E stavo lì tra cielo e mare, come quando sembra che l'orizzonte si possa toccare, ed inventavo di sana pianta la mia vita, come se la prima non fosse mai esistita, come se non la stessi vivendo a poco a poco, come se all'improvviso mi fosse stato offerto qualcosa di diverso dal solito bicchiere.
E mi piaceva inventare le persone, far coincidere tra loro le cose una ad una come se fosse un puzzle, e le tessere fossero ammonticchiate una sopra l'altra.
Forse si può, mi ripetevo all'infinito, forse è possibile chiamare un luogo con un altro nome, vivere senza cibo e amare tutto il tempo senza limiti di tempo, senza fermarsi per forza alla stazione, timbrare un biglietto, e ripartire al fischio del capotreno.
Ma poi a che serve fantasticare e basta, nulla è più del reale, nemmeno immaginare, e si finisce poi con il desiderare, volere a tutti i costi ciò che non si può avere, ciò che per istinto vogliamo domandare.
Forse io non mi accorgerei nemmeno d'avere un altro bicchiere, e un nome non sembrerebbe semplicemente un altro se fosse lì da tempo, vivere senza cibo poi non ne parliamo proprio, se penso che uno dei piaceri della vita è proprio questo. Amare... ecco questo è proprio quello che si dovrebbe fare e senza un limite, senza timore che un giorno poi finisce, che uno muore o semplicemente imbocca un'altra strada. E per questo in fondo non c'è bisogno di vivere in un altro modo, posso qua, in questa vita che non ho scelto ma che adesso voglio tutta per intero.
E non rimando più pensando che non è il momento, posso soltanto questo se io stessa me lo permetto.