Janette si sedette sulla panchina in mezzo al piccolo parco cittadino. Le tremavano le gambe, ma non era spaventata.
Era incredula.
Lei si sentiva esattamente come mezz’ora prima. Perfettamente in salute, perfettamente viva.
Il profumo nell’aria era primaverile e dolce di fragranze appena sbocciate.
I bambini giocavano e ridevano sotto gli sguardi attenti delle mamme nel prato fiorito di margheritine.
Tutto come mezz’ora prima.
Il mondo non era cambiato.
Lei sì.
Rivide l’infermiera che l’aveva guardata in modo sfuggente e aveva abbassato gli occhi. L’aveva poi rialzati e le aveva detto con voce falsamente sicura:”Il dottore le vuole parlare, ma non si preoccupi, è la prassi.”
La poverina non voleva avere la responsabilità di farle capire quanto avrebbe saputo da lì a poco.
“Sì, ho capito, ma piccolo quanto? – chiese al medico ed egli di dilungò in statistiche rassicuranti, prima di affrontare il discorso reale. Intervento, chemio, controlli trimestrali ecc.
Janette non lo ascoltò con molta attenzione, sapeva già quasi tutto per le esperienze avute da amiche ed era troppo confusa e sbigottita.
Seduta su quella panchina cercava di considerare tutti gli aspetti della vita che l’aspettava, ma il sentimento predominante era lo stupore. Aveva fatto la mammografia come consigliato dalla prevenzione ma recandosi a prendere la risposta si sentiva sicura. Non aveva considerato che tutte le volte che si va dal medico il responso è un sì o un no.
Questa volta era stato un sì.
“Dunque è così che si inizia a morire, senza un avviso, senza un sintomo…ma che differenza farebbe poi. E’ da quando nasciamo che lo sappiamo, solo che è sempre una sorpresa, sembra che a noi non debba mai capitare.
Osservò una farfalla che volava alla ricerca di un fiore su cui posarsi e poi rinunciò volando via.
Stranamente la farfalla le sembrò stupenda e tutto ciò che aveva davanti agli occhi assunse il vestito della meraviglia, come di ciò che si vede per l’ultima volta, e si ama come se fosse la prima.
Pensò poi alla famiglia: come doveva dare la notizia?
Suo marito aveva sempre detto di voler morire per primo, non poteva pensare di sprofondare nella vecchiaia , solo e alla deriva. Avrebbe dovuto sostenerlo.
Sua figlia era terrorizzata dalle malattie e stava allattando il bimbo appena nato. Una notizia così avrebbe nuociuto persino all’equilibrio del bimbo.
Suo figlio, tipo taciturno che nascondeva sempre le sue emozioni, poteva sembrare un duro: in realtà era il più sensibile ed era quello da proteggere maggiormente.
Janette pensò a quelli che davanti ad una diagnosi così avevano preferito accorciare il percorso e considerò per la prima volta che forse non avevano avuto torto: che senso aveva combattere una battaglia persa in partenza?
Si trovò a pensare di buttarsi sotto un’auto, ma avrebbe messo nei guai l’automobilista. Prendere barbiturici? Già, ma chi glieli avrebbe dati?
Buttarsi da un ponte? E la sua famiglia cosa avrebbe pensato? Di certo che era impazzita , ma non voleva lasciare un ricordo così deleterio che inoltre poteva essere letto come un messaggio di sfiducia verso coloro che non se lo meritavano davvero.
Le si assemblava nella mente tutto l’iter che l’aspettava, poco tempo da vivere e speso tutto in file negli ambulatori. Che fregatura!
Ma non si potrebbe andarsene , punto e basta?
Sapeva anche come avrebbero reagito i conoscenti e gli amici: dapprima avrebbero telefonato con affetto e gentilezza , poi avrebbero smesso senza volerlo perché non c’è nessun discorso che si possa inoltrare con chi ha un contratto a termine, o quanto meno diventa imbarazzante anche dire “ oggi è una giornata splendida” perché all’ammalato non appartiene più un presente.
Diversamente far finta che ci siano anni e anni ancora da vivere può sembrare offensivo o stupido, per cui non sapendo come comportarsi, le persone si sarebbero rivolte prevalentemente a familiari, escludendola innocentemente dalla loro vita.
Qualcuno, sì, sarebbe venuto a trovarla, fino all’ultimo, mormorando dietro la porta chiusa un sincero: “ Dio mio, in che stato si è ridotta!”
Le pareva di sapere tutto ciò che sarebbe accaduto, come un film visto e stravisto, ma avrebbe dovuto recitare la sua parte sino in fondo, come tutti. Questa volta era toccato a lei, ma meglio a lei che a qualcuno dei suoi cari.
La cosa che la preoccupava maggiormente , era dare questo dolore alla sua famiglia.
“Ca…, non credevo che ci si dovesse sentire responsabili anche della propria morte!”
Guardò una nuvola passare e istintivamente cercò Dio nel cielo: “ Va bene ragazzo, hai dato le carte, vedrò di giocarle al meglio, anche se non sono mai stata capace di barare. E poi il Dottore ha parlato di percentuali, non ricordo con quali numeri, ma può darsi che mi tocchi quella buona.
Forse addirittura il 50% di possibilità di guarigione: come dire il negativismo positivo che è fratello delle famose divergenze parallele.
Continuavano a tremarle le gambe e non si azzardava ad avviarsi verso casa, mentre lasciava che i pensieri da forme sfuse si tramutassero in coerenti.
Fu guardando una mamma che soccorreva il bimbo caduto e piangente che ebbe la sua risposta.
La morte è pagata con l’amore.
Non si ama in modo così assoluto e totale, se non quando si sta per perdere la persona amata.
Sarebbe stata amata dunque come non mai ed avrebbe amato in modo altrettanto feroce.
Questa moneta di scambio le parve l’unico peso sensato e consolatorio da mettere sul piatto della bilancia e l’unica giustificazione che potesse avere la morte.
Tutto il resto diventò sfuocato come una vecchia storia che non può essere cambiata ma solo accettata.
Janette si alzò, si diresse verso casa, doveva preparare il pranzo.
Un futuro probabilmente a termine, ma per ora doveva continuare a vivere.