Nel precedente post ho scritto che religione e spiritualità sono due cose diverse. La religione induce a credere ad una o più divinità, dà regole e riti per rapportarsi con il dio, invece la spiritualità non ha bisogno di riti, regole, dogmi, ma aiuta l’individuo alla ricerca di un essere supremo, immateriale, non riconducibile ad una religione. Comunque molti seguaci di religioni costituite considerano la spiritualità come un aspetto intrinseco e inscindibile della loro esperienza religiosa.
Ho anche detto che c’è un termine intermedio tra religione e spiritualità, ed è la religiosità, che fa meditare, riflettere l’individuo sul mistero oltre la realtà visibile.
La religiosità sta alla base di ogni esperienza religiosa e di ogni religione, però è necessario distinguere tra la religiosità spirituale e la religiosità popolare, che aborro.
Nel romanzo titolato “Cristo si è fermato ad Eboli” lo scrittore Carlo Levi descrive la sua permanenza al confino per motivi politici ad Aliano ( toponimo che nel libro è modificato in Gagliano), in Basilicata, tra il dicembre del 1943 ed il luglio 1944. Nella prefazione racconta la scoperta di una diversa civiltà, quella dei contadini del sud Italia: “Nel mondo dei contadini non c’è posto per la ragione, per la religione e per la storia. Non c’è posto per la religione, appunto perché tutto partecipa della divinità, perché tutto è, realmente e non simbolicamente, divino, il cielo come gli animali, Cristo come la capra. Tutto è magia naturale. Anche le cerimonie della chiesa diventano dei riti pagani, celebratori della indifferenziata esistenza delle cose, degli infiniti terrestri dèi del villaggio”.
Tra santi taumaturghi e madonne protettrici dei raccolti, filtri, streghe,magie, processioni esuberanti, cupi amori animaleschi ed ossessive presenze di spiriti, angeli e demòni, l’immagine proposta da questo libro rifletteva in maniera emblematica, l’atteggiamento culturale con cui ad essi guardava, e attraverso il quale li giudicava, il colto osservatore nato a Torino e vissuto in diverso ambiente sociale.
La religiosità popolare è caratterizzata da infantilismo, dall’irrazionalità, dall’alone di magia, dal sincretismo, il sacro si confonde con il profano o con il pagano, la fede è condizionata dai bisogni materiali per l’esistenza e l’insegnamento è alterato.
Lo storico Danilo Zardin, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, nel suo saggio “La religione ‘popolare’: interpretazioni storiografiche e ipotesi di ricerca”, afferma che: “… la religione popolare appare quasi condannata a riprodursi in maniera meccanica, senza farsi scalfire in profondità dagli sviluppi della dottrina, dall’ammodernamento delle istituzioni e delle loro norme prescrittive, dall’influsso delle cicliche ondate di cristianizzazione controllate dalla gerarchia ecclesiastica: cambiano le forme esteriori, cambia magari la scenografia teatrale della pietà collettiva, ma la sostanza si perpetua inesorabilmente nel tempo.
Dietro il volto dei santi e delle Madonne invocati come taumaturghi e patroni potenti riemergono, se si va a scavare a fondo, con intenzione di demistificare, i volti delle antiche divinità precristiane. Il calendario mantiene fermo il primato delle feste ereditate dal più remoto passato. La geografia dei luoghi di culto e degli spazi sacri, che marcano la gerarchia differenziata dell’ambiente e aprono canali privilegiati cedendo all’irruzione divina nelle pieghe della vicenda umana (sorgenti, fontane, alberi magici, forze vitali della natura feconda, il territorio liminale del saltus che resiste all’espansione colonizzatrice della cultura civile e dell’ager), si oppone, allo stesso modo, con tutto il retaggio dei suoi santuari extraparrocchiali, i suoi segni figurativi e i suoi rituali dotati di più tenace capacità di attrazione, al ricambio delle credenze ufficiali, allo sforzo di riadattamento e di riconversione pedagogica delle forme religiose tradizionaliste promosso dagli interpreti accreditati della religione ‘prescritta’”.
Lo sfondo antropologico-folclorico della religione popolare è un sistema coerente, efficiente, che si riproduce nei secoli o cambia secondo una sua riconoscibile logica in un continuum culturale, da cui non è facile isolare ed eliminare la superstizione, le forme magiche deteriori.