Il 19 aprile del 1470 il pontefice Paolo II con la bolla “Ineffabili providentia” stabilì che si celebrasse un Giubileo ogni 25 anni, considerando la brevità della vita umana e la debolezza verso il peccato.
Il 26 marzo del 1472 il papa Sisto IV con la bolla “Salvator noster” indisse il settimo Giubileo, che venne celebrato nel 1475. Per quell’evento fece costruire nel Vaticano la Cappella Sistina, stabilì sanzioni per gli speculatori e fece sistemare alcune strade percorse dai pellegrini.
Iniziò anche l’uso di denominare “anno santo” il Giubileo “, sia perché viene iniziato e concluso con riti sacri sia perché indetto per consolidare la fede e indurre le persone alla solidarietà.
Per quel Giubileo c’era anche il problema di dare alla “Città santa” una parvenza di castità “nascondendo” le tante meretrici. Ma non fu possibile impedire ai “pellegrini – turisti” un “servizio pubblico” essenziale. “C’è chi pecca per la paga e chi paga per peccare” scrisse Teresa d’Avila (1515 – 1582) con riferimento al meretricio.
In quel tempo le meretrici erano dette “cortigiane.
Dal censimento ordinato dal pontefice Innocenzo VIII nel 1490 risulta che a Roma abitavano circa 50 mila persone e le cortigiane a Roma erano 6.800, “senza contare le concubine e le donne che esercitano segretamente la professione nelle case private”, secondo il cronista dell’epoca Stefano Infessura.
Con lo stesso censimento le cortigiane vennero divise in 4 categorie di rango crescente:
1. cortigiane; 2. cortigiane puttane; 3. cortigiane da lume di candela; 4. cortigiane oneste (quelle di alto bordo). Oneste ? Meglio dire inserite nelle corti nobiliari o mantenute da vescovi o cardinali. Ai dati statistici c’è da aggiungere la pletora di protettori, locandieri, osti e ostesse che favorivano la prostituzione.
La suddivisione in categorie era fatta in base a criteri selettivi di due tipi: bellezza e giovinezza, cultura e capacità di intrattenimento. Perciò al massimo livello c’è la “cortigiana onesta”, perché si attribuiva alla bellezza unita alla cultura un’onestà estetica.
Una delle “cortigiane oneste” più famose all’inizio del ‘500 fu la bella Lucrezia Corgnati, conosciuta come “Imperia la divina”, nata a a Roma il 3 agosto 1481 da Diana Corgnati, una cortigiana di basso rango; suo padre, Paris de Grassis, era maestro di cerimonie della corte pontificia.
La ragazza ebbe precettori, e nel 1497, all’età di 16 anni, Lucrezia fu “iniziata” a frequentare i “salotti” aristocratici. Cambiò il nome come imponeva la “professione” adottando quello di Imperia.
Cultura e raffinatezza le assicurarono una clientela eccellente, dal bibliotecaro del papa, Tommaso Inghirami, simbolo dell' eleganza, ai canonici di San Pietro; dal poeta licenzioso Bernardino Cappella al cardinale vescovo Giacomo Sadoleto e all' umanista Angelo Colocci, che le regalò una statuina d' oro raffigurante Venere. Ed è così che nacque il suo soprannome di “Imperia”, la Divina, che riuscì ad arricchirsi e ad acquistare una palazzina in via Giulia. Nel suo “salotto” ospitava aristocratici, letterati, alti prelati. “Numerosi cardinali si contendevano le sue grazie", secondo l' ambasciatore estense in una lettera del 17 giugno 1506 al duca Alfonso d’Este.
Dal 1508 Imperia fu l’amante del ricco banchiere Agostino Chigi, ma era unita sentimentalmente al patrizio romano Angelo del Bufalo, noto per il suo fascino e la sua bellezza, capace di sedurre le donne, nonostante la sua modesta ricchezza. Imperia conobbe Angelo durante un ballo nella romana dimora chigiana nota come “Villa Farnesina”, decorata da artisti come il Perugino, Sebastiano del Piombo, Baldassarre Peruzzi, Giovanni da Udine, Giulio Romano, il Sodoma e Raffaello.
Raffaello Sanzio nelle logge della Villa Farnesina raffigurò Imperia sia nell’affresco dedicato ad “Amore e Psiche” sia nel “Trionfo di Galatea”.
Imperia era il personaggio femminile più famoso della "dolce vita" romana di quegli anni, ma non felice. Fu coinvolta dalla depressione (perché Agostino Chigi conobbe un’altra ragazza, intenzionato a sposarla) e il 13 agosto 1512 si avvelenò. Intervennero due medici per tentare di salvarla, ma inutilmente. Agonizzò per due giorni e due notti tra atroci sofferenze. Morì il 15 agosto all’età di 31 anni, lasciando una figlia piccola, ospitata in un convento di suore.
Papa Giulio II le accordò la benedizione e l’assoluzione di tutti i peccati, consentì la sua sepoltura in una cappella nella chiesa di San Gregorio al Celio.
Il banchiere Agostino Chigi le fece fare un monumento funebre.
Dopo la sua morte furono numerosi gli epigrammi scritti a sua gloria.
Un secolo dopo al suo posto nel monumento funebre venne sepolto Lello Guidiccioni, un canonico della basilica di Santa Maria Maggiore, all’Esquilino. E i resti di Imperia, la divina cortigiana furono dispersi.