II)Shakespeare scrisse Il mercante di Venezia tra il 1594 ed il 1596, ma la vicenda dell'ebreo ingannato da un mercante veneziano che per imbrogliarlo si valse della dabbenaggine del Doge e della faccia tosta di un avvocato farlocco è molto più antica, risale a un paio di secoli prima. Boccaccio scrisse il suo Decamerone - cento novelle, dieci giornate, eccetera eccetera - verso il 1350. Trent'anni dopo un altro toscano, Ser Giovanni Fiorentino, scrisse Il Pecorone, cinquanta novelle suddivise in venticinque giornate. Protagoniste due persone: una suora ed un giovane. Il luogo: un convento di Forlì. La suora si chiamava Saturnina ed era bellissima, il giovane si chiamava Auretto ed era di Firenze. Auretto sentì parlare di quella suora bellissima e volle conoscerla. Prese i voti e si fece nominare cappellano del monastero in cui era rinchiusa Saturnina. Naturalmente i due giovani si innamorarono uno dell'altra e per potersi almeno vedere e stare un po' insieme, decisero di trovarsi ogni giorno a una data ora nel parlatorio. E qui viene il bello. Auretto e Saturnina sono giovani, innamorati persi, si guardano negli occhi, si sfiorano le mani, i loro corpi bruciano di desiderio e loro cosa fanno? Per frenare i bollenti spiriti...si raccontano una novella ciascuno, tutti i gorni, per venticinque giorni. Lui le racconta una novella, lei gli racconta una novella e poi? Ciao, ci vediamo domani, stesso posto stessa ora? Mah! Sarà! Comunque il Giovanni Fiorentino ce la racconta così e noi non abbiamo motivi per non credergli. C i piacerebbe sapere cosa successe il ventiseiesimo giorno. Continuarono a vedersi? Decisero di fare quello che fanno tutti i giovani innamorati? Non si sa. Di quel grande e per qualche verso strano amore ci sono rimaste le novelle che si sono raccontati, raccolte e pubblicate da Giovanni Fiorentino. Una di queste novelle, intitolata Giannetto, parla di un mercante veneziano, di un usuraio ebreo, di un falso avvocato e di un processo burla che finisce con la rovina dell'ebreo. Shakespeare la lesse nella traduzione inglese e ne trasse una splendida dark comedy, che intitolò Il Mercante di Venezia.
Il fatto è questo. Bassanio, giovane gentiluomo veneziano, ha sperperato in bagordi tutto il patrimonio ereditato da suo padre, partecipando attivamente alla rutilante vita dell'allora godereccia Serenissima. Il gioco d'azzardo, le feste, le donne: un tritacarne capace di macinare in poco tempo ben più d'un cospicuo patrimonio. Ed ora il povero Bassanio si trova senza un soldo e pieno di debiti. Le idee però non gli mancano. "Se riuscissi a conquistare il cuore di Porzia..." Pensa. "Forse...forse..." Porzia è una ricchissima, bellissima e corteggiatissima dama del jet set veneziano. Conquistarne il cuore significherebbe anche poter mettere le mani sul suo patrimonio. Ma una donna del genere non si sognerebbe mai di accettare la corte di un morto di fame. Vogliamo scherzare? Suoi pretendenti, tanto per citarne alcuni, sono il Principe del Marocco e il Principe d'Aragona, che sarebbe come dire l'Aga Kan e Rokefeller. Bassanio è belloccio, palestrato, sempre abbronzato, sa vestire e sa come comportarsi in società, ma senza grana è come se non esistesse. No money? No Porzia. Solo chi è in grado di frequentare l'Olimpo può sperare nel sorriso di una dea. Basanio poi, oltre ad essere belloccio, palestrato, eccetera eccetera, è anche un formidabile piantatore di chiodi. Deve soldi a mezza Venezia, nessuno ormai gli farebbe credito nemmeno sotto tortura. Pensa e ripensa,il bel Bassanio riesce ad estrarre dal suo logoro cilindro un ultimo coniglio: Antonio. Antonio è l'amico che tutti vorremmo: fidato, generoso, disponibile, leale, ha un cuore grande come una casa e un patrimonio sufficiente a reggere la stoccata che Bassanio ha intenzione di infliggergli. L'incontro fra i due inizia con un assolo di violoncello di Bassanio. "Tu non ignori Antonio quanto io abbia decimato il mio patrimonio, pur conservando nelle mie abitudini quel lusso che i miei deboli mezzi non mi potrebbero a lungo consentire". E fin qui ci siamo, sembra il discorso di uno che abbia deciso di mettere la testa a posto. "Non mi lamento di dover abbandonare un così alto tenore di vita, ma la mia preoccupazione è di riscattarmi onestamente dai grandi debiti nei quali la mia giovinezza, forse troppo prodiga, mi ha impelagato". Bene. Cosa fa uno che vuole riscattarsi onestamente dai debiti? Li paga.