Per molti scienziati è inutile illudersi della vita ultraterrena post mortem, ma il biologo statunitense
Robert Lanza nel suo libro titolato “Biocentrismo: come la vita e la coscienza sono le chiavi per comprendere la vera natura dell’Universo”, sostiene di avere le prove dell’esistenza della “vita dopo la morte” tramite la fisica quantistica. Ovviamente non sono d’accordo con quanto asserisce.
Lanza ha elaborato la “
teoria del biocentrismo”, la quale da una sua superficiale lettura mi sembra anche intrisa di religiosità
Il termine "biocentrismo" indica una visione naturale dell'universo di cui l'individuo è una delle parti costituenti. Invece l’antropocentrismo indica una visione dell'universo di cui l'uomo è il centro, e quindi tutte le altre cose o forme di vita sono a sua disposizione per raggiungere i suoi obbiettivi di sviluppo e di dominio della natura, come descritto nel libro della Genesi.
Questo biologo afferma che la morte è un’illusione (?) creata dalla coscienza e che gli individui ricevono la percezione di sé dal proprio corpo, che morirà, ma non morirà la coscienza.
Se la mente genera la coscienza, allora questa si estingue con la morte del corpo, se invece il corpo la riceve nello stesso modo in cui un decoder riceve dei segnali satellitari, allora questo vuol dire non finirà con la morte fisica.
Cos’è la coscienza. Questo lemma deriva dalla lingua latina. E’ una parola composta da "con” e “scientia”, quindi linguisticamente collegata con conoscenza e scienza.
La coscienza dipende dai neuroni ma ancora non si conosce il passaggio dallo stimolo elettrochimico al contenuto della coscienza. La biologia e la neurologia possono spiegare i meccanismi che regolano il funzionamento del cervello dopo il ricevimento degli stimoli sensoriali, ma non la soggettività dell’esperienza sensoriale.
La coscienza dà all’essere umano la consapevolezza di se stesso, della propria identità, dei propri stati d’animo, dell’ambiente in cui vive. La capacità dell’individuo di mantenere la consapevolezza di se stesso e di percepirsi attraverso il tempo è legata alla funzione della memoria. Senza memoria e senza memoria autobiografica, l’esperienza apparirebbe come una successione di accadimenti istantanei, slegati l’uno dall’altro, ed il senso di continuità e di unitarietà del Sé andrebbe perso.
La coscienza permette la percezione dell’Io. Per la psicologia l’Io è una struttura psichica relativamente stabile, deputata al contatto ed ai rapporti con la realtà, sia interna che esterna al corpo.
Alla nozione di "coscienza” si deve aggiungere quella di
autocoscienza, che permette al soggetto di volgere l’attenzione verso se stesso attraverso l’introspezione. Tale funzione ci permette di percepirci nella nostra unicità, come esseri umani distinti rispetto agli altri. L’autocoscienza si esprime con l’attenzione dei propri stati interiori: emozioni, sentimenti, pensieri, motivazioni.
In alcune filosofie e religioni il concetto di coscienza è collegato a quello dell’
anima, forma femminile del lemma latino “Animus” che significa “spirito”, connesso con due termini d’origine greca: “ànemos” (= “soffio”, vento”) e “pneuma” (= aria). Ma nell’antica Grecia a volte si faceva riferimento all'anima anche con il termine psychè, da collegare con psychein : “respirare”, “soffiare”.
L’anima è considerata il principio vitale di natura immateriale, la parte spirituale di una persona.
Nella concezione panteistica lo spirito è il soffio divino che pervade l’universo. Per il cristianesimo è Dio che dà l’anima agli individui quando nascono.
Anche se il corpo muore la coscienza permane secondo Robert Lanza, continua ad esistere come energia (circa 20 watt). E per il secondo principio della termodinamica l’energia non si può né creare né distruggere ma solo trasformare, perciò questa “energia di coscienza” che opera nel cervello non scompare con la morte del corpo ma rimane nello spazio e nel tempo, che sono due strumenti elaborati dalla mente umana per misurare, scandire.