Quante volte avete sentito dire che gli Arabi hanno apportato grandiose novità ai popoli conquistati, a partire dal 622 d.C.?
Spesso, immaginiamo.
Alcune visioni romanticistiche ottocentesche ci narrano, ad esempio, di una Sicilia completamente rinnovata dai conquistatori arabo/berberi, di campi che producevano "oro verde che sgorgava dalla terra", di tolleranza, di rispetto per le tradizioni degli autoctoni sottomessi, di integrazione...
Ma è davvero così?
No.
La storia va giudicata dalle fonti primarie o comunque per mano di autori vissuti nello stesso contesto storico/geografico. Non ci si può basare su fantasiose interpretazioni volte a denigrare avversari politico/religiosi come quelle di qualche autore ottocentesco.
Dunque, sappiamo che gli Arabi in realtà erano non solo "Arabi", ma soprattutto in Nordafrica, dopo aver sconfitto a più riprese i berberi e i bizantini, integrarono i primi nei loro eserciti. Una possibile spiegazione del come gli Arabi siano riusciti ad integrare così facilmente le popolazioni berbere si può ritrovare nel fatto che entrambi erano popoli nomadi e abituati a vivere nei deserti(Sahara e Arabico, ndr), con alcuni tratti comuni nella cultura, anche se non tanto nella genetica, essendo i Berberi una popolazione prettamente indoeuropea.
In ogni caso, il Nordafrica da allora è cambiato molto ed in 1400 anni tantissimi Berberi si sono mescolati con gli Arabi, anche se non mancano oggigiorno associazioni culturali et similia volte a riscoprire ed a conservare la cultura berbera, le tradizioni e quant'altro.
Gli Arabi, dopo aver conquistato tutto il Nordafrica, volsero velocemente lo sguardo alla penisola iberica, da duecento anni sotto dominio Visigoto, anche se va specificato che i Visigoti erano una minoranza rispetto alla popolazione ibero-latina.
La furbizia e la scaltrezza araba si vide nella determinazione con la quale furono capaci di intravedere subito i problemi del Regno Visigoto, che era in preda a lotte intestine e divisioni interne. Gli Arabi stessi, desiderando liberarsi di alcuni rivoltosi berberi, mandarono Ta-riq, un ex schiavo berbero, a conquistare la Spagna con poche decine di migliaia di uomini.
Dal 711 al 718 la conquista fu pressoché repentina, anche per il collaborazionismo degli ebrei (perseguitati spesso in Spagna) e di qualche traditore Visigoto, oltre alla politica bizantina in Spagna che s'era lasciata corrompere dall'oro visigoto qualche decennio prima.
Non bisogna pensare comunque che la popolazione autoctona fosse felice di sottostare al dominio dei nuovi arrivati: subito la resistenza si organizzò sulle Asturie, rilievi montuosi a nord della penisola, dove si rifugiarono parecchi esuli cristiani, sia visigoti che latino-iberici.
Ci volle comunque più di due secoli perché la "Reconquista" iniziasse ad ingranare, facilitata anche dai vari regni arabo/berberi in lotta tra di loro nella penisola.
In ogni caso, mentre i ribelli cristiani vivevano a Nord della Spagna, nel frattempo, dalle coste della Tunisia, erano già iniziati attacchi e scorrerie piratesche ai danni della Sicilia. Bisognerà attendere però l'827 perché si assista al primo vero sbarco volto a conquistare l'isola.
Si narra che Eufemio, un membro della nobiltà bizantina, avesse chiesto aiuto agli Arabi per scacciare il dominio bizantino dall'isola, liberandola.
Checché vi siano propagande arabofile volte a dimostrare la "corruzione" bizantina e l'eccessiva tassazione che il Basileus, da Costantinopoli, imponesse alle province, sappiamo in realtà che la Sicilia aveva goduto di una posizione privilegiata dopo la cacciata dei Vandali, aveva un'agricoltura florida ed era protetta dal mare dalle scorrerie Longobarde che invece avevano imperversato nella penisola per i primi 30-35 anni del loro dominio in Italia.
Lo sbarco avvenne a Mazara del Vallo, a sud ovest.
Chi si convertiva all'Islam poteva mantenere i suoi ruoli e anche accedere a posizioni di prestigio, ma chi non lo faceva?
Qui bisogna dimenticare un attimo i fantasiosi miti della "tolleranza" spesso entrata nell'immaginario collettivo.
Il dominio arabo-islamico in Sicilia non fu più tollerante di altri popoli che a quei tempi si insediavano con la forza in altri territori come èlites comandanti/dominatrici.
Per i cristiani/ebrei erano disposti tutta una serie di obblighi e divieti ai quali dovevano sottostare, estrapolati dall'aman di Omar, il famoso califfo che nel 642 diede fuoco alla magnifica biblioteca di Alessandria d'Egitto, contenitore di tutta la sapienza del mondo classico greco-romano-egiziano(uno dei più grandi crimini contro l'umanità e la cultura),ma per garantirsi certi limitati diritti dovevano pagare la jizya, e se proprietari di fondi la khàrag, una sorta di sovraimposta sugli immobili che i musulmani invece non erano tenuti a pagare.
L'elenco dell'aman indicava diciassette divieti estremamente pesanti e in qualche caso pure umilianti. Fra questi divieti, a parte quelli di manifestare e praticare in pubblico la propria fede e di costruzione o riparazione di edifici di culto(Chiese), ve n'erano alcuni che incidevano sulla vita privata dei singoli.
C'era fra questi l'obbligo di ospitare un musulmano nella propria dimora, quella di cedere i posti a sedere ai musulmani, di non utilizzare selle per le cavalcature o di non costruire edifici che fossero più alti di quelli dei musulmani. Ma c'erano anche imposizioni umilianti come quello di portare segni distintivi per distinguersi dai musulmani; tipico segno distintivo era, ad esempio, l'obbligo di rasarsi la parte anteriore della testa. Questi divieti che, in ogni caso non furono sempre applicati rigidamente e con fermezza, e la pesantezza delle imposte applicate, furono lo strumento che consentì di attuare una rapida islamizzazione dell'isola, fatto a cui gli stessi governanti musulmani cercarono di porre un freno per ragioni economiche. Le conversioni facevano venir meno le ingenti risorse provenienti dalle imposte cui erano sottoposti i dhimmi (cristiani/ebrei)-
Inoltre gli arabo/berberi disboscarono molte foreste della Sicilia per ottenere il legno per le loro navi, dato che in Nordafrica ve ne erano ben pochi, e disincentivarono la coltivazione dell'ulivo.
In questo clima, vessati com'erano, è logico supporre che gli autoctoni avessero dato un grande apporto alla liberazione della Sicilia quando arrivarono i Normanni. Essi erano un gruppo poco numeroso, un ristretto ceppo di guerrieri mercenari con al seguito le loro famiglie.
Il dominio arabo-islamico dell'Iberia e della Sicilia (con Malta e le isole minori) fu breve per la Sicilia, più lungo per la penisola Iberica con strascichi di quasi otto secoli nell'attuale regione dell'Andalusia.
Fu fondamentale l'arrivo dei normanni, per alcuni punti specifici: il ritorno della Sicilia nell'alveo europeo, la formazione di un regno medievale di grande prestigio, la nascita della nazione siciliana, la progressiva eliminazione dell'elemento allogeno, ed infine, di non minore importanza, il riavvicinamento repentino col mondo latino pur non trascurando affatto l'altra base fondamentale della nostra cultura e del nostro sangue cioè la millenaria esperienza col mondo greco.