Atterro a Tenerife e già mi sento in vacanza, mi guardo intorno fra i marmi dell'aeroporto per cercare di vedere Dario, il mio figliolo che è qui per lavoro. Salta fuori all'improvviso e mi abbraccia da dietro, sollevandomi da terra. Già, dei miei figli è il più allegro, estroverso e giocherellone.
L'occasione mi servirà anche per cercare quel modello di vita sostenibile che rincorro da tanti anni. Ho letto, mi sono informata un po' sulla storia, la geografia e le abitudini della gente del posto, e ora ci siamo, sono qui.
L'isola è piuttosto variegata, un pout pourri di stili architettonici e paesaggi lunari che si alternano a zone boschive. Il Nord mantiene le sue caratteristiche architettoniche, le case con i balconi di legno, i cortili andalusi con patio e fontana e le chiese e le piazze hanno uno stile tipico, spagnolo e un po' moresco, con un pizzico di nord Europa, mentre il sud, molto più aspro e un tempo poco abitato, è un mix quasi incredibile creato dalla moltitudine di gente che negli ultimi vent'anni si è riversata qui. Dal pensionato all'imprenditore, dall'Inghilterra all'Italia sono tanti, e tanti continuano a sbarcare attratti dal buon clima e da una tassazione al minimo. Gli Inglesi per esempio hanno costruito interi paesi lungo la costa sud che si riempiono in inverno, mentre i Russi sbarcano in alberghi cinque stelle e preferiscono lo shopping in negozi di lusso. Poi lavoratori cubani e sudamericani. E gli Italiani? ITALIANOS FUERA dice la scritta sul muro. Abbiamo fama di truffatori e traffichini, palazzinari ed evasori fiscali. Siamo quelli che parcheggiano nel posto dei disabili, che spengono le sigarette nella sabbia, che buttano le carte per terra. Ancora una volta mi rattrista constatare che la cattiva fama che ci precede in parecchie parti del mondo e che viene confermata da pochi elementi,è sufficiente a fare di tutt'erba un fascio. Un po' come facciamo noi quando parliamo di Rumeni, Senegalesi, Rom.
