Non ti ho mai scritto una lettera non perché non ne fossi capace. Il tempo trascorso con te a distanza di oltre vent’anni è sempre presente, ancora bufera nelle stanze della mia mente che ti aveva accolto per prima allora. Da quella telefonata, quello strano caso del destino che ha innescato il tutto facendoci incontrare, abitanti di pianeti diversi ma compenetrati da subito l’uno nell’altro. Casualità appunto, un impulso dettato, desiderio di novità, sorpresa, come deve esserlo quel sentimento importante che tu alla fine hai distrutto in me, col coraggio successivo di riesumarlo e uccidere nuovamente nello spazio di una notte. Specchio anche questo della tua anima torbida, avvolgente, curiosa, sottile quanto decisa, l’arma che sempre ti è stata migliore nel confronto di un uomo, mai il solo in te, purtroppo per lui. Scoprirlo tardi, a mie spese e dolore, è stata l’ennesima delusione di quei pochi mesi in cui a tua studiata discrezione, ci si vedeva, parlava, faceva l’amore. Ti piaceva essere comunque il fulcro per me, quasi a potere occulto, tutto riconduceva a te, una sorta di testimone invisibile di tutta la mia vita e decisioni. Ho detto basta nel dubbio materiale di quel figlio cancellato volontariamente, emotivamente nel mio intimo violato, derubato e arso. Non ho altro.