" Ciao C...o,
sono stata alla messa per Giacomo, insieme ai familiari e agli amici intimi.
Era uscito il sole, la collina aveva il cielo azzurro e qualche nuvola gonfia e bianca, mi sono arrampicata con l’auto sino al sagrato della chiesetta, da dove dopo qualche convenevole siamo entrati; siamo riusciti a far accettare anche Diana, la cagnolina di Giacomo, che per lei aveva un grande affetto e che è stata buonissima.
Diana ora ha una nuova famiglia, poco lontano dalla casa di lui, e si è ripresa dalla tristezza invincibile che mostrava i primi tempi e dalla tendenza a “ tornare a casa “ nella speranza sempre frustrata di vedere il suo padrone..
D’altra parte, essendo rimasti gli stessi i suoi luoghi ( l’ambito delle villette a schiera, il parco in cui andava a correre, la gente che vedeva ) ed essendo tornata ad abitare nella casa in collina la figlia di Giacomo, probabilmente ha ritrovato i suoi riferimenti pur avendo perso quel padrone che adorava.
Ora scodinzola, è normalmente vivace, ha scodinzolato anche a me e penso che dopo un po’ mi abbia riconosciuta.
Povera Diana, lui si preoccupava di cosa potesse accaderle se fosse venuto meno e si augurava la tenesse la figlia, ma io avevo qualche dubbio, e infatti pur dispiacendole l’ha data ad altri ( non ha tempo di occuparsi del cane, lavora, va in montagna, ha le sue amicizie, vive da sola ).
Beh... mi ha fatto piacere che lo abbiamo ricordato con quella messa, anche se certo tutti percepivano la mancanza.
Mi è stato detto che il gruppo degli amici si è disperso, confermandomi nella mia idea che il collante fosse lui : nella sua immediatezza e semplicità umana, con la sua perenne approcciabilità nonchè disponibiltà, catalizzava gli altri e li rendeva per così dire compatibili.
Mi viene in mente che mi diceva che a volte gli scocciava di uscire alla sera e andare al bar dove si vedevano, ma se gli obiettavo che non capivo allora perchè ci andasse, mi rispondeva che l’amicizia va coltivata, che non si puo’ pretendere di fare i propri comodi e poi trovare la gente quando la si vuole, ma bisogna essere disponibili sempre : a ben pensarci, è una sorta di filosofia del vivere, esprime saggezza.
Non era saggio per la propria salute, troppo “ drogato “ e anticonformista per esserlo, ma per tante altre cose si.
Uno strano e contradditorio miscuglio di sana saggezza e assurda velleità di essere più forte e diverso dagli altri : ho paura che si ritenesse piu’ forte della malattia, mi citava sempre esempi di come in passato e anche nel presente il suo corpo avesse trovato insperate risorse per riprendersi, aveva molta fiducia nella propria capacita’ fisica di autoripresa.
Anni addietro infatti, quando ancora non lo conoscevo, aveva avuto un ictus ed era rimasto paralizzato per metà corpo : ma dopo mesi, pian piano, a differenza degli altri ricoverati con lui, tutti o morti o rimasti rovinati, era riuscito a recuperare sensibilita’ e movimento, fino a tornare alla normalità.
A questo punto un altro si sarebbe ben guardato dal riprendere lo stravizio del fumo, ringraziando il cielo di averla scampata. Ma lui no. A dispetto di ogni consiglio ed esortazione, aveva ripreso imperterrito come prima, orgoglioso e spavaldo, sempre a prendere in giro quelli che volevano morire a cent’anni “ col pannolone “, per lui pavidi e patetici.
Nove mesi prima di andarsene, aveva subito una delicatissima operazione al cervello per un aneurisma che avrebbe potuto scoppiare di lì a poco : preso in tempo, salvato da un bravo chirurgo siciliano dell’Ospedale di Parma, e tutti ci eravamo sentiti sollevati per tanta fortuna.
La ripresa era stata lenta, lamentava sempre stanchezza, ma non si arrendeva e, di nuovo, aveva ripreso a fumare come prima. La sigaretta come un’amante da cui non ci si puo’ staccare.
Non si poteva far nulla contro questo suo amore.
Io lo vedevo e lo constatavo man mano come sembrasse fiaccato, più vecchio, come rallentato e un po’ assopito.
Pero’ lo attribuivo a quel che aveva subito, e se il corpo appariva decaduto lo spirito e i guizzi di spiritaccio erano quelli di sempre, parevano indistruttibili, proprio come la sua capacita’ dialettica.
Persino in Ospedale gli ultimi tempi conservava il piacere alla conversazione.
La sera prima che io partissi per il mare ( l’anno scorso ), usciti dalla stanza tutti gli altri e quando stavo per congedarmi anch’io, mi aveva detto : “ Se ti fermi mi fai piacere “.
Mi ero fermata, senza sapere che sarebbe stata l’ultima volta che lo vedevo.
Non sarei partita se l’avessi immaginato.
Infine l’avevo salutato : “ Ci vediamo quando torno “
“ Ciao, divertiti “.
Poi, una volta al mare, un suo sms ( l’ultimo ) : “ Cara Giuliana, ti informo che mi hanno trasferito nella struttura di A....., sembra sia migliore ”
Ossia la “ Casa della Madonna...........“, dove la gente terminale va a morire.
Probabilmente non lo sapeva, spero non l’abbia subodorato, ad ogni modo non gli hanno dato il tempo di comprendere : in capo a due giorni era morto, e credo proprio non sia stata morte naturale.
Pensa, da che gli avevano scoperto il tumore, ormai diffuso, a che se ne e’ andato, sono passati 26 giorni.
Come in tutte le sue cose, ha fatto in fretta.
D’altra parte l’aveva chiesto al suo piu’ caro amico : se mai si fosse trovato in condizioni senza scampo, avrebbe dovuto aiutarlo a morire.
E io credo che il suo amico e suo fratello medico l’abbiano aiutato.
Non l’ho mai saputo.
( Ho scritto ancora di Giacomo, e me ne scuso, perchè parlare di una persona cara è farla un po’ rivivere )
Gi
"