Per tutti gli appassionati di Zombie che non disdegnano la lettura, un ebook da non perdere.
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Una pigra pioggerellina picchiettava sulla superficie della balestra come tante dita su di un pianoforte scordato. L’acqua cadendo produceva un’alienante sinfonia cacofonica, che però non sembrava disturbare l’occhio attento del tiratore. I suoi muscoli erano tesi nello sforzo di mantenere l’arma perfettamente allineata al bersaglio, il respiro era calmo, regolare, la sua mente concentrata. Le gocce di pioggia gli ruscellavano sul viso rendendogli ancor più difficile stimare la distanza dal bersaglio. Il tiratore alzò di un poco l’inclinazione della sua arma per compensare la traiettoria in caduta che avrebbe seguito il dardo di acciaio. Valutò l’effetto lenitivo che avrebbe avuto l’acqua sulla corda della balestra e sul proiettile in partenza. Poi la tacca fosforescente del suo mirino si stabilizzò, inquadrando un punto di riferimento preciso, un ciuffo di capelli sudici che svettavano sopra la testa del suo bersaglio. Il respiro a quel punto rallentò fino a fermarsi del tutto. L'uomo si immerse in una breve apnea. La falange del suo dito indice aumentò gradualmente la pressione sulla leva del grilletto. Oramai era tutto pronto, era pronto a colpire, era solo questione di attimi, il tempo di un respiro e tutto avrebbe avuto fine, o per meglio dire, tutto avrebbe avuto inizio.
Il cecchino aveva un unico colpo a disposizione, ed era consapevole che un errore poteva significare la fine della loro missione, o peggio ancora, poteva significare una morte orribile per tutti loro. Non gli era concessa una seconda chance, non in quell’occasione per lo meno. Tutti loro avevano bisogno di un lavoro preciso e pulito, fatto a regola d’arte e soprattutto svolto nel massimo silenzio. Il silenzio doveva portare la morte rapidamente e senza sbavature. Il tiratore doveva chiamarsi “morte” e la morte doveva chiamarsi “silenzio”.
Una goccia di tiepido sudore gli scese dalla fronte finendo coll’alimentare i rivoli di acqua piovana che gli rigavano il viso. Un attimo dopo il colpo partì. Il cecchino fece scattare la leva di sparo della balestra. Con un fischio secco l’archetto e la corda dell’arma da tiro liberarono in un attimo tutta l’energia rimasta imprigionata nell’arma. Il dardo saettò, come un micidiale proiettile piumato verso il bersaglio. Una via lattea di piccole goccioline d’acqua si sollevò dalla balestra fradicia, accompagnando la traiettoria mortale della freccia come fosse il pulviscolo luminoso di una cometa. La punta d’acciaio balenò di luce per un solo istante prima di conficcarsi con un suono rivoltante nel cranio del non morto.
Lo zombi, assorbito il contraccolpo, girò i suoi occhi vitrei e privi di espressione verso quell’intruso piumato che aveva destato la sua veglia e che ora gli faceva capolino dal lato sinistro del cranio. Le sue labbra rigonfie si piegarono in una smorfia sconnessa, mista di curiosità infantile e di odio primordiale. Le zanne sporche di fango si aprirono un’unica volta, schioccando, dopodiché la sua non vita si spense per sempre. La forza che lo aveva sorretto fino a quel momento sparì di colpo come se qualcuno avesse deciso di spegnere all’improvviso l’interruttore di quel terribile automa. Il suo corpo cadde a peso morto in una pozzanghera, sollevando schizzi di acqua e fango contro la vetrata del centro commerciale. La pioggia per fortuna aveva attutito, quasi foderandoli di ovatta, tutti i rumori prodotti da quella breve scaramuccia. Tutto era avvenuto nel più assoluto silenzio. Il delitto perfetto pensò X, alzando la testa dall’arma ormai scarica. Qualcuno gli batté una pacca sulla spalla, dopodiché dei passi pesanti schiaffeggiarono le pozzanghere imbevute d’acqua sorpassando frettolosamente il tiratore accovacciato.