La direttrice continuava a fissarla con disapprovazione.
«Un continuo fallimento, un continuo errore, ti rendi conto?»
Emma avrebbe voluto rispondere, dire molte cose, ma la bocca restava immobile, muta.
Non poteva far nulla, se non ascoltare quel fiume di parole divenute incomprensibili, ma che sapeva essere di disprezzo.
La mente continuava a ripeterle "devi rimanere sveglia..."... tutto ciò non aveva senso. Era a lavoro, col capo, in pigiama... no, un momento.
Era a casa, le braccia incrociate sul tavolo, gli occhi semichiusi. Certo. Il bambino dormiva nella stanza accanto, e lei doveva restare sveglia.
Sentiva delle voci femminili provenire dalla camera da letto. Chi poteva essere? La porta si era aperta, lasciando uscire cinque o sei cani.
Per una frazione di secondo si chiese da dove venissero... nello stesso istante un potente mal di testa le impedì di ragionare.
Le labbra, incollate, soffocarono il suo urlo di disperazione.
Finalmente riuscì a svegliarsi. Controllò il display del cellulare: le due e trentaquattro. Era andata a letto solo un'ora prima. Restò a fissare il soffitto, aspettando che gli occhi si adattassero all'oscurità. Negli utimi due mesi aveva avuto molti incubi, non ricordava nemmeno a quando risaliva l'ultimo sogno normale - o appena decente.
In effetti erano molte le cose che non ricordava. Quando si era concessa un giorno di riposo? Era difficile stabilirlo. I pensieri non le lasciavano tregua neppure in quelle fresche domeniche di Marzo. Quando aveva riso di gusto l'ultima volta? Non lo sapeva.
Era molto tempo che non rideva più, di quel riso leggero, pieno e soddisfacente, proprio dell'animo sereno. I suoi erano sorrisi di contentino a parenti e colleghi.
Inspirò profondamente, espirando con più lentezza.
Calma. Concentrati sul respiro.
Seguì l'esercizio per diversi minuti.
«Dai bimba, dai» sussurrò a sé stessa, con voce quasi impercettibile.
Aveva bisogno di farsi coraggio. Era uno dei periodi più difficili della sua vita, doveva affrontarlo a viso scoperto, da sola.
In alcuni istanti sentiva di farcela, in altri il peso delle decisioni quasi la schiacciava.
Sono più isterica di un'isterica donna incinta....
Pensò, sorridendo. Chiuse gli occhi, ascoltò attentamente la melodia nella sua testa, muovendo le labbra, cantando quella canzone muta.
Sospirò.
Devi farcela. Sii forte. Adesso dormi, ne hai bisogno.
Impiegò una decina di minuti per riaddormentarsi, sperando di non avere altri incubi per quella notte.