Quando arrivò e vide la sua casa, un forte senso di nulla e tutto insieme le prese il cuore, la testa e anche le gambe, e dopo un po' che non quantificò in tempo, riuscì a rimuovere il senso d'impotenza, e salì le scale entrando silenziosa in quella ch'era stata la casa della madre. Il padre osservò quell'incedere senza una meta e anche un po' indeciso, non disse niente, non fece neanche una domanda, rimase fermo dietro a quelle spalle, che tutto mostravano, malgrado fossero mute. Poi lei si girò e si rivolse a lui, dicendogli senza un lacrima pronta a rigare il volto: su, dai, andiamo a ripulire! Il padre la seguì, nessuno dei fratelli oltre loro due quel giorno in quel momento, così entrambi andarono in quella stanza e cominciarono ad aprire l'armadio e pure i cassetti, e quelli che dapprima sembravano gesti lenti, sempre di più si fecero affannosi e poi anche frenetici, come se davanti agli occhi non passassero abiti, scarpe, calze e anche qualcos'altro che fosse della madre e quindi rivendicabile. Lei volle pulire e basta, era la sua idea fissa, che serve uscire e divertirsi, quando a casa c'è da lavorare! Queste erano le sue parole, pronunciate ogni momento, per lei non esisteva il tempo da vivere per se stessi, nemmeno le persone, i resti di un legame. Era una difesa, forse un disagio interno, chissà chi può saperlo, nemmeno lei che in questo adesso, starà magari dormendo. Persona strana lei, con l'ansia dell'accadere, con solo due parole in bocca e un cappellino sulla testa lasciatemi pulire, è un tempo speso bene.