Nel precedente post ho citato il poeta e scrittore Cesare Pavese che si suicidò nel mese di agosto di 66 anni fa. Egli pensò spesso al suicidio per il continuo ed insoddisfatto bisogno di amore, per l’infelicità affettiva, ma anche come gesto eroico, distruttivo.
Il sociologo Émile Durkheim (1858 – 1917) classificò quattro tipi di suicidio: egoistico, altruistico, fatalista ed anomico.
Il suicidio egoistico è motivato, secondo Durkheim, dalla carenza di integrazione sociale. Pur sembrando in apparenza un atto soggettivo imputabile all’infelicità personale, ci sono anche fattori sociali che influenzano in modo determinante, come la solitudine.
Il suicidio altruistico, in questa tipologia l’individuo si uccide non perché si arroga il diritto di disporre della propria vita ma perché si è condizionati da un imperativo sociale o morale vigente nel contesto sociale, un esempio del passato è quello della vedova indiana che accettava di essere adagiata viva sulla pira funeraria del defunto marito come atto di devozione verso il partner.
Il suicidio fatalistico avviene quando l’individuo pensa che sia l’unica possibilità di fuga da una situazione vissuta come insopportabile, per esempio la schiavitù.
Il suicidio anomico è collegato con le crisi economiche. L’individuo, per esempio un imprenditore, non ha più lavoro ed è costretto a licenziare impiegati ed operai, per disperazione sceglie di suicidarsi.
Anomia è una parola d’origine greca, composta da “a-” (= senza) + “nomos” (= norma) e significa “assenza di norme”, le quali sono necessarie e funzionali alla regolazione del comportamento sociale degli individui, delle organizzazioni e delle istituzioni.
La Chiesa cattolica non accetta il suicidio razionale, comunque discerne sulle cause che possono motivare il tragico gesto. Nei suoi insegnamenti ribadisce la sacralità della vita e considera il suicidio un peccato grave che vanifica il progetto divino sull’uomo, perciò nel passato negava le esequie religiose ai suicidi per dissuadere dal compiere il tragico gesto. Nel nostro tempo, invece, il Vaticano per non rimanere emarginato ha disposto che la Chiesa nella sua funzione pastorale, celebri i funerali religiosi dei suicidi, tenendo conto delle complesse dinamiche psicologiche.
Il Codice di Diritto Canonico indica alcune circostanze in base alle quali un cattolico non può ricevere i funerali in Chiesa. Si tratta, in generale, di quei casi in cui il defunto aveva pubblicamente abbandonato la comunione ecclesiale e di credere in Dio.
Il teologo Hans Küng sostiene che nessun principio e nessun sentire religiosi sono contrari al suicidio e nella Bibbia non c'è un testo che condanni il suicidio.
Nell’Antico Testamento ci sono pagine che evocano gli atti suicidi, per esempio quello del primo re d’Israele, Saul: “Allora Saul prese la spada e vi si gettò sopra” (1 Sam 31,4).
Nel Nuovo Testamento il vangelo di Matteo narra che Giuda Iscariota, uno dei 12 apostoli, tradì Gesù per 30 monete d’argento, poi, pentito si suicidò (26, 14 – 16; 27, 3 – 5).
Per il non credente la vita può essere giudicata solo da chi la vive, e pretende la libertà di rifiutarla, anche se, come dice il filosofo e storico scozzese David Hume (1711 – 1716), non ci sono ragioni obiettive. Nella sua riflessione sul suicidio Hume dice di credere “che nessun uomo abbia mai fatto getto della vita, finché valeva la pena di conservarla. Perché è tale il nostro orrore naturale per la morte, che motivi troppo lievi non potranno mai riconciliarci con essa; e se anche le condizioni di salute o fortuna di un uomo non sembrano richiedere tale rimedio, possiamo essere certi che chi vi abbia fatto ricorso senza ragioni apparenti era affetto da un'incurabile depravazione o tristezza di carattere, che gli avvelenava ogni gioia e lo rendeva infelice come se avesse subito le più gravi disgrazie. Il suicidio non è proibito dalle leggi di natura”.
Il filosofo tedesco Karl Löwith (1896 – 1973) in un suo studio storico-critico del suicidio, scrisse che esiste un solo argomento contro il diritto all'autodistruzione, e questo argomento non è morale, bensì religioso.