(XII) Sei un poeta, Nazareno! Un cantore, un mago straordinario. Sei il più grande personaggio teatrale della storia! Con te è cominciato il futuro. Ti mando libero, Nazareno...a un patto. A patto che tu mi faccia un miracolo, un gioco. Tu me lo fai ed io ti mando libero in Galilea. (Al pubblico) Ma lui il miracolo non volle farlo. Non disse una parola, non aprì bocca. Ma io non volevo lasciarmi coinvolgere in quella vicenda. A prima vista, condannando il Nazareno, avallando cioè la decisione del Sinedrio, avrei conseguito due obiettivi importanti: avrei tolto un fastidio al procuratore e mi sarei conquistato il favore di Anna, il potente patriarca dei giudei. Ma poi? Avrei finito per addossarmi ogni responsabilità. L'odio che il popolo di Galilea nutriva nei miei confronti per la decapitazione del Battezzatore, avrebbe trovato nuove ragioni per alimentarsi. E poi, dopo tutto, se Pilato non aveva voluto emettere la sentenza, una ragione doveva pur esserci. Meglio quindi buttare la cosa sul ridicolo, farsi beffe del prigioniero e delle sue pretese regali. Sdrammatizzare, insomma. I soldati e gli uomini della mia corte furono prontissimi a cogliere il mio desiderio. Il Nazareno venne spogliato e rivestito di vesti scintillanti, gli misero sulla testa una corona di carta dorata e fra le mani una canna che avrebbe dovuto rappresentare lo scettro. Il Nazareno pretendeva di essere un re, il re dei giudei? Ed io non tenevo in alcun conto la sua rivendicazione, la giudicavo ridicola e lo burlavo. Per liberarmi della grana rifilatami dal procuratore, scelsi la soluzione che ritenevo più intelligente. Se avessi aderito alla richiesta di Caifa e avessi pronunciato un verdetto di morte, avrei mostrato di prendere sul serio le ambizioni del Nazareno, vere o presunte che fossero. E mi sarei tirato dietro un'infinità di guai. Rimandai perciò al procuratore quel prigioniero troppo ingombrante. (Erode torna nell'ombra).
PILATO - (AL pubblico) Pur avendola prevista, non gradii affatto la decisione di Erode. Però, in fondo, il Tetrarca, a pensarci bene, non aveva dichiarato la propria incompetenza. Se si fosse dichiarato incompetente non avrebbe nemmeno proceduto con l'interrogatorio, me lo avrebbe mandato indietro immediatamente, In realtà, dunque, aveva giudicato e sia pure in forma del tutto anomala aveva emesso un verdetto di assoluzione. Ma la folla, là fuori, pretendeva lo spettacolo che gli era stato promesso. Ricorsi allora a un altro stratagemma. In occasione di feste importanti, il diritto romano prevedeva la grazia ed il conseguente rilascio di un prigioniero. Per salvare il Nazareno, avevo quindi due possibilità: potevo far ricorso all'abolitio: rilascio di un prigioniero non ancora giudicato, oppure all'indulgentia, cioè grazia del condannato. Nel caso del Nazareno, l'istituto da applicare era quello dell'abolitio, dato che nei confronti dell'imputato non era stato emesso alcun verdetto. Ma se avessi deciso di liberare il Nazareno senza appellarmi alla folla, il mio gesto sarebbe apparso come una sfida aperta ad Anna, a Caifa e agli altri capi del Sinedrio. Pensai perciò di offrire al popolo la possibilità di scegliere tra la liberazione di Yesciua e quella di un altro prigioniero. (Verso le quinte) Fate entrare Bar-Habbas!
(Entra Bar-Habbas. Indossa una tunica nera a brandelli. E' legato per i polsi.)
BAR-HABBAS - Sei tu il mio giudice? Non ti accetto. Il mio giudice è soltanto il popolo. La verità è il popolo. Ma che ne sai tu della verità? E il mio amico Menaem dove lo avete messo?
PILATO - Quello che abbiamo arrestato insieme con te? Un terrorista in meno.
BAR-HABBAS - Mi hanno detto che è rimasto due giorni e due notti seduto per terra con testa appoggiata al muro, dopo i vostri interrogatori. Sembrava vivo, ma era già morto. Era un bravo ragazzo Menaen, ricordatelo. Con me invece vuoi dare una dimostrazione di forza attaccandomi al legno. Sono pronto. Crepare oggi o domani, che differenza fa? Preferisco crepare oggi. Crepare su una croce è meglio che crepare in un letto: è più estetico.
PILATO - Sei retorico Bar-Habbas. (Verso le quinte) Fate entrare il Nazareno.
(Entra Yesciua. Indossa una tunica sfarzosa ed ha in testa una ridicola corona)
BAR-HABBAS - Ti sarebbe stata meglio la mia corona, invece di questa. Ti hanno ridotto male i tuoi preti. Sei diventato un'immagine retorica. Io non credo che tu sia il Figlio di Dio, ma credo che tu sia un uomo perfetto. Questo mercato fra me e te è uno sporco trucco di Pilato per dividerci. Io e te insieme avremmo potuto davvero cambiare la faccia del mondo.
(Pilato si mette in mezzo ai due e li conduce al proscenio, rivolgendosi alla folla)
PILATO - Chi volete che vi liberi, Bar-Habbas o Yesciua chiamato il Cristo?
LA FOLLA - (Dopo un silenzio) BAR-HABBAS!
PILATO - (E' sconcertato) Che devo fare di colui che chiamate il re dei Giudei?
LA FOLLA - (Un urlo assordante) Crocifiggilo! (E poi ancora) Crocifiggilo! (Buio)
PILATO - (Resta solo in u cono di luce, si rivolge al pubblico) Dunque, era tutto finito? Non mi restava altro da fare che pronunciare, secondo i termini di rito, la condanna a morte del prigioniero? Ora avevo finalmente capito di avere di fronte non uomini ragionevoli con i quali discutere, ma un mostro da blandire, al quale inevitabilmente avrei dovuto in qualche modo dare soddisfazione. Quel mostro voleva sangue. Ed io pensai che la visione del sangue, forse, avrebbe potuto placare il mostro. Nn mi restava altro che quella terribile, barbara, orrenda tortura che è la flagellazione. (Su uno schermo che viene calato dall'alto, vengono proiettate scene filmate di una flagellazione) Il prigioniero spogliato e legato a una colonna, le fruste con le cinghie di cuoio che si abbattevano aritmicamente sul suo corpo, spaccando la pelle e facendone zampillare il sangue. (Continua)