Luciano Erba (1922 – 2010) fu docente universitario ma anche critico letterario e poeta. Un’antologia delle sue poesie è titolata “Si passano le stagioni”, che è anche il primo verso di una sua breve poesia, “La piroga”: “Si passano le stagioni / a scavare il tronco di un albero / per preparare la piroga / su cui c’imbarcheremo in autunno.”
In questi versi l’autore esprime la sua riflessione malinconica, direi “novembrina”, da mese in cui vengono commemorati i defunti, ma non è sconsolata, perché chi ha la fervente fede cristiana immagina la piroga mentre naviga oltre i mari del tempo e dello spazio per condurlo tra gli angeli, i beati, i santi, e tutti insieme glorificano Cristo in trono. Invece chi non crede nell’esistenza di Dio e della “corte celeste” pensa che la piroga finisca nel baratro del nulla.
La fede innesta il credente nell’albero della vita (simbolo d’immortalità) che è nel giardino dell’Eden insieme all’albero della conoscenza del bene e del male (Genesi).
L'albero della conoscenza e l'albero della vita alludono all'uso della libertà da parte di Adamo ed Eva, ma nella Cabala ebraica l’albero della vita rappresenta simbolicamente le leggi dell’universo.
Nell’Apocalisse dell’evangelista Giovanni l’albero della vita evoca il Paradiso; nella tradizione cristiana rappresenta la croce di Cristo.
Nelle “Lettere a Lucilio” (“epistulae 65”) il filosofo e politico Seneca pone un interrogativo: “mors quid est ?” (la morte cos’è ?) e dà la risposta: “Aut finis, aut transitus”: o fine (della vita e dissoluzione del corpo) o passaggio verso qualcos’altro. Sono due concezioni contrapposte: per quella materialistica la morte è finis, per quella spiritualistica la morte è transitus.
“Tuis enim fidelibus, Domine, vita mutatur, non tollitur” (= Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata): questa locuzione in lingua latina è nel primo prefazio del rito cattolico della Messa dei defunti. La proposizione evoca il significato cristiano della morte, che la considera non come la fine dell'esistenza ma come continuazione verso ciò che si è atteso e desiderato, stare al cospetto di Dio.