Contro l'omofobia
Sto su FB.
Scopro che un tizio della città vicina sponsorizza un Flash mob nella giornata internazionale contro l'omofobia.
Diobonino, mi interessa, ci voglio andare. Trascino mio marito nella cosa, anche perchè no so posteggiare, lui mi è indispensabile. Lui comunque è convinto sostenitore della cosa, anche se è una domenica splendida, sole splendido, mare splendido; nonostante ciò viene trascinato.
Arriviamo alla grande piazza, cerchiamo un gazebo che assomigli ad un flash mob. Ce n'è uno con i pagliacci dell'ospedale, quello dei Nasi Rossi. Uno che vende zucchero filato verde ( ohbò che schifo).Vediamo la bandiera arancione. Un gazebino storterello, con una quindicina di avventurieri del diritto. Credevo che saremmo stati molto di più. Ci sediamo ad un tavolino da bar, per osservare la situazione. Tutti giovani, più donne che uomini, qualcuno parla inglese, qualcun'altro parla con accento del nord. Mi viene da dire, ragazzi cari, ma in quindici che si fa? Per la rivoluzione non siamo sufficienti.
Il flash dovrebbe essere alle 17, siamo in ritardo di mezz'ora. Alla spicciolata arrivano altri personaggi, sempre pochi però. Alla fine saremo stati al massimo una trentina. Sul banchetto folleggiano magliette con scritte del tipo: ragazzi amano ragazzi, fatevene una ragione.
Molti se la fanno, non tutti purtroppo.
Decido di cercare il tizio a cui avevo promesso la nostra partecipazione, non ricordo come si chiama, nè il volto, mi pare solo che non fosse giovanissimo. Poi ne agguanto uno ed è proprio lui. Mi presento, sono XXX e dico il mio nick di face book, altrimenti non saprebbe chi sono. Gentilmente mi chiede come mi chiamo, e ribadisce di chiamarsi Roberto. Mi dà un bacino sulle guance come se fossimo vecchi amici e a me viene spontaneo dire , non sapendo fare altro, che sono venuta con il marito. Avverto subito un irrigidimento del suo essere e percepisco che lui pensa che siamo fuori luogo. Da anziana lesbica ero accettabile, da anziana etero evidentemente insospettisco.
Ritorno al tavolino e aspetto l'evento, che a quanto pare io non ho idea di cosa sia, ma nemmeno loro; non sta accadendo nulla!
Li osservo teneramente, non peraltro sono nonna, e questi potrebbero essermi nipoti. Si accostano uno all'altro, i bacini sulle guance si sprecano, parole gentili e affettuose rotolano tra un abbraccio e un altro. Mi pare una ricerca spietata di affettuosità, non fisica di certo, ma una sorta di consolazione per la diversità, come viene comunemente recepita. Nessuno ci rivolge la parola, inizio a pensare che lì parevamo più che altro soggetti avulsi da quella realtà, una specie di agenti del nemico.
Insomma lì i diversi eravamo noi, due gocce di olio in un bicchiere di acqua, senza possibilità di miscelarsi, esattamente come loro non riescono a miscelarsi con la società omologata. Noi eravamo presenti per scelta, loro per avere diritti di una scelta fatta solo dal caso. Ovviamente non vado in ansia, ma capisco quella loro, diversi sempre e in qualunque luogo; guardati ( se sono fortunati) con un sorrisino divertito. Altrimenti menati, offesi, vilipesi, odiati. In qualche Paese anche giustiziati, dopo torture, tanto per ribadire la giustezza di essere etero. E chissà perchè quando si parla di gay, si pensa solo a cose sessuali , mai che il tizio potrebbe essere ingegnere, cuoco o ciabattino. Persino politico o calciatore.
Di etero come noi non ce ne sono, e ciò rende la faccenda non una dimostrazione contro l'omofobia, ma un incontro tra amici al pari di juventini, paninari, o amanti dei gatti.
Comincio a vedere che l'organizzazione è sbagliata, bisognava coinvolgere altre persone, trasmettere il messaggio a tutti e non solo tra di loro.
Loro conoscono già il problema e non è da loro che nasce, ma dagli altri, gli etero e specialmente dagli etero perbenisti.
Finalmente c'è un poco di movimento, tutti si alzano e si mettono in gruppo a fare una specie di ballo latino, cosa che io e mio marito non siamo in grado assolutamente di fare, per l'età artrosica, per il cado e per la timidezza.
Vengono lette pagine di Pasolini e la cosa finisce lì. Sono stupita, mi aspettavo qualcosa di più sostanziose, mi viene da gridare...ragazzi fatevi sentire, così sembrate dei pulcini timidi, ho quasi 70 anni ma avrei saputo combattere meglio di voi, e se non lo fate voi, chi lo farà mai per i vostri diritti?
Alla fine una bella foto di gruppo; noi ce ne andiamo con la voglia di combattere per loro, loro con la soddisfazione di averci provato e con la convinzione di avere ottenuto qualcosa.
Io penso che la strada dell'illusione sia ancora lunga.