LA CRAVATTA
Mio marito dice spesso che dovrei spegnere il cervello e farlo riposare. Ma lui non è me, io ho dei flasch improvvisi, spesso idioti, spesso curiosi. L'altro giorno mi domandavo che senso avesse per gli uomini andare in giro con un nodo scorsoio al collo e chiamarlo cravatta.
Ho dedotto che fosse una delle poche vanità che potessero permettersi, considerando il vestito una situazione con poche varianti possibili. Ho scoperto alla fine cosa è una cravatta e chi l'ha inventata ( più o meno).I primi ad indossarla furono i legionari romani stanziati nelle regioni del Nord Europa; una striscia di tessuto tipo foularino per ripararsi dal freddi. Maschioni sì, ma freddolosi, poveri cocchi di mamma.
La cravatta vera e propria, con mera funzione ornamentale, nacque solo all’inizio del 1600: una larga striscia di lino bianco o rosso : la
kravatska (dallo slavo krvat, croato) che faceva parte della divisa delle milizie croate al soldo di Luigi XIV.
Aveva un significato romantico; si trattava del dono fatto da mogli, fidanzate e amanti ai soldati che partivano per la guerra in territori lontani: legato al collo era testimonianza di legame e segno di fedeltà verso la donna amata. Loro invece ricambiavano con la cintura di castità.
Sino agli inizi del ‘700, questo modello conosciuto anche come
fasciola era indossata solo da religiosi, medici e anziani professionisti; gli altri preferivano lo jabot, una pettorina di pizzo arricciato o plissettato, veramente bellissimi, visti ieri in un film.
La cravatta più simile alla nostra moderna risale all’800: una stretta striscia di seta passata sotto il colletto della camicia e di solito annodata con un fiocco sul davanti.
Il “come” annodare il fiocco si tramutò in una questione altamente estetica e vennero pubblicati innumerevoli manuali riguardanti il nodo; uno di questi fu scritto da Honoré de Balzac, nemmeno lui evidentemente immune dalla vanità.
Quella
alla Lord Brummel fasciava completamente e “spessamente” il collo, stile medicazione dopo un colpo di frusta. La portava anche Leopardi.
In piena Belle Epoque, la stella del varietà francese Ève Lavallière (1866-1929) favorita pare del Re, che si chiamava in realtà Eugenia Fenoglio, lanciò quel tipo di cravatta larga e svolazzante che in suo onore venne chiamata
come lei e piaceva moltissimo a pittori e socialisti; gli anarchici invece allora preferivano distinguersi indossando una cravattina nera terminante con due palline. Chissà a cosa rappresentavano le palline!
Ma alla fine del secolo nacque l’uso di lasciare le cocche del fiocco sempre più lunghe, tanto che questo scomparve lasciando il posto al solo nodo, come nelle nostre cravatte odierne.
Molti invece, non volendo rinunciare al fiocco, adottarono il pappillon come P.Daverio, per intenderci.
Negli anni sessanta, fui assunta in una ditta dove dipingevo le stoffe per le cravatte; praticamente disegnavo a pennello su cartoni neri, quadratini più o meno vari, che poi venivano riportati su stoffe. Mai stata pagata!
E qui finisce il mio feeling con la cravatta!