Parte mancante di un destino avverso, nemmeno attesa e tuttavia sfiorata. Lei era quella, senza tanta storia, ma poi che conta quando tutto il resto è niente.
Scendeva dalla via con una bicicletta in mano, carica di qua e di là di grosse ceste per la spesa, scarponi neri, e gonna un po' sdrucita, classica campagnola senza né re né regno.
Accanto un cane di quelli grossi e neri, occhi molto espressivi, parevano domandare. Lei sotto un fazzoletto di verde colorato, chissà quale espressione, chissà quale volto strano. Niente era di passaggio, nemmeno il suo passo lento, una ragione aveva, doveva a tutti i costi. Perché proprio di là, perché sempre alla stessa ora, perché tutti questi perché a gesti senza una meta?
Risponderei a caso, magari dicendo il falso, ma rimane sempre un dubbio, quello di non aver detto giusto.
Così cerco quel giusto, come una ragione persa, lo devo al suo destino, quello che lei
si è segnata, quello che uno sceglie in mezzo a tanti mille, quello che non è detto coincida col piacere.
Lei sale e scende, come la vita in mezzo alle sue gioie e ai dolori, e in viaggio per la strada porta appresso se stessa, senza nemmeno chiedersi: mi piaccio poi così tanto?
I passi per la via con voci e grida da bambini, e i cani che abbaiano tra loro, questo è il suo concerto, senza che lo avesse chiesto. E dunque si accontenta, e si addormenta pure, quando qualcuno vedendola, scorge quei suoi capelli avvolti, non può fare a meno di esclamare: ecco è ripassata ancora!