la più vicina possibile a quella parlata. In quel tempo la penisola italiana era divisa in numerosi Stati indipendenti, ognuno con la propria “parlatura”.