Sono tante le valigie sparse in giro per il mondo, chi le porta le indossa come si fa con l'abito della mattina prima d'andare a lavorare. E dentro ad esse si trova di tutto: un soprammobile, o il mobile di casa, il profumo buono della domenica, la lampada del soggiorno o la sveglia col suo comodino, i cereali della mattina a colazione, il libro che non si è finito, una scarpiera piena o l'armadio a muro che straripa di vestiti e sciarpe. Alcuni le chiamano case, in verità sono valigie aperte che si chiudono solo quando il proprietario finita la sua vita cede le chiavi e tutto ricomincia. Ognuna di esse ha la sua storia, sembrano mute all'apparenza, e invece parlano quando glielo chiediamo. Sono tra le più varie, piene di tanto e tutto, essenziali per alcuni, disordinate per altri, in affitto o di proprietà secondo i casi. Chi non ce l'ha va in giro per le strade a mani nude, alcuni non la vogliono nemmeno perché porta radici, e quante abitudini là dentro. Sono valigie depositate su nella soffitta, tra loro non si conoscono eppure vorrebbero viaggiare, avere addosso uno di quei visti che mettono sul passaporto per dire qua ci sono stata!
In verità stanno ferme per anni, poi viene qualcuno e le disfa senza pensarci molto, o aggiusta qua e là qualche passante mentre tenta di farsi raccontare la sua storia.
La mia l'ha raccontata cento volte perché ogni volta non la sto a sentire indaffarata come sono a mettere tutto in ordine senza riuscirci poi, così tanto bene come si conviene.