A quanto pare un leggero venticello c'è: sempre meglio delle ultime due notti, calde, asfissianti.
Distesi a terra su un piumone, io e lui ridacchiamo, consapevoli che ci aspettano solo poche ore di riposo; lui s'addormenta quasi subito, io resto a guardarlo ancora un po'.
Poi scivolo in un sonno molto strano: ho caldo, le palpebre chiuse, sto dormendo, ma a differenza delle altre volte ne sono consapevole. Si chiamano sogni lucidi, ho letto una volta: posso manipolare il mio sogno.
Entusiasta, comincio a passeggiare a piedi nudi su uno sfondo bianco, ma sento che è tiepido, così dico alla me che dorme di girarsi.
Adesso c'è abbastanza fresco.
Mi guardo attorno alla ricerca di qualcosa o di qualcuno, dal nulla mi trovo davanti una nube.
《Tu saresti la rabbia, giusto?》 Le dico puntandole contro un dito accusatore.
La nube non risponde, si limita ad allargarsi e rimpicciolirsi, con i suoi bordi gassosi.
《Tra tanti sentimenti, proprio tu mi dovevi capitare》alzo le spalle, tranquilla.
Mi siedo a gambe incrociate, mentre la nube diventa una sorta di schermo, dove vedo un'ennesima me, litigare, urlare, piangere.
《Vorrei delle patatine》dico, ma non compaiono.
Sono delusa: sto ripercorrendo la rabbia che ho dentro, almeno vorrei sgranocchiare qualcosa.
Più le immagini scorrono davanti a me, più sento di far pace con ognuna di quelle situazioni, con quelle persone, con le incertezze.
《Ehi.》
La voce alle mie spalle è familiare.
Mi giro il più velocemente possibile, con il cuore che mi martella nel petto, sbatto le palpebre eppure non ti vedo, non ti sento. Muovo le labbra per dire il tuo nome, ma non riesco a prinunciarlo.
A questo punto mi arrabbio con me perché non sono in grado di controllare un bel niente, con te, perché sei sparito.
Guardo la nube con aria di sfida.
《Fammelo vedere》subilo fra i denti.
Nessuna risposta. Mi si chiudono gli occhi come se non dormissi da cent'anni.
Li spalanco all'improvviso, mi tiro su a sedere e mi tocco le gambe: sono sveglia.
Guardo lui, il suo respiro irregolare, il suo pugno che mi stringe il dito mentre dorme, come fanno i bambini.
Sono decisamente sveglia.
《Eri tu, vero?》
Domando alle pareti della cucina. Nessuna risposta.
Bacio lui sulla nuca, profumata di shampoo e mista alla salinità del sudore. Mi distendo, ma non ho sonno.
Non dormo più.