terza e, al momento, ultima parte... come dicevo, è un'incompiuta
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- Hai sete? – le chiese dopo un po’ sollevandosi sulle braccia puntellate all’altezza dei fianchi di lei.
- Oh sì grazie. Acqua però, solo acqua-
- Acqua alla signora, va bene. Solo acqua – sorrise baciandole la fronte prima di alzarsi.
Sparì oltre l'arco che, dal salone, immetteva direttamente nel cucinino. I rumori che provenivano da quella direzione riuscivano a dare a lei la misura di ogni movimento di lui. Apriva il frigorifero. Si piegava a prendere la bottiglia dell'acqua. Prendeva due bicchieri dal gocciolatoio. Li riempiva e...
Ghiaccio sì. Sicuramente aveva preso anche del ghiaccio dal freezer e ora aveva preso il portaghiaccio, perchè sentiva lo scrosciare dei cubetti, abbondanti, battere contro le pareti vitree di un recipiente largo.
Si era sempre divertita, sin da piccola, ad indovinare i movimenti di chi era in un'altra stanza a trafficare fra le stoviglie. Aveva affinato un particolare intuito che, difficilmente, l'aveva tradita. Indovinare i rumori era un po' come indovinare le voci dei doppiatori dei films. Era sempre una gioia constatare di aver indovinato. Era una specie di vittoria, una sorta di sfida apparentemente inutile, ma che la faceva avanzare nella fiducia in se stessa che le dava modo di sentirsi più forte in ogni nuova avventura avesse dovuto affrontare nella vita.
Quando Giammarco ricomparve oltre l'arco, reggeva un vassoio con due bicchieri quasi pieni, una bottiglia d'acqua, un portaghiaccio ricolmo di cubetti sui quali era poggiata una pinza.
- E questa quando l'hai presa? non l'ho sentita!- disse sorprendendolo.
Non capiva e aggrottava la fronte interrogativa, a voler comprendere di che cosa stessero parlando.
- Ma sì. La pinza del ghiaccio. Non ho sentito quando la prendevi. Avevo individuato ogni tuo movimento e sapevo che saresti comparso esattamente con tutto quel che hai sul vassoio. Ma la pinza non l'ho sentita arrivare - sorrise, rabbuiandosi un po' volutamente, come una bambina che abbia perso una scommessa.
- Ah! Il gioco dei rumori. E' un gioco che facevo anch'io da bambino - sorrise - ma ora erano secoli che non lo avevo più fatto, tanto da averlo dimenticato! - concluse appoggiando il vassoio sul tavolino. Poi, afferrando la pinza e mostrandola con fare vittorioso:
- Allora non sei infallibile mia bella signora!-
- Ac-qua! - disse lei ridendo, scandendo le sillabe quasi afona.
- Mia piccola Anna, nessun "miracolo" ti salverà -
- Ac -qua! -
Risero e lui utilizzò la pinza per prendere del ghiaccio e farlo scivolare in un bicchiere e nell'altro.
Mentre lei beveva lui la guardava come se non l'avesse mai vista prima così bella. Era elegante in ogni movimento sempre armonico. Anche bere dell'acqua, con le gambe nude e sovrapposte, inclinate da un lato in una temporanea chiusura, la rendeva molto seduttiva. La pelle liscia, asciutta, profumata, bianca, lo attirava fino a suscitargli una nuova ondata di piacere anche così, a distanza.
- Monica! - si lasciò sfuggire sottovoce.
- Sì - rispose distrattamente - ma non ero Anna? -
- La piccola Anna, sì, quando chiedevi l'acqua. Ora sei tu, bella da togliermi il fiato -
Lei sorrise mentre si sporgeva in avanti a poggiare il bicchiere con il solo ghiaccio sul fondo. In quel piegarsi e distendersi poi sul divano, Giammarco la vide semplice e straordinariamente sensuale. La baciò e con entrambe le braccia la sollevò. Imboccò il corridoio e raggiunse la camera da letto. Quel dolce peso, trasportato volutamente, con esasperante lentezza, gli faceva pregustare, al solo guardarla, quanto travolgente sarebbe stato il dopo. Era come se, allungando il tempo dell’attesa, ogni muscolo, ogni tendine, ogni volontà, ogni emozione del presente si preparasse a un gioco sottile che diventava più intrigante allo scorrere dei minuti. Voleva che lo desiderasse come lui desiderava lei. Voleva che quella sua sicurezza si trasformasse ancora in una muta richiesta che lui si sarebbe affrettato a intercettare ed assecondare. Sapeva che non avrebbe più detto “baciami”, ma che lo avrebbe chiesto ancora schiudendo le labbra. Voleva vederle aprirsi sempre di più quelle labbra, intravedere la lingua che, vogliosa di lui, si sporgeva a cercarlo e finalmente ad averlo.
L’adagiò piano sul letto. Lei distese le braccia in alto e, d’improvviso, si voltò, dandogli le spalle. I lunghi capelli le coprivano interamente il viso ora, girato da un lato e contenuto fra le braccia ancora protese in alto, adagiate in un fiducioso abbandono.
Le scoprì il collo ed il viso e incominciò a baciarla, piano. Non avrebbe tralasciato alcun lembo di quel corpo abbandonato. Con le mani le prese le mani, trascinandole, a braccia aperte, all’altezza degli omeri. La sentiva arrendevole. Era certo di riuscire a desiderare esattamente quel che lei stessa desiderava. Continuò a baciarla. Dischiuse le labbra. Con la lingua le massaggiò i lobi delle orecchie e tutt’intorno. Scese lungo la schiena seguendo la traccia delle vertebre. Con le mani risalì dalle mani alle braccia, alla schiena in una dolce carezza che la fece vibrare. E mentre continuava a scendere con la bocca, le mani accarezzarono il contorno esterno del seno e dei fianchi. Sentì un sussulto quando arrivò a leccarle l’incavo delle natiche. La sentiva. Ne era certo. Era come se i desideri di lei si concretizzassero nella sua mente.
Con le mani fece largo alla lingua che si insinuò, prepotente, fra le bianche colline vibranti. Un sussulto ancora e sentì che le gambe, piano, incominciarono ad allargarsi. Il desiderio fluiva in odori liquidi e copiosi.