Autore Topic: Il volto e la maschera  (Letto 8070 volte)

Doxa

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #15 il: Febbraio 27, 2015, 06:48:10 »
Il filosofo e teologo spagnolo Raimon Panikkar (nome completo Raimundo Pániker Alemany, 1918 – 2010) nel suo libro titolato “Mistica comparata” scrisse: “Il dialogo-dialogale non è una semplice conversazione, non è un mero mutuo arricchimento grazie all’informazione supplementare che porta con sé, non è una semplice correzione di malintesi…é la ricerca congiunta del comune e del diverso, è la mutua fecondazione con ciò che ciascuno apporta…é il riconoscimento implicito ed esplicito che non siamo autosufficienti…”.

Il dialogo-dialogico o dialogo-dialogale va oltre il dialogo-dialettico (che  mette tesi contro antitesi e tende ad una sintesi), cerca l’approfondimento tematico da parte di ciascun interlocutore. 

Nella comunicazione dialogica il dialogante non è un oratore ma un colloquiante. Non sale in cattedra, né vuole persuadere. Il dialogante ascolta l'altro con attenzione e pacatezza, per comprendere cosa intende dire. Ma un dialogo solo dialogico e non dialettico mi sembra un eufemismo per attenuare la possibile vivacità del confronto. 

Dialogare significa saper ascoltare in modo attivo. Sono le donne le più abili conversatrici. Hanno l’abilità di comprendere i sottintesi, il non detto, di dedurre l’implicito. 

Da indagini effettuate risulta che le donne sviluppano e approfondiscono gli argomenti oggetto della conversazione, sono più espressive degli uomini.

Ci sono donne che per genetico masochismo s' innamorano degli uomini che non sanno ascoltarle, però affermano  che la qualità maschile da loro più ambita è la capacità di ascolto.

Esse hanno l'esigenza del dialogo, della comunicazione di reciproco sostegno, dell'ascolto comprensivo, come quei rapporti  amicali tra femmine. Invece tra i maschi non è diffusa tale relazionalità. Eppure la prima condizione per l’efficiente comunicazione è l'apertura verso il prossimo. Nonostante le differenze, sono possibili le convergenze.

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #16 il: Marzo 01, 2015, 07:28:23 »
Comunicazione e linguaggio non sono sinonimi.

Per comunicazione s’intende lo scambio intenzionale di messaggi tra due o più persone.

Il linguaggio indica il codice socialmente condiviso nello scambio comunicativo, per esempio la lingua italiana è il codice linguistico che sto usando per esprimere ciò che voglio dire in questo post.   

Gli scambi comunicativi sono verbali e non verbali ed i messaggi contengono informazioni implicite ed esplicite.

Il ramo della linguistica che si occupa dei processi comunicativi e la natura dei segnali si chiama semiotica, dal greco “semeion” che significa segno, il quale simboleggia un contenuto, esprime l’unione di significante e significato: la significazione lega qualcosa di materialmente presente a qualcos'altro di assente: per esempio, la luce rossa del semaforo significa "stop" e debbo fermare l’auto. Ogni volta che si usa una relazione di significazione si attiva un processo di comunicazione.

Un altro interessante ramo della linguistica è la sociolinguistica che si occupa della dimensione sociale del linguaggio, delle interrelazioni fra la lingua e l’ambiente sociale in cui questa viene utilizzata, studia le diversità e le varietà della lingua, che si manifestano in rapporto alle differenze geografiche, socioculturali e socioeconomiche degli individui e in rapporto alle differenti situazioni in cui avviene la comunicazione.

Ogni lingua ha al suo interno differenziazioni collegate con fattori sociali ed extralinguistici ed è articolata in varietà.

I parametri che determinano la variazione linguistica sono: la diacronia (in rapporto al tempo), la diatopia (in rapporto allo spazio), la diastratia (in rapporto alla condizione sociale dei parlanti), la diafasia (condizionata dal contesto comunicativo),  la diamesia (che dipende dal mezzo di comunicazione usato). 
 
Variazione diacronica: dal greco “diàchronos”, parola composta da “dià” (= attraverso) + “chronos” (= tempo), significa “attraverso il tempo”. Infatti la  variazione diacronica riguarda i cambiamenti  in un codice linguistico con il trascorrere del tempo.

Variazione diatopica: il termine “diatopia” è formato dal prefisso “dià” (= attraverso) e il sostantivo tòpos (= "luogo"), indica la variazione linguistica nello spazio, secondo una prospettiva geografica. Sono esempi di varianti diatopiche le differenziazioni dialettali o i diversi italiani regionali, differenti dall’italiano standard, specie nella pronuncia e la morfosintassi.

Variazione diastratica: deriva da “diastratia” e indica la stratificazione sociale. Il termine è formato col prefissoide dià- (= attraverso) e la radice “strato” (dal latino stratum)  ed è utilizzato come sinonimo di variazione sociale. Le persone appartenenti a una stessa comunità differiscono nel modo di parlare, la variabilità è collegata ad alcune caratteristiche dei parlanti:  giovani/anziani, abitanti della città/della campagna, istruiti/non istruiti, ecc.. Il variare della lingua in relazione alla diversità e alla stratificazione socio – culturale dei parlanti viene definito variazione diastratica.

Variazione diafasica: la parola “diafasia” è composta dal solito  prefisso “dià” + “phàsis” (= voce), indica la variazione dei registri comunicativi  al modificarsi del contesto comunicativo. In relazione all’interlocutore e al contesto, una persona, con un buon livello di competenza linguistica, può usare registri differenti per esprimere uno stesso contenuto. Le variazioni del codice linguistico possono essere condizionate anche dall’argomento del messaggio.

Variazione diamesica: il lemma “diamesico” è formato da  “dià” +  l’affissoide greco “meso” (= mezzo), fa riferimento alla scelta  del mezzo utilizzato per comunicare il messaggio: scritto, parlato, telefonico, radiotelevisivo, ecc.. Il linguista  Gaetano Berruto ha indicato tra le varietà prevalentemente scritte l’italiano  burocratico e quello letterario, mentre ha collocato tra le varietà prevalentemente orali l’italiano regionale e il parlato colloquiale. Nella comunicazione orale si utilizzano anche elementi extralinguistici quali il tono della voce e la gestualità, impossibili a chi si serve del mezzo scritto.

Ogni varietà di lingua ha una sua collocazione all'interno del repertorio linguistico della comunità, che ne regola l'impiego nelle diverse situazioni comunicative. Una prima distinzione sociale è quella fra 'lingua' e 'dialetto'. In Italia, per esempio, spesso i parlanti incolti o del cosiddetto “basso ceto” utilizzano il dialetto come varietà colloquiale e l’italiano popolare come varietà formale. Con 'italiano popolare' si designa la varietà sociale (diastratica) di lingua italiana imperfettamente acquisita da parlanti dialettofoni con basso grado di istruzione.

Per la formazione della varietà linguistica è determinante il periodo della pubertà; il gruppo dei pari influisce maggiormente rispetto alla famiglia. Per esempio a Roma i ragazzi della seconda generazione di immigrati da altre regioni evidenziano l’accoglimento dei tratti tipici della pronuncia romana dell'italiano, indipendentemente dalla regione d'origine della famiglia.

Quando ci sono modi diversi per esprimersi con il codice linguistico  significa fare una scelta, spesso inconscia ed automatica, correlata a fattori sociali (extralinguistici). La commutazione di codice (code switching), il passaggio da una varietà all’altra durante la comunicazione interpersonale è motivato dal ruolo sociale dell’interlocutore, dall’argomento, il contesto, ecc..
 
Nell’ambito della competenza linguistico–comunicativa viene definita competenza sociolinguistica di un parlante il saper usare una lingua e i diversi registri linguistici a livello diastratico e diamesico, essere cioè capaci di selezionare la varietà di lingua più adatta alle diverse situazioni comunicative. Possedere un ampio repertorio linguistico  vuol dire avere maggiori possibilità di scambio comunicativo. 

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #17 il: Marzo 03, 2015, 05:55:02 »
Comunicazione nella coppia.

Lo psicologo statunitense Michael P. Nichols  nel suo libro “L’arte perduta di ascoltare” ha scritto che  “Nulla fa soffrire quanto la sensazione che chi ci  è vicino non stia ascoltando veramente ciò che abbiamo da dire”. 

Nel rapporto di coppia  e nell’ambito della famiglia a volte capita di non essere ascoltati per mancanza d’interesse da parte dell’interlocutore. Ma se manca la reciproca attenzione s’interrompe l'interazione, e col tempo quando uno dei due si stanca di non essere  ascoltato con attenzione ed empatia,  non ne può più del mutismo o dell’indifferenza  dell’altro/a,  cerca una terza persona con cui sia più facile comunicare, che ascolta e comprende.

Suscita delusione e frustrazione chi  non sa ascoltare o chi interrompe l’interlocutore per dire ciò che pensa  prima di capire ciò che ha detto l’altra persona. Tale modo di agire preclude la possibilità della reciproca comprensione.
Essere ascoltati significa che ciò che si dice ha importanza, merita l’attenzione.

Quando una donna ha un problema, vuole esprimere la frustrazione di una giornata negativa o stancante  desidera  liberarsi dalla tensione emotiva, vuole dialogare  col partner  o con qualcuno che l’ascolta, non cerca una soluzione, vuole solo comprensione e sostegno.

Invece quando un uomo ha un problema o è frustrato perché ha avuto una giornata pesante, non cerca comprensione, si chiude nel silenzio, si isola, legge il giornale o finge di guardare la televisione. Pensa come risolvere la questione, cerca il confronto di opinioni, un consiglio, una soluzione.

Comprendere non significa concordare ma conoscere l’opinione o l’aspettativa del compagno o della compagna, ma per poter comprendere è necessario ascoltare con attenzione. Può capitare che durante una discussione si pensi alla risposta da dare anziché udire compiutamente cosa dice l'altro/a. 
Ascoltare in modo attivo significa interessarsi a ciò che dice con le parole e ciò che lascia intendere con il linguaggio non verbale.

Se la comunicazione diventa disfunzionale la coppia va incontro a frustrazioni, malintesi e rancori che allontanano. ‘‘Non mi capisci!‘‘, ‘‘con te non si può discutere!‘‘.... Frasi ricorrenti come queste possono mettere in crisi il rapporto coppia e causare l’incomunicabilità dei propri desideri, emozioni, pensieri... Invece la comunicazione amorosa necessita della reciproca capacità di esprimere a parole il proprio mondo emozionale e sentimentale; capacità che hanno la maggioranza delle donne; invece gli uomini, per natura e cultura, generalmente conoscono poco quel tipico modo di relazionarsi.

Con il dialogo si possono chiarire le rispettive opinioni e giungere ad un accordo che soddisfi entrambi tramite il confronto  costruttivo.
Se invece ognuno dei due rimane nelle rispettive posizioni antagoniste subentra la delusione,  il rancore,  e col tempo la voglia di separarsi, specie se la donna lavora ed ha un reddito sufficiente per vivere in modo autonomo.

Ci sono partner che pur continuando a comunicare informano sempre meno il compagno o la compagna  sul loro vissuto in rapporto con l’altro/a, sui loro stati d’animo, e s’avviano verso una silente crisi. Aumenta in ognuno dei due la solitudine interiore, diminuisce la voglia di continuare insieme il percorso della vita, di fare progetti comuni.  E si può giungere alla depressione, la quale potrebbe essere la spia della propria insoddisfazione esistenziale che preme per essere ascoltata. In tale condizione psicologica se s’incontra un altro/a che ci fa tornare la voglia di vivere, ridere, è facile illudersi, farsi coinvolgere dall’infatuazione, che diventa l’antidepressivo.

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #18 il: Marzo 05, 2015, 10:07:15 »
“In principio c’era la Parola. Ma la Parola fu tradita” scrisse il poeta e saggista statunitense Ezra Pound alludendo al celebre avvio del primo capitolo del Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo, / e il Verbo era presso Dio / e il Verbo era Dio”.

E’ facile aprire la bocca per far fluire le parole. Il filosofo olandese Baruch Spinoza (1632 – 1677) nella sua “Etica” (“Ethica more geometrico demonstrata”) ammoniva: “L’esistenza umana sarebbe molto  più felice se negli uomini la capacità di tacere fosse pari a quella di parlare. Ma l’esperienza insegna che gli uomini non governano nulla con maggior difficoltà che la lingua”. E nel rapporto di coppia l’errato uso della comunicazione è un fattore critico ed emblematico della vita a due.

Il rapporto di coppia è caratterizzato dall’interazione dinamica e persistente tra due persone che comunicano sulla base della presunzione di una conoscenza reciproca più o meno approfondita. Il dialogo è gratificante se lui/lei ascolta con attenzione, ma le interferenze sono inevitabili, il dialogo può essere alterato da equivoci, critiche, giudizi negativi, dall’ira. E’ interferenza se uno dei due non permette all'altro di esprimere i suoi pensieri, la sua opinione; può diventare interferente il tono di voce usato, se  viene considerato autoritario;  è interferenza l'ascolto passivo senza entusiasmo, senza interesse. E’ anche importante la consapevolezza  del proprio stile di comunicazione al fine di migliorarlo per realizzare un rapporto di coppia piacevole e costruttivo.

I contrasti ed i conflitti possono servire a riflettere, a conoscersi meglio, ma se persistono nel tempo possono anche far finire il rapporto duale.  Perciò è importante domandarsi se si vuole costruire un rapporto migliore o si vuole distruggere quello che si è già costruito.

C'è un punto nel rapporto di coppia dal quale pian piano ci si comincia a separare. Un punto dove i due non trovano più la mediazione nei piccoli conflitti. Un punto dove, dopo una discussione, si guarda l'altro e per la prima volta ci sembra di non riconoscerlo. Noi parliamo, sosteniamo una tesi, ma capiamo che l'altro aspetta solo che si finisca, per ripresentare la sua opinione. Forse ci saranno rappacificazioni, ma qualcosa è cambiato. Da questo punto  di frattura  la complicità comincia a venir meno. L'altro non è più la nostra esatta metà. Il complemento all'insieme.  Da qui inizia la prima goccia che cade nel grande vaso delle incomprensioni. C'è molto spazio in quel vaso. Conterrà molte gocce. Ma si riempirà. Ci vorranno forse mesi, forse anni, ma si riempirà. In prossimità del bordo, uno dei due (quello che ama di più) cercherà di svuotarlo almeno un pò. Farà vari tentativi di conciliazione e di comprensione. Ma è inutile, perché ormai  l'acqua non scende più a gocce, ma con flusso.

Per l’essere umano comunicare è importante. Ha bisogno di esprimersi,  di esternare i propri desideri, dare il proprio parere, ecc., ma anche di essere ascoltato e capito. Ha bisogno di conoscere i sentimenti, i desideri e le opinioni dell’altro/a. Sono quindi causa di delusione, di frustrazione coloro che parlano poco e gli introversi ma anche coloro che non sanno ascoltare l’interlocutore.

Quando un partner ne ha abbastanza di non poter parlare o di non essere ascoltato, non ne può più del mutismo o dell’indifferenza  dell’altro, cerca una terza persona con cui sia più facile comunicare, che ascolta e comprende.

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #19 il: Marzo 07, 2015, 10:08:20 »
L’attività sessuale è una forma di comunicazione, che non significa capacità di amare, ma desiderio, unione dei corpi,  intimità, reciproco donarsi, piacere orgasmico.

Se la relazione di coppia  è soddisfacente il coito crea tra i due complicità, informazione reciproca delle proprie fantasie sessuali, che stimolano la libido.

La comunicazione sessuale coinvolge l’altro/a, suscita brame, l’uso dei sensi.

Dei cinque sensi il tatto è tra quelli che più si utilizzano prima, durante e dopo l’amplesso. Toccarsi e accarezzarsi sono forme di comunicazione, di eccitamento, di piacere sessuale, ma per il cyber sex o sexting la sensibilità tattile non si può utilizzare sul corpo del/la partner. 

Il vocabolo inglese Sexting  è composto da “sex” (= sesso) e “texting” (= invio di messaggi virtuali), indica la pratica dell’ invio e/o ricezione di testi, immagini e video a sfondo sessuale attraverso i mezzi informatici (computer, telefoni cellulari,  smartphone, ipod, ipad).

Secondo il National Center for Missing and Exploited Children è un fenomeno in crescita,  nato negli Stati Uniti nel 2009 tra gli adolescenti e che, secondo indagini del “Telefono Azzurro” e dell’”Eurispes”, si sta diffondendo progressivamente anche in Italia come una nuova forma di comunicazione ludica ma al tempo stesso pericolosa sia dal punto di vista psicologico che legale, poiché l’invio di foto che ritraggono minorenni in pose sessualmente esplicite configura il reato di distribuzione di materiale pedopornografico (anche se tra minorenni consenzienti). Il sexting, inoltre, potrebbe facilitare il dilagare del bullismo in rete, detto cyberbullismo, grazie al quale immagini di nudo o di sesso esplicito possono fare il giro del web senza controllo, procurando negli sventurati “protagonisti” forti e costanti umiliazioni.
Il sondaggio “Global sex survey 2014” a cui hanno risposto oltre 74mila utenti, evidenzia che si sta diffondendo il sexting nella comunicazione sessuale.

La digitalizzazione del desiderio quali nuovi rapporti di coppia fra reale e virtuale  fa emergere ?

Chi si presta a questa pratica tendenzialmente afferma che il senso di unione nella coppia si rafforza, e il rapporto sessuale diventa eccitante, come se il sexting abbia lo stesso effetto dei preliminari.

Il sexting ludico e adulto, non mostra esclusivamente la componente voyeuristica. La chiave di volta non è la web cam, lo smartphone, la foto o il video, ma la comunicazione,  anche se è difficile capire come il virtuale influenzi il reale.

L’eros è una dimensione che si realizza alla fine di un percorso di crescita dell’individuo, un percorso nella sfera dell’identità, non solo sessuale. Esso si esprime quando i bisogni primari di attaccamento, di autonomia e di autostima, che favoriscono il raggiungimento di una solida identità e permettono la realizzazione personale e sociale, sono stati sufficientemente soddisfatti.

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #20 il: Marzo 09, 2015, 10:00:46 »
L’argomentazione è la capacità di collegare razionalmente fatti o dati.

Argomentare significa elaborare un’affermazione, una tesi.

Imparare ad argomentare significa saper padroneggiare i concetti, saper dedurre,saper  dimostrare.

L’argomentazione permette di inferire da enunciati che fanno da premessa.

L'inferenza è il processo con il quale da una proposizione accolta come vera si passa a una seconda proposizione la cui verità è derivata dal contenuto della prima. Inferire significa quindi trarre una conclusione.

Nel ragionamento argomentativo le premesse non sono necessariamente vere. Possono essere assunte come vere da chi elabora il ragionamento e/o da chi lo ascolta,  ma lo scopo dell’argomentazione è la persuasione.

Un’argomentazione convincente, efficace, deve avere due requisiti: la validità e la verosomiglianza.
La validità è basata sulla pertinenza (ogni argomento deve essere inerente alla tesi), sulla distinzione (ogni argomento non deve ripetere o parafrasare la tesi), la chiarezza (le parole e le frasi dell’argomentazione devono essere univoche), la completezza (la tesi deve essere motivata dagli argomenti), la coerenza o consequenzialità (l’argomentazione non deve contenere contraddizioni).
La verosomiglianza è basata su dati di fatto, su relazioni logiche. 

La validità e la verosomiglianza si deducono con il dialogo, la discussione, l’argomentazione/ragionamento, l’ascolto.  E’ importante saper ascoltare l’argomento, intenderlo nella sua interezza per evitare comprensioni parziali o fraintendimenti.

Saper ascoltare per capire l'interlocutore non è un attività passiva ma comunicativa che richiede il pieno coinvolgimento cognitivo ed empatico dell’ascoltatore.

Nel rapporto di coppia  a volte capita di non essere ascoltati per mancanza d’interesse da parte  del/la partner. E quando entrambi protestano che il proprio comportamento è la reazione a quello dell'altro, occorre chiarire ciò che s'intende dire. La mancanza di un equilibrato scambio di opinioni è tra le maggiori cause di dissidio.

« Ultima modifica: Marzo 09, 2015, 10:25:55 da dottorstranamore »

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #21 il: Marzo 10, 2015, 09:13:52 »
Lo psicologo Frederick Conrad, dell’università del Michigan (Stato federato degli Stati Uniti d’America) ha diretto una ricerca sulla comunicazione virtuale, dalla quale si deduce che gli individui sono più propensi ad essere sinceri e rivelare informazioni personali quando scrivono piuttosto che durante un colloquio. E le nuove tecnologie rispondono al desiderio di relazione interpersonale.

Computer, cellulari, sms, blog, piattaforme di contenuti video, internet, chat e reti sociali on-line hanno rivoluzionato le comunicazioni, hanno cambiato il modo di comunicare delle persone, il modo di aggregarsi e di creare comunità virtuali.

Questi cambiamenti sono particolarmente evidenti tra i giovani che sono cresciuti in contatto con queste nuove tecniche di comunicazione e si sentono quindi a loro agio in un mondo digitale che spesso sembra invece estraneo a quanti di noi, adulti, hanno dovuto imparare a capire ed apprezzare le opportunità che esso offre per la comunicazione.

Alcuni esperti del settore hanno usato il termine di "nativi digitali" o "nato digitale", riferendosi ai giovani che utilizzano le nuove tecnologie con diversi livelli di competenza ed entusiasmo.

Con il termine "generazione digitale" generalmente si fa riferimento a chi è cresciuto con le nuove tecnologie, facendone un uso spontaneo e quasi intuitivo.

I giovani, in particolare, capiscono il potenziale dei nuovi media nel favorire la comunicazione e la comprensione tra individui e comunità, perciò li utilizzano per comunicare con i propri amici, per incontrarne di nuovi, per creare comunità e reti, per cercare informazioni e notizie, per condividere le proprie idee e opinioni.

Penso che molti benefici derivano da questa nuova cultura della comunicazione: le famiglie possono restare in contatto anche se divise da enormi distanze, gli studenti e i ricercatori hanno un accesso più facile e immediato ai documenti, alle fonti e alle scoperte scientifiche e possono, pertanto, lavorare in équipe da luoghi diversi; inoltre la natura interattiva dei nuovi media facilita forme più dinamiche di apprendimento e di comunicazione, che contribuiscono al progresso sociale.

Le nuove tecnologie hanno aperto la strada al dialogo tra persone di differenti paesi, culture e religioni. La nuova arena digitale, il cosiddetto cyberspace, permette di incontrarsi e di conoscere i valori e le tradizioni degli altri. Simili incontri, tuttavia, per essere fecondi, richiedono forme oneste e corrette di espressione insieme ad un ascolto attento e rispettoso. Il dialogo deve essere radicato in una ricerca sincera e reciproca della verità, per realizzare la promozione dello sviluppo nella comprensione e nella tolleranza.

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #22 il: Marzo 12, 2015, 06:22:33 »
La comunicazione virtuale può favorire l’”amicizia”, gli innamoramenti, le illusioni, la textlationship, termine inglese composto da da "text" (testo) e "relationship" (relazione), indica la relazione virtuale con un’altra persona tramite lo scambio di messaggi di corteggiamento che inducono al flirt.

I due flirtano senza incontrarsi  mai nella realtà. Sono storie che possono durare mesi ma destinate a fallire.
Questa modalità di relazione è considerata attraente perché permette di “giocare” senza obblighi.  E’ un corteggiamento seduttivo,  permette di sperimentare una dinamica comunicativa anche trasgressiva. Infatti la textlationship può indurre al sexting, di cui ho argomentato in un precedente post, per cercare il piacere sessuale  tramite la comunicazione erotizzante.
 
Raccontarsi all’altro/a  tramite i messaggi può favorire la pseudo intimità, l’empatia, la sincerità , però impedisce di spostare la relazione al contatto fisico.

La textlationship  all’inizio sembra interessante,  ma poi ci si rende conto che non si andrà mai oltre e si rischia  di rimanere imbrigliati in uno squallido legame senza futuro. Chi utilizza questa forma di comunicazione come modalità esclusiva di relazione ha la necessità di mantenere il rapporto a distanza per un bisogno emotivo ed opportunistico. Spesso perché ha già una relazione stabile ed usa lo scambio comunicativo come piacevole passatempo. Se invece ha dei problemi psicologici considera la vicinanza in ambiente reale una complicazione inaccettabile.

Se la relazione si ferma al testo scritto  difficilmente ha un futuro, a meno che la distanza usata come “codice di sicurezza” non sia condivisa e fortemente voluta da entrambi. In tal caso può accadere che l'amante virtuale diventi  un compagno speciale, con cui si può attivare una complicità esclusiva e duratura. Nella maggior parte dei casi, però,  il disagio  provocato dalla non volontà di avvicinarsi, crea frustrazione e necessità di chiudere la relazione virtuale.

Lo psicologo inglese Will Reader ha coordinato una ricerca sulle amicizie che nascono on line ed ha constatato che esse sono superficiali finchè rimangono nell’ambito del virtuale. L’amicizia per svilupparsi e consolidarsi ha bisogno di tempo, pazienza, attenzioni reciproche. Invece in Internet i rapporti amicali sono meno impegnativi. Difficili da mantenere se si abita distanti.

Chi ha poche relazioni sociali, scarse occasioni d’incontro, rare possibilità di uscire dal ristretto gruppo di amici, torna a casa e si mette a scrivere col computer. E’ un modo per combattere la solitudine. Una volta la si respingeva andando a letto presto o leggendo libri, adesso col computer possiamo collegarci con tante persone. 

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #23 il: Marzo 13, 2015, 05:42:14 »
Social network come Facebook, Twitter, Youtube, Instagram, solo per citare i più famosi, sono le community più diffuse su Internet, all’interno delle quali milioni di utenti in tutto il mondo si ritrovano per dialogare ed interagire. Sono comunità globali che evocano il  “villaggio globale” concettualizzato dal sociologo canadese Marshall McLuhan (1911 – 1980): il mondo considerato come un villaggio, all'interno del quale si annullano le distanze fisiche e culturali e dove stili di vita, tradizioni, lingue, etnie sono rese sempre più internazionali.

Il villaggio globale è un ossimoro (figura retorica che affianca due concetti opposti) che si è imposto nell’indagine sul progresso tecnologico della società. Come la frase in lingua latina "festina lente", "affrettati lentamente", i due termini “villaggio” – “globale” si contraddicono a vicenda: il ‘villaggio’ è la forma elementare di abitato umano, mentre l’aggettivo ‘globale’ si riferisce all’intero pianeta. Il significato dell’accostamento è ovviamente simbolico. La forzatura serve a questo studioso delle comunicazioni di massa per esprimere l’inedita situazione: ciò che in passato aveva distanze enormi, con l’innovazione delle comunicazioni è diventata vicina  e in tempo reale. "Il nostro è un mondo nuovo, fatto di subitaneità. Il tempo è cessato, lo spazio è svanito. Ora noi viviamo in un villaggio globale, in un avvenimento simultaneo". Così McLuhan introduceva l’espressione nel suo  libro “Understanding media”, pubblicato nel 1964.

I social network forniscono il supporto tecnologico fondamentale per la costruzione di una comunità globale diversa dal “villaggio globale”  prefigurato da Mc Luhan con l’avvento della televisione. I nuovi media sono più creativi e interattivi, permettono di partecipare alla costruzione dei contenuti con testi ed immagini.   

Quando scriviamo o comunichiamo stati d’animo, ci domandiamo se possono essere utili o interessare gli altri ?

Nella conversazione vis a vis ci accorgiamo subito se stiamo esagerando o annoiando l’interlocutore, invece con la comunicazione virtuale è più difficile capire, perciò  hanno ideato dei segnali grafici, le emoticon, le cosiddette faccine, usate come sinonimi o rafforzativi del messaggio verbale che accompagnano. Quella più usata indica simpatia, ma vengono spesso utilizzate quelle che simboleggiano l’ira, la delusione, l’ insoddisfazione, l’insicurezza. Chissà se c’è l’emoticon che indica il “chi se ne frega di ciò che scrivi" ? Forse c’è ma per educazione evitano di metterla come commento ai miei post. Ed io continuo a scrivere per affermare la mia “social presence” in questo forum,  anche se volutamente nato per il confronto e il dialogo tra utenti.

 “Digito ergo sum”. E’ un modo per dire “esisto” !  L'importante è scrivere, argomentare, anche se tendo al monologo e non al dialogo per la latitanza di possibili interlocutori.  Meglio così, evito il confronto con gli altri e le eventuali polemiche.  Non mi va di crearmi un blog, preferisco il “soliloquio” nel forum “Zam”, anche se ho disimparato ad usare le parole per sedurre, affascinare, irretire. 

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #24 il: Marzo 14, 2015, 08:48:13 »
Con la comunicazione virtuale il continuo e reciproco flusso di parole dense di confidenze ed interessi intellettuali può creare l'attrazione virtuale, che va considerata come approccio diverso, emotivamente intrigante.

Se l'intesa diventa coinvolgente, perchè la parola suggestiona, ci si può auto ingannare con le proprie proiezioni sull’altro/a, o idealizzando l’interlocutore/trice, che il tempo può disconfermare con un più lungimirante disincanto.

Con la comunicazione virtuale si può essere sinceri o bugiardi. Si può barare, fino all'identificazione con il “personaggio” che si desidera interpretare.

Di solito si tenta di somigliare a persone che stimiamo, sulle quali proiettiamo il nostro sé ideale, quel sé che avrebbe potuto completarci per affinità o per complementarità.

La chat ed alcuni socialnetwork permettono lo scambio di opinioni, di esternare i propri problemi, sentimenti, aspirazioni. Se il dialogo è sincero  si riesce ad entrare in sintonia con l'altro/a.  Può nascere un’amicizia.  La difficoltà sta nel trovare individui sinceri.  Ci sono persone che appaiono in un modo e poi si rivelano diverse.

Un amico o un’amica virtuale non può purtroppo donarti un abbraccio, una carezza o un sorriso che alle volte possono aiutare  più delle parole. E costretta a scriverti: un abbraccio  :-) con la faccina che sostituisce un sorriso reale.

Che cosa cerchiamo in un amico? Rispondendo a questa domanda possiamo capire se l’ambiente virtuale può bastare per coltivare un rapporto di amicizia oppure no.

Di solito dall’amicizia non si hanno grandi pretese come si possono avere, per esempio, nella relazione d’amore, perciò l’amicizia virtuale può durare.

L’amicizia è comprensione, rispetto, appoggio morale ( anche materiale a volte...) e nasce anche nel web su basi di stima e affinità reciproche. Ci vuole coerenza, nessuna invasione della privacy, capacità di ascolto, discrezione, confidenza, empatia, condivisione. I diversi livelli del rapporto amichevole ne connotano l’essenza.  E  poco importa se l’amicizia rimarrà soltanto virtuale. Non ha rilevanza l’età o se è maschio o femmina.

On-line possono nascere le infatuazioni, ma per l’attrazione occorre conoscersi di persona. L’aspetto fisico ha un ruolo determinante.
L’”abbordaggio”, il corteggiamento virtuale può servire per l’approccio ma se  manca l'attrazione fisica c'è poco da fare. Invece nell'incontro in ambiente reale lo sguardo si sofferma sull’aspetto esteriore, sulla bellezza corporea, che può suscitare desiderio sessuale.

Il sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman nel suo libro “Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi”  dice che i legami li stiamo sostituendo con le “connessioni” ed “Ogni relazione rimane unica: non si può imparare a voler bene”. Si cercano nuove storie d’amore motivati dal “ bisogno di amare ed essere amati, in una continua ricerca di appagamento, senza essere mai sicuri di essere stati soddisfatti abbastanza. L'amore liquido è proprio questo: un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame".
"La solitudine genera insicurezza, ma altrettanto fa la relazione sentimentale. In una relazione, puoi sentirti insicuro quanto saresti senza di essa, o anche peggio. Cambiano solo i nomi che dai alla tua ansia". I protagonisti di questo libro sono gli uomini e le donne nostri contemporanei, che anelano la sicurezza dell'aggregazione e una mano su cui poter contare nel momento del bisogno. Eppure sono gli stessi che hanno paura di restare impigliati in relazioni stabili e temono che un legame stretto comporti oneri che non vogliono né pensano di poter sopportare.

"In una Rete le connessioni avvengono su richiesta e possono essere interrotte a proprio piacimento. Una relazione "indesiderata ma indissolubile" è esattamente ciò che rende il termine "relazione" così infido. Una "connessione indesiderata", per contro è un ossimoro: le connessioni possono essere e sono interrotte ben prima che iniziano a diventare invise. ... A differenza delle "relazioni vere", le "relazioni virtuali" sono facili da instaurare e altrettanto facili da troncare... "Puoi sempre premere il pulsante 'cancella'"
Disconnettersi è solo un gioco.
« Ultima modifica: Marzo 14, 2015, 15:12:42 da dottorstranamore »

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #25 il: Marzo 16, 2015, 06:00:51 »


Chat, forum, Facebook od altri social network permettono incontri fortunati, anche se rari, dove sono possibili pacati e riflessivi confronti di opinioni.
 
Online si può beneficiare di alcune “amicizie”, favorite dalle affinità, ma di solito sono effimere e mutevoli, perché collegate ad interazioni complementari, a somiglianze ed assimilazioni.

Il fato può farci incontrare in Rete delle persone con cui intraprendere un percorso comunicativo privilegiato. In tal caso la partecipazione diventa dialogica e confidenziale, ma può dar fastidio ad alcuni partecipanti,  che commentano o entrano nello scambio comunicativo per deridere o fare del sarcasmo.   

La comunicazione virtuale  di tipo confidenziale  fa trasparire la propria comprensione a chi ne ha bisogno, la disponibilità all’aiuto a chi comunica la propria sofferenza. E’ importante la capacità di ascolto, di dedurre ciò che non viene espresso in modo esplicito, di capire   
chi decide di essere “personaggio” costruendosi un'identità che può coincidere con la propria personalità, oppure  metaforicamente indossa la maschera impropria che denota chi si vorrebbe essere: spesso il punto cruciale è proprio la differenza tra l'essere e l'apparire, più che nella vita reale, perché si è anonimi e incorporei, senza responsabilità che non sia quella verso se stessi. Può affiorare il meglio e il peggio, conflitti e frustrazioni, desideri, il retroterra culturale.

Se si è sinceri e c’è feeling  può scoccare la voglia  d’incontrarsi nella realtà  e può  nascere un rapporto di amicizia  o d’amore. Se invece ci si  spaccia per ciò che non si è  l’incontro in ambiente reale  è deludente, un flop! 

Per molte persone la comunicazione virtuale è importante come quella reale. Scrivere o dialogare almeno una volta al giorno nella comunità di riferimento dà la sensazione di appartenenza, di essere accettato dagli altri. C’è anche chi non si sente partecipe di una comunità virtuale e fa parte per se stesso, si dimostra autosufficiente e restio ad ogni omologazione.

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #26 il: Marzo 17, 2015, 05:36:52 »
La scrittrice danese  Iselin Cosman Hermann alcuni anni fa ebbe successo in Italia con il  suo romanzo epistolare  titolato: "Per lettera", ambientato tra la Francia e la Danimarca.

La protagonista è la danese Delphine Hav, che visita una mostra del pittore parigino Jean-Luc Foreur. E’ attratta da uno dei dipinti esposti e decide di inviare all’artista un breve messaggio: "Anche se  non lo possiedo, quel quadro  mi appartiene". L’autore le risponde e fra i due comincia lo scambio comunicativo che col tempo diventa coinvolgente. Il contenuto delle lettere suscita la passione, esplicite fantasie erotiche. Il desiderio diventa il protagonista e motiva i due ad incontrarsi, ma il finale della storia è imprevedibile, Delphine non trova quello che si era a lungo immaginata, il passaggio dal virtuale al reale è deludente.

E' un romanzo piacevole di fluida lettura, che al tempo d'Internet, dell'e-mail, degli incontri fra sconosciuti, merita di essere letto, in particolare da chi nel web non gradisce la gradualità nella conoscenza di altre persone e vorrebbe tutto e subito, col rischio di fraintendimenti e sciupio di parole irriflesse.

La Rete presenta opportunità d’interazione, di socializzazione, dipende da ciò che si cerca.

Ho conosciuto nei forum donne di ogni età, a volte solo occulte lettrici non partecipanti, che cercano il ristoro per l'anima, ed ho constatato che la dialogità femminile è migliore di quella maschile, più discorsiva ed intimistica.  Non temono di manifestare i loro stati d’animo, di parlare dei propri problemi, delle dinamiche dei loro innamoramenti online, che sono diverse da quelle in ambiente reale.

La reciproca empatia virtuale permette la comprensione, l’ascolto attivo, vantaggioso per entrambi. Se poi capita l’innamoramento non c' è nulla di male se dà gioia di vivere, l’umorismo,ecc.. L’amore  è coincidenza di due ideali,  non è una conquista né un abbandonarsi, è un'avventura, un progetto a cui dedicarsi, anche se va di moda l’atarassia come forma di difesa psichica per non soffrire nel caso della fine di una relazione.

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #27 il: Marzo 20, 2015, 06:23:42 »
Comunicazione virtuale ed intuizione.

La capacità di comunicare è uno dei più importanti strumenti che la natura e la cultura ci forniscono.

L’atto comunicativo  verbale e non verbale si espleta  con le parole e con gesti emotivi consci ed inconsci.

Lo scambio comunicativo può avvenire anche virtualmente tramite web e l’intuizione a volte consente la comprensione del non detto. 

L’"intelligenza intuitiva" non è una facoltà extrasensoriale del tipo premonizione, è determinante per produrre nuovi punti di vista, atteggiamenti e comportamenti anche relazionali, ci consente di risolvere problemi logico-deduttivi, favorisce competenze logico-argomentative.

La parola intuizione deriva dal latino “intueor”, composto da “in” (= dentro) + “tueor” (= guardare), cioè “entrar dentro”. E’ una forma di conoscenza.   

Nelle comunità virtuali l’intuizione ci aiuta ad ipotizzare la personalità altrui, a devirtualizzare l'interlocutore, però è necessaria la verifica. Nella vita reale ci sono vari modi per crearsi opinioni sulle persone, invece nel virtuale l'unica prova è l'affidabilità e la coerenza della parola scritta, non è possibile validare l’intuizione come forma di conoscenza e di veridicità.

L'intuizione ha  valenza se correlata al disvelamento.

Spesso la conoscenza dell'altro/a non si ha neanche  con la frequentazione reale, però non si rinuncia a "catalogare" gli altri cominciando dalle cosiddette "prime impressioni", passando per successive verifiche, sino a formarci l’opinione "definitiva" e che rimane quasi inamovibile. L’attendibilità o inattendibilità del nostro "giudizio" dipende dalla qualità dei nostri processi di decodifica ed elaborazione.

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #28 il: Marzo 22, 2015, 11:16:57 »
Homo Communicans.

Può una “piazza virtuale” produrre effetti concreti nelle vite di chi la frequenta ? 

La Rete può essere utile per l’interazione dialogica con protratti rimandi, può fare compagnia in un difficile periodo della propria esistenza, sviluppando un’interlocuzione che è difficile avere con persone reali, perché le proprie opinioni possono essere diverse da quelle degli altri, i quali esprimono giudizi o pre-giudizi, non “verità”, ma ipotesi da verificare, se possibile, per poi trarne le conclusioni.

Messer Niccolò Machiavelli scrisse: "Ognuno vede quel che tu pari, pochi comprendono quel che tu sei".

Spesso si deve decidere se è opportuno sintonizzarsi sulla stessa linea di orientamento che s' intuisce tipico di un sito oppure abbandonare la comunità virtuale non adatta. Se si decide per la separazione per incauta partecipazione, nessuno o pochi notano l’addio, specie se avviene senza comunicarlo. Non è un problema ognuno è intercambiabile.

Ma è normale avere delle aspettative nella comunicazione virtuale ? E’ davvero possibile non averne ? Meglio non illudersi con aspettative precostituite. E non sentirsi tradito se altre/i preferiscono esporre i loro pensieri, le loro riflessioni in altri threads.  Bisogna accettare, senza drammi, i momenti in cui gli altri non sono in grado o non sono disponibili a concederci una parte di sé. Per parlare al “cuore” degli altri bisogna svelare se stessi. Senza pudori. Un po’ come in amore.

La comunicazione nei forum serve per riflettere insieme ad altri individui su determinati argomenti, ma non avendo interlocutori rimango  un isolato che scrive il suo “blog” nell’ambito del forum.
Comunque i temi che propongo alla pubblica lettura in questa “piazza” possono condurre a proficui tragitti di pensiero, perciò apprezzo i nick che riescono a ricavare spunti per proseguire un corretto dialogo con osservazioni critiche costruttive per rettificare alcuni concetti.



« Ultima modifica: Novembre 12, 2015, 11:01:46 da dottorstranamore »

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Re:Il volto e la maschera
« Risposta #29 il: Marzo 23, 2015, 08:39:02 »


Nella comunicazione interpersonale  vis a vis il dialogo pacato e l’attento ascolto migliorano la qualità della conversazione e la reciproca comprensione. Invece nell’ambito virtuale lo scambio comunicativo può indurre ad errati giudizi, anche perché c’è chi interpreta ciò che non è o ciò che vorrebbe essere, oppure nasconde ciò che è.  Verità e menzogna, realtà e finzione sconfinano l'una nell'altra a volte confondendosi: la realtà diventa finzione, e la finzione diventa realtà. Comunque alcuni tratti caratteristici trapelano anche in chi vuol essere proteiforme, varia stili e modi di approccio.

Altra cosa è giocare con più “nick – personaggio”, come a volte accade pure nel forum “Zam”,  ma la recita spesso non convince e viene smascherata.

Un forum può anche morire, è solo un sito, un indirizzo sul web, un luogo "virtuale". Ma rimane la "comunità forumistica", rimane la stima e la simpatia che lega fra loro alcune persone, rimane la voglia di rimanere in contatto, di leggere ancora pensieri, riflessioni, opinioni. Chi ha "secondi fini" arriva, distrugge e va via. Ma gli altri rimangono, rimuovono le macerie, e, qui o altrove, ricostruiscono ciò che amano.
 
Nel forum siamo come viandanti che sostano brevemente per poi continuare il proprio cammino nella vita.