Birik:
Un pensiero mi solletica la mente: sarà per bilanciare il potere di dare la vita? Se così fosse sarebbe facile spiegare la necessità di Dio e dell'uomo di mantenere lo stato di sudditanza della donna alla quale doveva essere per forza riconosciuto un potere più grande, quasi divino.
Ciao Birik, penso che da parte maschile non sia questione del bilanciamento di potere che ha la donna nel procreare figli, ma insicurezza dell’uomo. Dal sentimento di possesso della persona amata nasce la gelosia. Nel lontano passato la gelosia non era connessa all’amore per il/la partner, ma serviva per tutelare la famiglia e l’allevamento dei figli.
Il maschio considerava (e ancora considera ?) il corpo della donna come sua proprietà e col sentimento della gelosia si tutelava dal rischio di allevare figli non suoi, mentre la donna usava la gelosia del maschio per garantire cibo e sicurezza per sé e la prole. Di questo antico retaggio c’è ancora traccia in molte culture dove vige l’accertamento della verginità della donna o le pratiche crudeli di mutilazione dei suoi genitali. Questa “gelosia preventiva”, che stimola la possessività, ancora lavora nell’inconscio delle società cosiddette “evolute” dove, nonostante i contraccettivi, la gelosia continua a tormentarci come faceva con i nostri antenati.
In natura anche i leoni vincitori della lotta assumono il dominio del branco di leonesse e tendono ad uccidere i cuccioli che la femmina ha avuto dal leone spodestato.
Comunque un fatto è certo: le religioni monoteiste sono l'origine del patriarcato e di tutte le regole atte a tenere la donna in uno stato di inferiorità.
Il patriarcato fu motivato da varie cause, precedenti le religioni monoteiste.
Le società patriarcali sono organizzazioni sociali di dominio, sviluppate in lunghi periodi di tempo.
Il periodo di transizione al patriarcato avvenne in tempi diversi su continenti diversi nelle primitive società agricole.
Sappiamo che le comunità agricole primitive praticavano il culto della fertilità, pregavano una dea della fertilità. Le prime rappresentazioni sono le pletoriche dee madri. I loro corpi sono associati alla procreazione.
Ci sono alcune teorie sulla nascita del patriarcato, collegate alla paternità biologica e la differenziazione sociale basata sulla divisione del lavoro.
Circa il perdurare, anzi l'implementarsi dell'uso del velo nella religione Islamica io ne attribuirei la responsabilità alla colonizzazione di vaste aree nord africane e mediorientali. Infatti risulta che alla fine dell'ottocento nel Magreb, in Libano, Siria e in Iran, la tradizione di coprirsi si stesse affievolendo per poi rafforzarsi con l'arrivo di stranieri a protezione dei loro sguardi.
Gli sguardi alle donne da parte degli stranieri sono uguali agli sguardi degli uomini indigeni.
Ti faccio leggere cosa risponde oggi (3 febbraio 2016) sul quotidiano “Corriere della Sera l’ex ambasciatore Sergio Romano ad un lettore che si chiama Orlando Bergonzi. Il titolo dell’articolo è:“Immutabilità del Corano una leggenda storica".
Bergonzi: “Forse fino ad oggi il quesito sull’integrazione è stato posto in maniera sbagliata. Poiché come tutti sanno, il Corano è l’Islam e l’Islam è il Corano. La domanda dovrebbe essere questa: il Corano si può integrare nella cultura occidentale? Se l’islamico non può discostarsi dal Corano, come può assimilarsi nelle culture occidentali? Il soggetto dell’indagine non è l’Islam o l’islamico ma direttamente il Corano. Perché, ove non fosse possibile far accettare al Corano la cultura di questo territorio occidentale, allora la presenza di masse coraniche in Italia e in tutto l’Occidente, non è immigrazione ma invasione come è sempre avvenuto”.
Sergio Romano: “Caro Bergonzi, Se lei avesse visitato il Cairo o Bagdad negli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda guerra mondiale, avrebbe constatato che la maggioranza delle donne, soprattutto nei quartieri centrali della città, non era velata. I muezzin invitavano i fedeli alla preghiera, il Ramadan veniva scrupolosamente osservato dalla quasi totalità della cittadinanza musulmana e il pellegrinaggio alla Mecca era sempre l’appuntamento spirituale che avrebbe completato l’esistenza del credente. I governi, tuttavia, sapevano che la soluzione dei loro problemi politici e sociali non era nel Corano. Era nella imitazione di ciò che era stato fatto in Europa nei decenni precedenti: istituzioni laiche, consultazioni popolari, lotta all’analfabetismo, industrializzazione.
Il processo di secolarizzazione dei Paesi musulmani era già visibile in Egitto durante il protettorato britannico, ma era stato fortemente accelerato dalle riforme di Kemal Atatürk, il presidente turco che aveva abolito il velo e il fez. I partiti politici, sempre più numerosi, erano ispirati da quelli europei. Il partito Baath, una combinazione di nazionalismo e socialismo che avrebbe avuto grande fortuna in Siria e in Iraq, era stato fondato da un cristiano siriano che aveva completato la sua formazione culturale a Parigi.
In tutta la regione, naturalmente, gli islamici di stretta osservanza cercavano di ostacolare la modernizzazione dei loro Paesi e predicavano l’osservanza letterale di tutti i precetti coranici; ma i regimi laici reagirono duramente anche con misure di polizia. Il leader egiziano Gamal Abdel Nasser fece il suo hajj (pellegrinaggio alla Mecca), ma non esitò a trattare la Fratellanza musulmana come un pericoloso avversario. Ancora più repressivo fu il presidente siriano Hafez Al Assad che nel 1982 non esitò a distruggere la roccaforte islamista di Hama.
Come vede, caro Bergonzi, il problema non è l’«immutabilità» del Corano, un testo pieno di contraddizioni e soggetto come tutti i libri sacri a letture diverse. Il problema è comprendere perché un islamismo bigotto sia riuscito a interrompere il processo di secolarizzazione delle società medio-orientali. Scopriremo allora che le guerre dell’Occidente hanno considerevolmente peggiorato la situazione e che i migranti non sono le pattuglie avanzate di un esercito invasore. Sono le vittime di una modernizzazione tragicamente abortita”.