La scuola fascista!: me lo ha raccontato un vecchio parente che ebbe “l’onore” di frequentarla in un paese delle Puglie, nel millenovecentotrentacinque! Gli anni del fulgore e delle grandi imprese di un popolo di eroi, naviganti, artisti… eccetera… anche se per una buona metà analfabeti totali. Tempi di pace sociale nel secolare vergognoso ordine di “giustizia sociale”.
Questo zio apparteneva, all’epoca, ad un una famiglia numerosa, dieci figli per la Patria, dieci figli cui consegnare le milioni di baionette Ma nessuno dei dieci fece mai il militare. Tutti esonerati. Una famiglia riservatamente benestante, e, per un sovrapiù di fortuna, non di ereditieri feudatari terrieri, e con una biblioteca in casa, privilegio massimo!
La scuola, dunque.
Uno stanzone enorme, quadri del duce, del re e il crocefisso. Riscaldata d’inverno con braciere, ccui contribuiva il calore umano di quaranta alunni, che emanavano un tepore dallo strano caratteristico odore di erbe e stallatico e sudore. Quattro lunghe file di banchi: tre file per gli asini, che erano i figli di contadini e artigiani; e una fila per i bravi file per i bravi, gli appartenenti alle classi privilegiate che al massimo arrivavano al ceto impiegatizio… e oltre le file c’erano anche i primi e gli ultimi banchi! A operare le distinzioni.
Mio zio, figlio dell’industriale del paese, sedeva al primo banco della fila dei bravi… Nella fila degli asini (in queste non c’era necessità di primi e ultimi banchi) i figli di contadini e artigiani erano tutti uguali e avevano cartelle di pezza e pezze al culo Avrebbero frequentato, quando andava bene, solo fino alla quinta elementare.
Di questi il maestro avrebbe fatto volentieri a meno: li considerava meno che ospiti sgraditi… Non si curava di loro, e pretendeva solo che se ne stessero buoni per quattro-cinque ore, altrimenti botte… e di gusto!, fino a lasciare segni E a casa il resto e tante grazie al maestro, perché “mazze e panelle fanno i figli belli”.
Ma questi ragazzi, nonostante fuori della scuola fossero i più bravi in tante cose, i più vivaci, e sapessero, e capissero molte più cose di molti della fila dei bravi… ebbene questi poveri ragazzi non sarebbero mai diventati belli ad onta del proverbio delle mazze, anche perché spesso mancavano le “panelle”. A fine del ciclo scolastico dell’obbligo sapevano a stento leggere (male) e scrivere (peggio)… e per loro iniziava il periodo di un precoce rapido invecchiamento: avviati allo sgobbo perdevano rapidamente la loro vivacità e nessuno più li invidiava… divenivano man mano oggetto di disprezzo… razza a parte… alieni! Fannulloni che s’erano meritato il loro destino di lavoro da bestie… e, all’occorrenza, di soldati di prima linea nelle guerre dei padroni.
Era giusto così!
E tutti, infine, ci credevano, preti compresi E loro stessi finivano per crederci!, e finivano anche con l’ ammirare e rispettare gli artefici del loro duro destino.
Ora esistono ancora le file dei bravi… che bravi non sono: si tratta dei diplomifici a pagamento, ma pagati in proprio solo in minima parte. È lo Stato che li sostiene E la scuola pubblica la si fa sempre più assimilare alle file dei banchi per gli asini di antica memoria, ma, ironia!, è solo dalla scuola pubblica che escono i pochi veramente bravi.
Per quale miracolo?