Non userò più la parola ambaradam, eppure è una bella parola, dà l’idea dello scompiglio, del disordine non voluto. Quasi onomatopeica risuona all’orecchio come simpatica. Invece, a sfatare il mito di “Italiani brava gente”, è lì a ricordarci di un periodo storico che può rimpiangere solo chi non lo ha vissuto o si nutre di propaganda fascista. Dal ’29 il Duce, in un attacco di megalomania, decise che l’Italia sarebbe dovuta tornare come ai tempi dell’Impero Romano: aquile imperiali, fasci littori e, soprattutto, colonie. L’Etiopia poteva andare bene, un territorio ricco e un esercito povero. Fu così che l’Italia nel ’35 decise di attaccarla e nel ’36 Mussolini dichiarò la nascita dell’Impero. Quello che la storia non ci dice o tenta di nascondere sono le porcate che seguirono. In particolare ricorderei la battaglia di Amba Aradam, un monte nelle cui grotte si rifugiò una compagine dell’esercito etiope, con donne, anziani e bambini al seguito, decisa a non darla vinta agli invasori. Mussolini ordina di stanarli ma l’impresa risulta non priva di difficoltà. Così si decide di fare intervenire i granatieri muniti della famigerata iprite, un gas che provoca la morte fra indicibili sofferenze. I sopravvissuti, circa 800 furono fucilati subito dopo. Ulteriori sopravvissuti, specie donne e bambini rifugiatisi nei meandri delle molte caverne che perforavano il monte furono sterminati a colpi di lanciafiamme. L’episodio è stato di recente portato alla luce da un ragazzo, dottorando in storia, partendo da un faldone rivenuto in un ufficio a Roma. La conoscenza del massacro isolò il Duce sul piano internazionale e lo portò all’alleanza con Hitler dal quale fu subito convinto a promulgare le leggi razziali con le conseguenze che tutti(o quasi) conosciamo. E pensare che qualcuno ancora lo rimpiange……