E' proprio di questi giorni quando ho scoperto che Iolanda, due porte appresso alla mia, ormai è prossima alla morte. Dicevo, è proprio di questi giorni il pensiero che ad un certo punto noi la vita non la viviamo più, la rincorriamo e basta. Gisella mi ha incontrata da Marco il panettiere, e mentre sceglievo biscotti mi ha detto: “sai di Iolanda, ormai è grave la poverina!”. Io non sapevo, ma ho annuito con la testa, mentre pensavo a questi ultimi quattro anni che le sono passati rincorrendo la sua vita su e giù per l'ospedale. Ma ironia della sorte, la vita si sottrae al suo dovere quando tranquilla sente ch'è arrivato il momento, mentre per l'uomo rimane la voglia di continuare. E poi ci lamentiamo di questa vita che dà solo dolori, se fosse sempre così quando il momento di morire si avvicina con una malattia, un incidente o che so io, tutti saremmo pronti ad andarcene e pure di gran corsa, per non subire più il peso di ciò che non è stato bello, e invece no, cerchiamo cure, e ci ostiniamo a prendere di tutto, sottoponendoci a tanti di quei progressi che la medicina ha fatto negli ultimi cent'anni. Perché? Perché la vita è troppo bella, e a tutti piace di viverla in eterno se avessimo possibilità e anche oltre.
Così vorremmo che non finisse mai, godere a pieno di ciò ch' è tanto immenso: un fiore, un prato, il mare e la montagna, e poi figli, nipoti armonia ed amore. Le case che nel tempo abbiamo fatto nostre, dove ogni sera ritroviamo il nostro odore, quella poltrona che prima era di mia nonna, la cassapanca del primo novecento. Il gatto lì sul davanzale e gli uccellini che vengono a mangiare briciole di pane e uvetta sultanina. Questa è la vita, fatta di mille cose, non c'è solo dolore, per questo non ce ne vogliamo andare. Iolanda voleva la sua vita, lei l'ha difesa per questi quattro anni così che ogni Natale potesse fare tanti dolci. Ma oggi è il suo momento, la signora delle ombre le tiene compagnia, le dice dolcemente di lasciarsi andare perché presente lei rimane, nelle cose che ha saputo fare e dare. Così ripenso e dico che dire addio s'impara come il camminare, i piedi vanno come il nostro corpo, perché avanzando si scopre il proprio senso e chi sta intorno lo raccoglie come fosse grano.
Rincorrere la vita dunque non è come aver perso l'autobus che ci si mette alla prossima fermata e se ne prende un altro. E' meglio vivere dunque senza pensare di volere abbastanza. Ciò che è abbastanza è l'attimo vissuto e non quello rubato perché non ne abbiamo abbastanza.